17/03/2006

Agf + Delay

Cascina, Pisa


Nella cornice della cittadina pisana (Cascina), vicino la famosa Uliveto, si svolge uno degli show di musica elettronica più attesi dell’anno. Agf e Vladislav Delay approdano in Italia.
Un duo che, nell’arco del 2005, è riuscito a creare una musica ossessiva e notturna come non mai, cesellando canzoni dai tratti oscuri e delicati, un piccolo mondo fatto di battiti e suoni misteriosi. Quel capolavoro di pop deviato e complesso che è "Explode", un disco che non si lascia dare una definizione ben precisa, un’opera che sfugge e scappa, con quella voce dall’accento sommesso, i timbri cavernosi, i rintocchi ripetitivi...
Poco dopo ci troviamo davanti un altro lavoro altrettanto importante, con i Dolls (stavolta è un trio, si aggiunge Craig Armstrong), una via diversa d’intendere la sperimentazione sulla forma canzone, egualmente attraente e innovativa.

Seduto nella sala, mi faccio assalire da una sensazione di vuoto. Atmosfera ottenebrante, le luci leggermente soffuse, un leggero sibilo elettronico di sottofondo, un buio accecante, due scampoli di colore si concentrano sull’entrata dei due.
Agf, evidentemente incinta (verrò poi a sapere che è al settimo mese), si siede per terra, davanti alla console e ai due laptop . Vladislav si accomoda alla batteria e si mette le cuffie, isolandosi dal resto.
Il concerto, nel suo complesso, è composto dall’approccio “impro” di Delay, che costruisce i groove di batteria con vari tipi di bacchette e suonando svariate volte le pelli con le mani. Non c’è una regola nel suo modo di costruire il supporto ritmico, e, anzi, non c’è spazio per la stabilità, il tutto prolifera con il caso a farla da padrone. I suoi scatti da un tamburo all’altro, da un piatto all’altro, sono creatività allo stato puro. Riesce a comporre un contorno alieno e disorientante, totalmente in contrasto con le tinte digitali, spesso delicate e meno caotiche.

Le basi elettroniche sono pre-registrate, e la nostra Antye, oltre a cantare con la sua voce profonda e suadente, improvvisa con i suoi strumentini, varie percussioni fantasiose e una serie di ammennicoli digitali.
I singoli episodi sono una riproposizione quasi completa dei pezzi di “Explode”, a eccezione di “Break Doors” (la cover dei Doors). “Do Protest” è una convulsione di battiti e scintillio digitale, fra una voce in crisi epilettica e una batteria che rantola e non ha regola, “All Lies On Us” è una confessione meccanica e straziante, fra aperture melodiche e pattern ritmici scontrosi e sguscianti, “Useless” è un tripudio di ondeggianti ricami digitali, parole appena sussurrate, un rumore di fondo è una superficie scabrosa.
Uno sciabordare metallico risuona nella sala, con insistenza e incedere industriale (“Restrict”), lo scherzo contro lo sfarzoso edonismo moderno, nella catartica “A Distant View”. Un’apatia sonora si respira nell’ambiente con il viaggio schizofrenico di “Slow Living”; “From Forming On” è una nube solfurea che infetta i nostri sensi con una sapore piacevole e puntiglioso.

Dopo la prima uscita, tornano sul palco sorridenti e sorpresi per la grande approvazione. Infatti, durante tutto il concerto, nelle pause, esprimono la loro incredulità con espressioni interrogative, con una serie di sorrisini silenziosi.
Un bis estremamente intenso e fuggitivo. Viene eseguito un pezzo da “The Dolls”, intitolato “Choises”. Antye tiene il microfono sotto il braccio e con uno strumento (?!) particolare — una serie di strati di metallo girevoli, dalla dimensione ridotta — emana suoni ferrosi che sono disturbanti e piacevoli al tempo stesso, Delay è immerso nel suo mondo di spasmi timbrici e follie d’ogni sorta.

Arrivati alla conclusione, i due si presentano al limite del palco e fanno un grande inchino, fra lo scroscio di applausi assordante. Appena dopo mi dirigo da lei, in frenetica eccitazione da shopping discografico ed evidentemente emozionato per poter vedere dal vivo un’artista tanto stimata. Acquisto i suoi due ultimi dischi (quello con Zavoloka e l’opera sonora-visiva con Sue.c) e iniziamo a discutere. Una semplice chiacchierata dai contorni memorabili, per la gentilezza con cui spiega il piacere d’aver collaborato con Delay, le sue derive "avant" con le Lappetites, l’amore per la musica pop, la voglia di tornare a suonare in Italia.

Esco dal teatro e mi sento leggermente stordito, consapevole d’aver assistito a uno show fra i più memorabili degli ultimi mesi, una strana sensazione di soddisfazione, amore ed estasi.

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