Garbage - Let All That We Imagine Be The Light

2025 (Garbage Unlimited)
pop-rock

"Let All That We Imagine Be The Light": l'ottavo album degli ormai leggendari Garbage arriva a trent'anni da quello di debutto e, come sempre con l'inossidabile Shirley Manson alla guida, si riallaccia alle radici alternative rock del quartetto statunitense, con giusto qualche spunto moderno ma soprattutto un'attitudine lirica dura ed esistenzialista che rende il disco la perfetta colonna sonora di questo 2025, o almeno per i fan più "attempati".

Nelle crude canzoni della tracklist, Shirley Manson parla di amori impossibili e di fughe romantiche in un'era distopica, un impeto di ribellione contro un mondo che appare sempre più minaccioso e sempre più soffocante. Tutto va a fuoco, e la genuina passione che arde in noi - che sia l'amore, o l'entusiasmo per l'arte e per la musica, o un puro impulso a fuggire via dal male - è l'unica arma che ci rimane per riuscire a ritrovare un senso in mezzo alla follia.
Tutte le canzoni comunicano quindi un certo senso di urgenza apocalittica, di "rock alla fine del mondo", come un grande sfogo che inciti a una rivalsa finale verso un universo che non ci ha capiti e non ci ha lasciato spazio né scelta. In questo sfogo, i Garbage ne hanno di buon vecchio rock 'n' roll da suonare, ma scivolano volentieri anche nel gothic, come in "Have We Met (The Void)", traccia alquanto cupa che suona a tratti come una canzone dei Cure.
Discorso simile per la tetra "Radical", che racconta in toni funebri di cuori spezzati e speranze perdute, e per "Love To Give", un disperato anelito di resurrezione. Acceso e rabbioso, invece, il rock elettronico alla Nine Inch Nails di "R U Happy Now", che si rivolge sardonicamente a un qualche tipo di figura divisiva e distruttiva il cui potere non si può fermare: non viene menzionato, ma non è difficile immaginarsi un Donald Trump.

Poco allegro anche il momento electro/industrial (molto anni 90) di "Sisyphus", in cui, sfruttando la storica figura della mitologia greca, Manson si chiede: "Potrò spingere di nuovo quella roccia su per la collina, proprio come Sisifo?". Una riflessione acuta sulle difficoltà della vita, che sembra metterci continuamente alla prova con nuove sfide sempre più insuperabili. Se non la canzone migliore della lista, di certo la più interessante.
In "Chinese Fire Hose", invece Shirley prende di petto il tema dell'età della band (e della sua) con versi provocatori: "Dici che dovrei fare la cosa giusta e ritirarmi/ Ma ho ancora il potere nel mio cervello e nel mio corpo"; quindi, ricordando la sua data di nascita (1966), la cantante americana ammette di essere "older" ma si oppone all'idea di dover appendere il microfono al chiodo, cantando: "Aspetta un minuto, aspetta un fottuto minuto".
Il disco si chiude con "The Day That I Met God", il grido esistenziale definitivo - alla "Running Up That Hill" - che si innesta su un crescendo musicale dai toni epici, tradendo una duplice natura celestiale e demoniaca insieme, che è la stessa che si può ritrovare in vari momenti dell'album ma mai così chiaramente manichea (sempre di atmosfere musicali parliamo). Dà un'idea di quel che, tolti nichilismo e narrazione filosofica, questo album avrebbe potuto essere in circostanze diverse.

Concludendo: l'ottavo disco dei Garbage suona sicuramente più profondo che potente, più riflessivo che arrabbiato e più ombroso che deprimente. È certamente un album figlio della sua era, la analizza e la riflette tra spasmi di rock d'altri tempi e spunti industrial equamente distribuiti; ma nel farlo si rivolge soprattutto al pubblico dei Garbage stessi, ed è improbabile che i ventenni d'oggi scoprano o si entusiasmino per questo disco - per quanto, visti i temi trattati, avrebbero ogni ragione per farlo.

26/06/2025

Tracklist

  1. There's No Future in Optimism
  2. Chinese Fire Horse
  3. Hold
  4. Have We Met (The Void)
  5. Sisyphus
  6. Radical
  7. Love to Give
  8. Get Out My Face AKA Bad Kitty
  9. R U Happy Now
  10. The Day That I Met God


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