Sharon Jones & The Dap-Kings
San Lorenzo Estate
Roma
13 luglio 2012Nel concerto più cool, energetico, ballabile e - sicuramente - sorprendente dell'estate romana non ti ci imbatti in un setting da archistar come la Cavea dell'Auditorium, o imponente come Rock in Roma, o l'Olimpico. E neanche in uno dei molti festival estivi in località da cartolina sparsi più o meno per tutta la penisola. Sharon Jones e la sua meravigliosa band di retrò-soul li trovi su un piccolo palco nel Piazzale del Verano, il cimitero di Roma, con echi di tram e traffico a pochi metri, in un ambiente che ricorda più la Sagra del Muscolo, o la Festa della Porchetta, in uno spazio urbano delimitato da plastica e lenzuoli, luci al neon e stand di panini o poster o vestiario alternativo, sedie a sdraio di plastica bianche e tavoloni con panca tipo Festival dell'Unità a delimitare una pista che accoglie poche centinaia di persone, devoti fedeli di quel culto della musica dell'anima che - come dice Zucchero - non morirà mai. Soprattutto finché le nuove generazioni (da Amy Winehouse a Nina Zilli, da Mark Ronson a Luca Sapio, emergente romano pieno di grinta e passione che apre la serata) continuano a rivestirla di contemporaneità.
Sharon non è "new generation", anzi. Fa parte di quella schiera di artisti che il successo non si è degnato neanche di guardare di sbieco, e per cui la gavetta non è stata lunga: è stata eterna, senza fine, senza luce in fondo al tunnel. Eppure, nonostante le apparenze, era predestinata alla stessa redenzione che canta nei suoi ululati in blue: impiegata, autista, corista a tempo perso, la concittadina da Macon, Georgia, del Soul Brother no. 1, James Brown, alla fine a oltre quarant'anni si è ritrovata negli studi brooklinesi della futura Daptone Records. Una su mille, forse centomila, ce la fa: in quella session la luce si è accesa e quella luce (come dicevano i Blues Brothers) l'ha illuminata, l'ha elevata a star. Non di prima grandezza, forse, ma abbastanza per incidere quattro dischi, far man bassa di recensioni estasiate, entrare in classifica, crearsi in pochi anni un solido nome e girare il mondo in quello stile da Soul Revue che gli "antenati" della Stax e Motown portavano in tour negli anni 60.Insomma, immaginatevi la scena: il piccolo palco di Super Santo's - San Lorenzo Estate accoglie prima i Dap-Kings, mini-orchestra di solidi professionisti vestiti tutti in tiro (vengono da Brooklyn, ma potrebbe essere Memphis), che introducono e lanciano in pista prima una e poi l'altra corista. Parte un funk medio, relativamente tranquillo. Poi entra in scena l'animale da palco, e tutto diventa frenetico: un po' tracagnotta, gambe curve, vestito dorato tutto a pailettes e frange, prende possesso del palco e comincia il suo su e giù instancabile, parlando, incalzando, cantando, urlando, ballando. Un incrocio fra James Brown e Tina Turner, aggredisce subito e non mollerà più fino alla fine. I presenti, sorrisone da un orecchio all'altro, si guardano l'un l'altro un po' sorpresi. Ma chi è costei? E come fa ad avere tutta questa energia? Si dopa? Qualsiasi cosa prenda, la voglio anch'io. Sharon e i suoi Re del Dap non danno tregua, l'unica volta che lei dice 'beh, adesso ve ne faccio una più lenta, per rilassarmi' è una trappola, parte piano una strofa ma poi rimonta l'onda. Dopo cinque minuti si è già presa i presenti al guinzaglio e ci porta dove vuole, sempre più confusi e felici di essere cascati in un buco nero temporale ed essere riemersi in una indistinta periferia del Sud degli States, ok è porchetta e non pollo fritto, ma la birra c'è, il caldo pure, si balla e il gruppo sa il fatto suo.
Solo una cover di Gladys Knight, il resto è tutto materiale originale, ma non sono le canzoni che fanno la differenza, è l'energia inarginabile di questa forza della natura che travolge tutto e tutti. Chiama a ballare con lei sul palco prima un ragazzo, poi una ragazza (Anna, c'è anche su YT), lei tutta scintillante con sandali dorati con tacco e loro in bermuda e canotta da mare. Poi si leva anche lei le scarpe, "vi faccio vedere come ballavano i miei antenati", e inizia un tour de force da Land of 1000 Dances, piroettando, saltellando, un po' di "duck walk" alla Chuck Berry e un po' dervisha del bayou alla Tina Turner. C'è soul, e rhythm 'n' blues, e funk, tutta la filiera. Sharon parla col pubblico, e rappa, e parla con i Dap-Kings, e piroetta. Si contorce e si srotola, sorride e fa la faccia dura da superbad, mima le parole delle canzoni e si muove di qua e di là, dentro e fuori dal cono di luce. L'autofocus comincia a non farcela più, "dove diavolo mi football scores hai portato, stasera", l'espositore automatico tiene duro ma ogni tanto fa tutto nero o tutto bianco, è chiaro che neanche lui si aspettava una notte di superlavoro così. I Dap-Kings non mollano neanche loro, precisi al millimetro, i fiati a fare solos e contrappunti, come le coriste, la ritmica che ciuf-ciuffa come un vapore sul Mississippi. Ogni tanto mi giro, vedo le facce con ancora quell'espressione dell'inizio, non è cambiato nulla: stupore e meraviglia e gioia, il virus del soul si è impadronito della folla, antidoto introvabile, per cento giorni e cento notti chisseladimenticheràpiù, la Sharon.Dopo un'ora abbondante il set finisce, corro via prima dei bis ché la famiglia ignara aspetta, partenza notturna per il mare, un po' stordito, era tutto vero o..? "Nonno', è incredibile, ma tutto vero", penso, mentre l'austera facciata del Verano fa capolino dietro i fari in controluce. Penso anche un attimo con riconoscenza agli organizzatori che hanno avuto il coraggio di rimetterci una bella paccata di soldi pur di infilare questo supershow in una programmazione "normale", e a tutti gli altri in città che non l'hanno presa per primi, malfidati, ché il Potere del Soul si abbatta su di voi e vi riempia di crampi la prima volta che proverete a ballare. Ma la redenzione, si sa, è dietro l'angolo: basta crederci, magari la prossima volta.
Nel frattempo, Soul Power rules, stanotte, al centro di Roma.