02/11/2003

Bob Dylan

Forum di Assago, Milano


Premesso che Bob Dylan è un grande al quale si può perdonare molto, e ribadito che i prezzi dei concerti sono sempre più improponibili…, cerchiamo di capire se chi è rimasto a casa debba rammaricarsi o meno.
La serata era l’ultima delle tre tappe italiane, nono appuntamento in assoluto per i fan milanesi dal 1984 ad oggi. Dopo una apertura dei cancelli ritardata di oltre un’ora e nonostante le favorevoli recensioni dei concerti di Bolzano e Roma, probabilmente ha lasciato perplesso più di uno dei circa 10.000 presenti.

La formazione presentava il nuovo chitarrista Koella, con una vena più elettrica e "tirata" rispetto alle più recenti esibizioni del 2000 e 2002 (che personalmente ricordo con maggiore piacere), supportata da una acustica meno scandalosa rispetto agli standard del Forum.
Come previsto, 17 pezzi di cui 3 bis (bis uguali per tutte le date italiane), iniziando dalle consuete "To be alone with you" e "It's all over now, baby blue" suonate da una band che si è messa diligentemente al servizio di "lui", leggenda vivente, che però non ha mai imbracciato la chitarra.

Lui è rimasto sempre defilato sulla sinistra del palco, in piedi davanti al piano elettrico (mal di schiena o artrite?), riducendosi a qualche passo verso il centro del palco con una andatura tra l'ubriaco e lo zoppicante, e quindi diminuendo la già scarsa comunicativa tra menestrello e pubblico: un po’ come vedere Del Piero giocare senza mai toccare palla, bravo però…
I fedelissimi del parterre sono stati comunque partecipi sino a un finale che ha messo tutti d’accordo, risollevando un concerto non propriamente esaltante con una una ottima "Like a rolling stone" e una ancora più travolgente "All along the watchtower". Poi tutti in coda verso casa.

Concerto quindi un poco sottotono rispetto alle attese di chi Dylan l’ha già visto magari più volte, oppure non l’aveva mai visto e voleva preservarne una immagine diversa; per molti giovani ha invece rappresentato un "evento" che, in poco meno di due ore, ha avuto anche sprazzi di poesia e qualche colpo di coda artisticamente di buon livello.
Come sempre, nessuna garanzia e niente valutazioni unanimi per Dylan, qualcuno (me compreso) ha storto il naso, finendo per assegnare un "voto di stima", non all’altezza del personaggio visto all’Arena nel 1987 con Tom Petty, o addirittura nel 1984 con Mick Taylor e la sua band a San Siro, e questo non solo per la legge dei "bei vecchi tempi andati".
Ma già allora Dylan era dato per finito, regalandoci invece negli anni seguenti altri gioiellini; rispettiamo quindi un poeta, che fa "anche" musica, solidamente ancorata alle radici del folk e del rock americano.

Forse è proprio la continua rivisitazione di una storia iniziata più di 40 anni fa, sino all’attuale "Never Ending Tour" che lo riconferma in ogni caso nipote di Guthrie e padre putativo di tutti i veri menestrelli del rock, sino all’ultimo vero eroe americano,
Bruce Springsteen, che l’ha voluto ospite sul palco dello Shea Stadium di New York lo scorso 4 ottobre, per l’ultima data del "The Rising Tour"
Sono queste le cose che ci ricordiamo di te, Dylan, grazie lo stesso e facci sognare ancora (la prossima volta ricordati di portare la chitarra).

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