Bella bestia, la suggestione. Anche con pochi indizi a disposizione per un primo approccio sincretico, l'ascolto del qui presente album evoca sinestesie mutevoli, in parte proprio grazie alla natura amorfa presentata da nove libere composizioni interamente strumentali. Un esercizio certo soggettivo, ma entusiasmante - del resto, come orientarsi in quella terra di confine elettro-acustica tra ambient e jazz se non applicando almeno un filo di fantasia? Abbiamo un titolo, "Total Blue", e un misterioso totem in copertina dall'espressione indecifrabile oltre l'omocromia dell'ambiente circostante, la luce riflessa contro la grana del materiale lo fa apparire come fosse scolpito nella stessa pietra vulcanica delle teste di Rapa Nui.
Ma la memoria geografica qui vale fino a un certo punto; "The Path" apre il sentiero attraverso una fitta foresta di bamboo, ogni volta che i synth increspano la superficie è come arrivare all'apertura di una radura e osservare spiragli di cielo attraverso le fronde. Ma chi altri avrebbe il coraggio d'intraprendere tale avventura, se non il "Corsair" munito di basso elettrico della traccia successiva? Immagini di fantascienza, forse, ma l'atmosfera etno-synth che permea l'intero lavoro rievoca il gusto per un particolare retrofuturismo tribal-robotico anni Ottanta - impossibile non pensare alle percussioni di Jon Hassell e Midori Takada, al basso spigoloso di Mick Karn, e ai mondi digitali di Peter Gabriel e Laurie Anderson quando s'incontrarono sul bellissimo "Mister Heartbreak" ormai tanti anni fa.
Certo, però, contro i nomi appena fatti, "Total Blue" appare più come un negativo osservato in controluce; lungo cinquanta minuti di durata, l'ascolto manca di una vera presenza umana, preferendo un ondivago approccio ambient che evita sia la struttura della composizione propriamente detta che l'assolo tipico del jazz e della fusion. Ma la stratificazione applicata "a pioggia" offre continui sbalzi d'umore dentro ai quali perdersi come avventurieri nella nebbia.
Così, il sentiero ci porta dentro "Heart Of The World", sette minuti di denso drumming elettro-acustico in supporto a bassi seghettati, squarci di synth e linee di sassofono che sibilano nell'aria come vapori acidi. Ogni brano è come un quadro; il passo noir del sax di "Jaguarundi", le limpide tastiere di "Dorian Dial", e l'emolliente vetrata assolata di "Chaparral" compongono il cuore di un ascolto ricco ed evanescente.
La conclusione si fa ancor più descrittiva; tra legni, ciottoli e ossa rotte, la polverosa "Bone Chalk" inscena esattamente quanto preannunciato dal titolo, un netto contrasto con la visione aerea delle infinite "Pearl Plains", adagiate sotto l'ascoltatore come iridescenti tappeti di madreperla coperti da un filo d'acqua azzurra. Finale col botto sui sette minuti abbondanti di "Stone God Stomp", che in un certo senso racchiude l'essenza dell'intero lavoro, presentandoci finalmente il protagonista della copertina: sopra un insistente battito house avvolto nel velluto, il totem blu inizia a parlare una minacciosa lingua indecifrabile, tra sconquassi di piatti e opprimenti smorfie elettriche come il Miles Davis del pesantissimo "Aura", un tripudio di ritmo e tensione che invita a innalzare un ultimo sguardo in onore agli Dei di questo fantastico mondo sommerso.
Fa strano toccare terra dopo una simile avventura, è come vivere il brusco risveglio del lunedì mattina dopo un sogno che sembrava non finire mai. Ma sarebbe ingiusto andarsene senza ringraziare i responsabili di tale viaggio: Nicky Benedek, Alex Talan e Anthony Calonico, tre colleghi e polistrumentisti di stanza a Los Angeles, con anni d'esperienza alle spalle anche nel campo della produzione e dell'ingegneria del suono, tutte qualità che in effetti spiegano i pregi e i difetti di un ascolto concepito all'interno di una pulitissima bolla incontaminata. Chiude le associazioni il beneplacito del portale indipendente Music From Memory, da sempre dedicato all'esplorazione della zona grigia tra ambient, jazz ed elettronica, sotto al quale potete trovare lavori di Yu Su, Gigi Masin e tanti altri.
Presentato più come unicum, "Total Blue" staglia comunque un profilo particolare all'interno del catalogo, il frutto di un artificio sintetico assolutamente posticcio ma pervaso da un'indecifrabile bellezza ancestrale. A voi decidere se affrontarlo o meno, converrete però che la copertina invoglia non poco.
23/08/2024