Alla storia di Leonard Cohen è dedicata la nuova puntata di Rock in Onda, il programma condotto da Claudio Fabretti frequenze digitali di Radio Città Aperta.
Poeta dalla voce di rasoio, il bardo canadese ha saputo penetrare nei recessi più cupi dell’anima, riuscendo a scalfire la scorza amara della solitudine e violare l'intimità dei sentimenti. Nella sua opera la tradizione degli chansonnier francesi sposa l'esistenzialismo e il folk americano, ma anche una peculiare predilezione per i temi biblici e per uno humor nero, d'impronta yiddish, legato alle sue radici ebraiche. Ricostruiamo la sua straordinaria parabola attraverso 26 brani e le nostre recensioni.
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Leonard Cohen
"Per sua natura, una canzone deve muovere da cuore a cuore". È questa la poetica e la filosofia con cui Leonard Cohen ha costruito non solo la sua carriera artistica, ma la sua stessa vita. Da una montagna sovrastante Montreal a un'isola greca, attraverso un incredibile viaggio che lo ha portato a Los Angeles, ha esplorato quella "remota possibilità umana", divorando sensazioni, senza rimorsi. La sua musica si avvicina alla poesia, al sentimento delle cose sfiorate, allusive solo in apparenza. La grande passione è sempre stata la scrittura, il succedersi delle parole. Protagonista di uno dei debutti discografici più tardivi della storia del rock (33 anni), prima di entrare in sala di registrazione si era già affermato come poeta e scrittore.
Cantore della malinconia, della solitudine, dell'emarginazione e degli amori persi, Cohen scandaglia il "cuore di tenebra" dell'umanità, attraverso ballate in cui il dolore, la perdita, la paura, la colpa, la solitudine sono ammesse senza vergogna e senza pietà. Ballate costruite spesso su arrangiamenti spogli e melodie commoventi.
Nel suo ultimo album "You Want It Darker", inciso poco prima della sua morte, avvenuta il 7 novembre del 2016, la consapevolezza della fine ("I'm leaving the table/ I'm out of the game"), il testamento di un uomo pronto a fare un passo indietro rispetto al trasporto della passione e alla battaglia quotidiana. Un passo indietro per contemplare finalmente il disegno delle cose, non per rinunciare a possederle.
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