San Fermin

Inutile divagare: le colte composizioni chamber-folk-pop di Ellis Ludwig Leone hanno in parte perso il fascino straniante degli esordi. Una tendenza resa palese già con la pubblicazione del secondo album a nome San Fermin ("Jackrabbit") e non messa più in discussione nei successivi lavori ("Belong", "The Cormorant I", "The Cormorant II").
Quel che resta, a distanza di oltre un decennio dal brillante esordio, è un progetto indie-pop dalle connotazioni sempre più tradizionali. Una musica figlia delle intuizioni di Sufjan Stevens e The National che cerca disperatamente un'identità.

"Arms" è l'ennesima raccolta piacevole e mai banale di Ellis Ludwig Leone e della sua band. I fiati restano l'elemento caratterizzante degli arrangiamenti chamber-pop, ciò che manca è il colpo di genio che riesca a destare queste nove canzoni dal pur piacevole ruolo di sottofondo.
Sia ben chiaro che anche questo ultimo disco dei San Fermin non è privo di episodi rilevanti: la scanzonata "Can't Unseen It" possiede il giusto mix di swing e malinconia, e la cadenzata ballata pianistica che offre il titolo all'album ("Arms") è una di quelle intuizioni armoniche degne di nota.
La vena folk che anima la struttura delle composizioni è infine fonte di croce e delizia: funziona a dovere quando un lieve brio soul intercetta il cliché da marcetta che domina gran parte della raccolta ("Weird Environment"), è simpaticamente ruffiana quando coglie al volo piacevolezze retrò ("My Love Is A Loneliness", "Didn't Want To You"), ma finisce per risultare esangue quando le melodie a supporto e le soluzioni d'arrangiamento sfiorano la mediocrità ("Makes Me Want You", "Useful Lies").

Tre buone canzoni e un set di prevedibili brani folk-pop sono in verità troppo poco per salutare "Arms" come un ritorno alla forma e ai fasti degli esordi. L'ultimo progetto discografico dei San Fermin regala una mezz'ora abbondante di piacevole intrattenimento, nulla di più.

06/03/2024