Dopo la straordinaria collaborazione con il produttore John Carroll Kirby, culminata nel meraviglioso “Sundown”, Eddie Chacon sceglie di rimettersi in gioco affiancandosi a Nick Hakim, artista neo-soul americano. Una scelta, forse inevitabile per ritrovare nuova ispirazione, che lo riconnette alle sonorità della prima fase della sua carriera, quando sperimentava l’R&B con Charlie.
L’incontro con il produttore di Brooklyn, però, spoglia progressivamente il suo suono, avviandolo lungo un percorso di sottrazione che, a tratti, sfiora estetiche lo-fi. Un esempio perfetto, in questo senso è “Birds”, la traccia con il featuring dello stesso Hakim, dove la voce di Chacon si libra leggera in un mare di suoni impalpabili, accompagnata solo da essenziali accordi di pianoforte. Il recente passato non è, tuttavia, abbandonato e Kirby fa comunque una comparsa in “Empire” che con i suoi fiati vibranti e il suo ritmo funk-jazz gioioso si distingue nettamente dalle atmosfere ovattate e rilassate che dominano il resto dell’album.
Molte tracce sono dedicate all’amata madre, e in senso lato, si potrebbe considerare “Lay Low” un concept-album incentrato sul suo ricordo e sulla perdita. L’apertura è affidata a “Good Sun”, in cui Chacon rievoca una frase che sua mamma gli ripeteva spesso. Il brano, accompagnato da placidi tamburellamenti e synth vorticosi, è avvolto in un’atmosfera onirica ma decisamente soul. Segue “Let You Go”, in cui affronta il dolore della perdita smorzandone il pathos con un arrangiamento che richiama le sonorità Motown. Nella parte finale, però, i cori distanti e distorti evocano un’atmosfera spettrale, quasi a suggerire un’assenza che continua a farsi sentire. Il tema del lasciar andare e della difficoltà di farlo riaffiora più volte, trovando la sua piena espressione nella traccia conclusiva (“If I Ever Let You Go”). A tratti, il senso di straniamento e alienazione prende il sopravvento (“Let The Devil In”), mentre altrove l’urgenza apocalittica è bilanciata da groove neo-soul che aggiungono profondità senza appesantire (“End Of The World”).
Con una durata contenuta di circa mezz’ora, “Lay Low” intreccia idee affascinanti ma eterogenee, segno di un artista ancora in fase di esplorazione, alla ricerca di una direzione più definita. Pur senza raggiungere la coesione di un capolavoro, l’album regala momenti molto intensi. La title track è forse l’episodio più convincente: un pianoforte delicato, una batteria discreta e la voce incredibilmente soul di Eddie Chacon che nella sua essenziale semplicità trasmette emozioni con pochi, intensi elementi.
09/02/2025