Young Marble Giants

Young Marble Giants

I giganti timidi del Galles

Meteora della scena post-punk degli anni Ottanta, lo schivo terzetto gallese tracciò una personale traiettoria nel sound dell'epoca, mescolando elementi disparati e anticipando alcune soluzioni sonore degli anni a venire. Con una chanteuse dal fascino magnetico...

di Carlo Maramotti

L'idea di un gruppo che già nel momento in cui nasce è consapevole di non avere lunga vita è quantomeno curiosa, se non improponibile nella scena musicale di questo nuovo millennio.
Gli Young Marble Giants furono, negli anni del post-punk, un esempio di questa filosofia. Tre gallesi di Cardiff, ovvero i fratelli Moxham - Stuart e Phil - e la cantante Alison Statton, formarono questo gruppo che prese il nome da una colossale statua di marmo conservata nel Museo di Atene.

Secondo le rare interviste rilasciate, iniziarono a fare musica in una città "tremendamente apatica, dove la vita stessa sembrava impossibile da vivere", ed estranea ai clamori del punk. Stuart impara a suonare la chitarra conoscendo solo quattro accordi, il fratello si accontenta di suonare il basso. Alison parte invece da esperienze in gruppi formati con i compagni di scuola.

Le prime esibizioni non sono incoraggianti, al primo gig è presente solo uno spettatore e al secondo la platea è salita a sette. Non è difficile spiegarsi lo scarso pubblico dei primi concerti e il disinteresse alla loro proposta: il loro suono minimale è quanto di più distante dalla moda dell'epoca, ma la prima testimonianza discografica non tarda grazie alla Z-block che li include in una compilation di gruppi cittadini.

I due brani su "Is The War Over?" sono già indicativi: una chitarra priva di effetti, un basso secco e profondo, un organo con melodie da luna park. La batteria elettronica alla Suicide e, su tutto, la voce gentile e quasi sussurrata di Alison. Eppure "Searching For Mr.Right" è a suo modo trascinante mentre "Ode To Booker T" è, appunto, minimale, sostenuta appena dall'organo e dal basso. Narra la leggenda che una copia della compilation arrivò negli uffici della Rough Trade, che era allora la più importante label indipendente inglese se non d'Europa, e alle orecchie del boss Geoff Travis il quale non perse tempo e offrì al gruppo la possibilità di incidere un Lp. E qui comincia a manifestarsi la timidezza del trio. La notizia li coglie di sorpresa, ma nel contempo è vista come un traguardo importante.

Le registrazioni durano quattro giorni nell'autunno del '79 e portano alla pubblicazione dell'unico album Colossal Youth nel febbraio dell'80: nelle foto promozionali i tre sembrano essere lì per caso.
Dunque l'album e finalmente la musica, minimale come si diceva, costruita com'è su dialoghi serrati tra chitarra e basso, ritmati da una batteria elettronica. Nonostante questo, però, il puzzle sonoro risultante è sempre diverso. Si va dalla rumba di "Include Me Out" alla samba di "Eating Noddemix" passando per il tango di "Colossal Youth". "The Taxi" è uno strumentale a base di organo come "Wind In The Rigging". "Constantly Changing" sono i Dead Kennedys suonati dai Codeine. "Choci Loni" tradisce influenze morriconiane, mentre "Man Amplifier" anticipa certe soluzioni sonore degli Stereolab.
Straordinario poi il finale: "Brand-New-Life", "Credit In The Straight World", "Wurlitzer Jukebox" e "Salad Days" sono gemme pop tra cui brilla l'ultima per il perfetto incastro chitarra-basso-voce.
In questo patchwork è difficile riconoscere delle influenze definite: probabilmente Brian Eno, mischiato a Suicide, Kraftwerk e Devo.

L'album vende bene e il gruppo parte per un tour europeo; nel frattempo esce un singolo con tre pezzi nuovi, tra cui "Final Day", il cui testo parafrasa quella che poteva essere un apocalisse nucleare. Accompagnata da un sibilo inquietante, la canzone è forse la più melodica dell'intero repertorio del gruppo; il resto del 7" è solo leggermente inferiore.
In autunno gli Young Marble Giants si imbarcano in una tournée negli Usa in compagnia dei Cabaret Voltaire.
Di queste esibizioni è testimonianza il Dvd "Live At Hurrah!", registrato a New York. Dal vivo, il gruppo è penalizzato dal nervosismo e dalla paura di deludere, ma il magnetismo della loro musica e del canto di Alison sopperisce a tutto, catalizzando l'attenzione del pubblico, letteralmente rapito dalle sue performance.

Prima dell'ultimo tour, la band comincia a scrivere nuove canzoni ma, essendo Alison malata, il risultato è solo un mini-album, il Testcard Ep, che esce nell'81.
Sono sei strumentali, musica ambientale che viene definita dai due fratelli come un tentativo di ricreare le musiche di sottofondo della Bbc. Ma la mancanza della voce si sente e questa purtroppo rimarrà l'ultima testimonianza discografica del gruppo: probabilmente qualcosa è andato storto nel rapporto che legava anche affettivamente Stuart con Alison, e quest'ultima lascia la band per formare i Weekend con Simon Booth e dedicarsi in seguito ad altri progetti a nome Devine & Statton.
Anche i Moxham continueranno sotto la sigla The Gist, con alcuni singoli e un album ("Embrace The Herd", del 1983), ma nulla che possa avvicinarsi al passato.

Nei lavori degli Young Marble Giants l'estetica del do it yourself si materializza in una musica melodica fuori dagli schemi dell'epoca. Si potrebbe dire, usando termini fotografici, che pur essendo costruita con una grana grossa, l'immagine che trasmette è di musica nitida e raffinata. Ma ciò che la rende unica è un magnetismo che non dà scampo anche dopo un solo ascolto.

Young Marble Giants

Discografia

YOUNG MARBLE GIANTS

Colossal Youth (Rough Trade, 1980)
Testcard EP (Rough Trade, 1981)
The Peel Sessions EP (Strange Fruit, 1988)
WEEKEND
Testcard EP (Rough Trade, 1981)
La Varieté (Rough Trade, 1982)
Live At Ronnie Scott's (Rough Trade, 1983)
DEVINE & STATION
The Prince of Wales (Les Disques du Crépuscule, 1990)
Cardiffans (Les Disques du Crépuscule, 1990)
GIST
Embrace The Herd (Rough Trade, 1983)
Pietra miliare
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Sito ufficiale