At Swim Two Birds

Diario di un killer sentimentale

Nei suoi lavori solisti e in quelli con i Montgolfier Brothers, la figura di Roger Quigley si è delineata come quella di un artista introverso e riflessivo che, nelle sue canzoni, analizza sentimenti e relazioni umane, ispirato da un constante senso di disillusione e sconfitta. Alle soglie dei quarant'anni, con At Swim Two Birds, Quigley sembra aver trovato la propria definizione artistica, sviluppando una non comune capacità di esprimere autentiche emozioni in musica

di Raffaello Russo

Personalità artistica complessa e sensibilità non comune, Roger Quigley è, da un decennio a questa parte, uno dei più lucidi interpreti inglesi di una scrittura latamente cantautorale che nella poetica dell'abbandono e della sconfitta trova il proprio fulcro, la propria ispirazione e persino il fine ultimo dell'espressione in musica di storie e umane emozioni.
È questo mood, filtrato attraverso un maturo disincanto e un desiderio di conoscenza che va ben al di là del solo ambito musicale a caratterizzare le sue diverse esperienze artistiche, dalle prime opere a nome Quigley all'attuale progetto At Swim Two Birds, passando per il duraturo sodalizio artistico con Mark Tranmer che ha dato luogo ai tre preziosi lavori dei Montgolfier Brothers, esempi mirabili di grazia, sentimento e raffinatezza compositiva.
Il percorso artistico di Quigley, per quanto indissolubilmente legato e fortemente caratterizzato dal periodo dei Montgolfier Brothers, proviene da più lontano e non a caso dimostra adesso di poter sostenere sulle proprie spalle l'impegno creativo e intellettuale di un'avventura originariamente sorta in conseguenza della grande libertà artistica che lui e Tranmer hanno inteso concedersi con i rispettivi progetti paralleli ai Montgolfier Brothers, ma ormai divenuta tanto stabile da catalizzare le sue energie e il suo impegno per il futuro.

Per quanti hanno conosciuto Quigley solo con i Montgolfier Brothers o, più di recente, con At Swim Two Birds, potrà apparire sorprendente come i suoi primi passi artistici fossero concentrati, oltre che su una piccola etichetta discografica (la Croissant Neuf, fondata insieme a un suo amico d'infanzia), su una formula musicale alquanto diversa da quella che ha inseguito caratterizzato tutte le sue opere. Le sue prime testimonianze discografiche, risalenti al 1996 con l'Ep A Kind Of Loving e il 10'' Spring Will Be A Little Late This Year (quest'ultimo in un'inedita edizione split con Lazerboy, dal doppio lato A), presentano un autore ancora acerbo, timido nell'interpretazione vocale e ancora più incerto circa la veste musicale dei suoi brani, poiché, accanto a frammenti di delicato intimismo, contengono piuttosto tracce di cantautorato pop romantico su basi sintetiche, ora liquide ora incalzanti, sulle quali si percepisce già lo spirito dimesso di Quigley e la sua qualità scrittoria e comunicativa.
Due anni dopo è la volta del primo album, sempre a nome Quigley, intitolato 1969 Til God Knows When..., che raccoglie ben tredici brani, dai quali comincia a delinearsi in maniera più decisa la classe dell'autore inglese e la sua straordinaria capacità di narrare semplici storie, descritte con mirabile grazia dalla sua voce e da altrettanto semplici accordi di chitarra che, attraverso le loro delicate iterazioni, disegnano uggiosi paesaggi sonori ed emotivi.
Rispetto agli Ep il passo avanti è deciso, anche se in molti brani permane la presenza della drum machine a supportare dal punto di vista ritmico le già preponderanti tematiche di ricordi lontani, di occasioni mancate e abbandoni a una condizione di solitudine, analizzata in tutti i suoi aspetti e assaporata quasi come il bicchiere di vino dell'iniziale "How Things Were Meant To Be", il cui testo e le cui atmosfere ovattate, tra chitarrina acustica e battito elettronico, possono reputarsi come parte integrante dell'ideale manifesto artistico di Quigley.

Se l'impronta dell'autore è già chiara fin dal primo brano, è tutto l'album a incanalarsi su binari analoghi, tra descrizioni di inerzia sentimentale per nulla edulcorate ("Laziness", "If I Could Fly", "My Luck Is Turning") e momenti di maggiore leggerezza tanto contenutistica quanto musicale. Se infatti nel primo caso domina un'impronta umbratile, incentrata soprattutto su esili trame acustiche dai contorni a tratti bucolici, nel secondo Quigley si lascia andare a diverse divagazioni sonore, solo in parte legate ai suoi tentativi in chiave quasi synth-pop già adombrati nel precedente Ep. L'elettronica, sempre "povera" ed essenziale, è infatti utilizzata, oltre che come sostegno alle melodie, per filtrare la voce in chiave quasi dark in "Six Months Have Passed" e per creare un senso di ossessione claustrofobica nelle cupe "Obsessed" e "Sahara" (quest'ultima si avvicina addirittura a improbabili sonorità etno-jungle!). Accanto a queste, Quigley presenta tuttavia ulteriori aspetti della sua ispirazione, che comprende altresì l'imprevedibile lo-fi elettrico di "Mr. Inbetween", lo spirito decadente alla Morrissey di "A Kind Of Loving" e lo sperimentalismo minimale dei quattordici minuti di sussurri e sparse note pianistiche della conclusiva "Single's Night".

Seppure artisticamente ancora disomogeneo, 1969 Til God Knows When... si dimostra un lavoro articolato e ricchissimo di spunti, che attraverso le sue molteplici sfaccettature rivela una personalità artistica complessa ma già ottimamente delineata in quelle componenti che in seguito la caratterizzeranno. Ed è proprio la varietà sonora, insieme al peculiare piglio compositivo e intepretativo, ad ammettere ben poche pietre di paragone, poiché se anche Quigley dimostra di essere in qualche misura debitore dell'esperienza wave britannica degli ultimi due decenni, il suo "spirito" autentico e originale risulta tale da non permetterne una collocazione univoca, né tra gli interpreti di un pop di ispirazione intellettuale, né semplicemente tra i cantautori.
La sua migliore riuscita stilistica come autore e chitarrista acustico, già evidente in questo lavoro, diventa ben presto oggetto prediletto di pratica artistica, prima nei successivi singoli The Vespertine e In Bed With Your Best Friend e quindi nel corso della collaborazione con Mark Tranmer, che concentrerà tutti i suoi sforzi negli anni seguire, dando luogo allo splendido "Seventeen Stars" nel 1999 e a "The World Is Flat" nel 2002.

Subito dopo Quigley, maturato come autore e musicista dai due album con i Montgolfier Brothers, ritorna a gestire un progetto artistico interamente personale, adesso da lui interpretato secondo un'ottica abbastanza diversa dagli incerti esordi. È un nuovo inizio, segnato altresì dalla particolare scelta di un nuovo alias, At Swim Two Birds, che Roger trae dal titolo di un romanzo di Flann O'Brian, per il duplice motivo della vicinanza alla sua visione dell'Irlanda e per la curiosa assonanza e l'altrettanto curioso significato del titolo.
L'importanza simbolica di questa raccolta di dieci brani nuovi, anche se scritti nel corso di un periodo piuttosto lungo, è testimoniata fin dal titolo dell'album, Quigley's Point, ovvero un nuovo punto di partenza tanto per l'uomo quanto per l'artista. Se il tenore dell'ispirazione di Quigley era già ben delineato dalle sue prime opere, per sua stessa ammissione questo lavoro caratterizza ancor più la sua poetica, volgendola al passato, ai ricordi di relazioni sentimentali spezzate, intimo disappunto e consapevolezza di un'invariabile ma dolce malinconia, dalla quale la sua sensibilità e il suo carattere spigoloso non potranno mai liberarlo. Tutte le canzoni di Quigley's Point sono infatti state scritte a proposito di una ragazza senza nome, le ferite del cui spirito Quigley dichiara di voler lenire, finendo invece per acuire, fino all'inevitabile abbandono e all'ultima lettera di lei, qui messa in musica nella commossa "I Need Him". Quigley's Point è, appunto, l'analisi della storia dalla sua prospettiva, un esercizio da lui stesso definito come una dissezione del vissuto, una sua metabolizzazione attraverso la scrittura musicale, unico strumento a disposizione per tornare, ex-post, su ciò che poteva essere e non è stato.

Questo spirito, che trova incisiva e quasi disperata manifestazione nel teso crescendo della conclusiva "Things We'll Never Do", aleggia per tutte le tracce dell'album, improntate a delicati suoni autunnali e caratterizzate dalla ripetizione incrementale di ovattati accordi acustici che, a fronte della nostalgica desolazione sentimentale dei testi, instillano invece una sensazione di serenità. Dai fiochi raggi di sole delle strumentali "Women Of A Certain Mental Age" e "Swedish Lakes" a brani di dolente introspezione quali "Little White Lies" e la magnifica "Close To", l'iterazione di poche note di chitarra dà luogo a melodie cullanti, permeate da una grazia fragile, in grado di alleviare in musica la sofferenza dell'animo.
Nonostante lo spirito sia invariato, dei caratteri elettronici delle opere precedenti, in Quigley's Point resta ben poco, testimoniato soltanto dalla ritmica uniforme di "Darling", tuttavia dissolta in un preponderante contesto armonico, mentre il dichiarato coinvolgimento emotivo di Quigley nei testi ne alimenta anche la maturazione interpretativa, adesso filtrata attraverso una voce più decisa e, in un certo senso, "adulta", che senza alcun eccesso stilistico aggiunge partecipazione e profondità ai brani.

Archiviata la prima opera di At Swim Two Birds, Quigley e Tranmer ritornano a lavorare insieme per i Montgolfier Brothers, producendo nel 2005 altre due opere di elevatissimo livello, il mini "Journey's End" e il successivo album "All Of My Bad Thoughts".
Ormai può dirsi Quigley che abbia raggiunto la piena maturità e una completa definizione artistica, caratterizzata dalla perfetta coniugazione tra la dolce sofferenza del suo mood malinconico e tenui melodie crepuscolari, costituite da piccoli suoni acustici e arrangiamenti raffinati e mai invasivi.

Alla luce delle recenti esperienze e della sua rinnovata personalità artistica, Quigley decide quindi di rivisitare il proprio repertorio passato, sottoponendo alcune delle sue vecchie canzoni al trattamento malinconico e nostalgico tipico delle produzioni recenti. Roger Quigley torna quindi "sulla scena del crimine", cantando la perseverante fallacia dei sentimenti umani, il rimpianto per le occasioni perdute e i sensi di colpa per le promesse non mantenute, il tutto espresso con chiarezza dalle coordinate del suono del nuovo album.
Abbandonate le velleità più pop che ne caratterizzavano le versioni originali, i brani di Returning To The Scene Of The Crime... rivivono ammantati da una strumentazione scarna, dove la chitarra costituisce l'unico contraltare della voce sussurrante. Eppure, sin dalla straordinaria apertura di "In Bed With Your Best Friend", risulta evidente come l'album, seppur lento e riflessivo, non sia affatto statico: il crescendo emotivo che caratterizza il lungo brano di apertura porta, infatti, l'ascoltatore a immergersi totalmente nel suono di At Swim Two Birds e fa sì che, nonostante non vi siano notevoli cambiamenti di né ritmo né di stile, la scaletta di Returning To The Scene Of The Crime... non risulti mai ripetitiva e noiosa.

L'eleganza di scrittura e la profondità emozionale raggiunta, poi, in brani come "The Smell Of Suntan Oil On Your Skin" o nella title track, ove una base sintetizzata e una delicata batteria elettronica increspano il fluire delle confessioni di Roger, permettono di apprezzare la capacità dell'autore di tradurre in musica quei sentimenti così delicati e impalpabili, che solitamente si perdono nel frastuono che ci accompagna quotidianamente.
È ancora la chitarra a farla da padrona nei successivi capitoli di questo manuale sul funzionamento del cuore umano, e brani come "Down By The Stream", "Laziness And The Lack Of The Right Medication" e la straziante "Wine Destroys The Memory" non possono che far vibrare, con il loro intenso lirismo, le corde più recondite dell'animo di chi ascolta, offrendo fulgidi esempi della poetica di Quigley, di una straordinaria intensità, ma al tempo stesso spartana, semplice, quasi schiva.
Con questo lavoro, meno sconvolgente e più levigato dell'esordio, ma certamente più maturo e altrettanto sentito, At Swim Two Birds ha plasmato un capolavoro di understatement, dimostrando come un'ottima capacità di scrittura e una vena interpretativa non comune possano compiere miracoli.

Dopo le taglienti rivisitazioni di vecchi brani, due anni dopo è tempo di un nuovo album originale, nel quale l'urgenza poetica che ha sempre contraddistinto l'opera di Quigley diviene ancora più pressante perché in Before You Left Roger chiede ai propri ascoltatori di calarsi, senza corde, né rete di protezione, in un abisso di desolazione e malinconia.
L'intero album si presenta come una sorta di concept, che narra sensazioni e sentimenti di un uomo profondamente segnato da un abbandono. Un abbandono, però, non dovuto alla fine di un rapporto, ma a qualcosa di più inevitabile e definitivo: la morte della persona amata.

Il lavoro offre una cronaca, cruda e priva di falsi sentimentalismi, di una perdita e della condizione di solitudine che ne risulta, delineando un'opera che nel suo svolgersi, tanto narrativo quanto musicale, descrive una sorta di epica personale. Dall'"Intro", nel quale il protagonista canta, a cappella, "Before you left/ I told myself it is a good thing..." trae le mosse una narrazione attraverso i ricordi dolceamari di una lunga vita trascorsa insieme.
In un susseguirsi di cedimenti alla disperazione e sussulti di orgoglio e vitalità, che culminano nell'abbandono all'alcool della marziale e classicheggiante "The March Of The Kings" il travaglio del protagonista si traduce in brani dal mood inevitabilmente dimesso e nostalgico, nei quali tuttavia le spietate analisi di Quigley riescono ad assumere quasi una funzione catartica, come se mantenere il passato ben chiaro davanti agli occhi potesse aiutare in qualche modo a esorcizzarlo e a liberarsi dai suoi spettri.
Il percorso della narrazione trova fedele riscontro nelle sfumature conferite dal crescendo dolente di interpretazioni più espressive ed eclettiche rispetto al passato, e da una significativa varietà di arrangiamenti e contesti sonori, che accanto alla chitarra, alle tastiere dal suono cupo e ad un moderato utilizzo dell'elettronica, vedono la presenza ormai stabile in At Swim Two Birds della giovane violoncellista Sophia Lockwood, il cui contributo esalta adeguatamente i momenti più romantici e densi di pathos.

Lavoro dolente e a tratti doloroso, Before You Left mostra nuovamente un'artista ispirato, sincero, ai limiti della crudezza, ancora una volta perfetto interprete della sconfitta umana della quale la musica di At Swim Two Birds sarebbe la colonna sonora ideale. Una sconfitta che, però, si badi bene, non porta rabbia e voglia di rivalsa, ma quieta e sobria disperazione, fatale rassegnazione rispetto a un destino avverso, ma ugualmente accettato, quasi con dolcezza e voluttà.

Contributi di Francesco Amoroso ("Returning To The Scene Of The Crime...", "Before You Left")

At Swim Two Birds

Discografia

QUIGLEY
A Kind Of Loving (Ep, Croissant Neuf, 1996)
Spring Will Be A Little Late This Year (Ep, Vespertine, 1996)
If I Could Fly (singolo, Acetone, 1997)
1969 Til God Knows When (Acetone, 1998)
The Vespertine (singolo, Bad Jazz, 1999)
In Bed With Your Best Friend (singolo, Acetone, 1999)
AT SWIM TWO BIRDS
Quigley's Point (Vespertine & Son, 2003) 7,5
Returning To The Scene Of The Crime... (Green Ufos, 2007) 8
Before You Left (Vespertine & Son, 2009) 7,5
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