Phlox

Rebimine + Voltimine

2007 (MKDK)
jazz-rock

L'assolo di batteria. Pensavate esservene liberati verso la fine degli anni Settanta, di averlo scacciato per sempre dalle possibilità della musica che conta? Tranquilli: la musica dei Phlox non conta assolutamente nulla, almeno fuori dalla loro Estonia. A quanto pare, lì gli Anni Settanta arrivano solo ora: questo giustifica, forse, il dinamismo di un album come "Rebimine + Voltimine", del tutto refrattario al rischio di farsi bollare come pura e semplice muffa per nostalgici della Swingin' Canterbury.

Ma dicevo dell'assolo di batteria. In realtà ce n'è uno solo, in coda alla prima traccia "Rähn"; per il resto, è tutto una raffica di charlie e rullante, esuberante come solo i Return To Forever dalle parti di "Hymn Of The Seventh Gallery".
E poi? Un inno agli dèi fuzz e wah-wah, jazz-rock densissimo che alterna fiammate sax-flauto-chitarra, assalti atonali modello Soft Machine/Henry Cow e momenti più ariosi come l'incipit della frizzante "Hunt", sorta di apocrifo degli Hatfield And Tthe North. Ciclonici, i Phlox hanno bisogno di un centro in quiete: un nucleo di ostinati, che migra tra basso, fiati e un arsenale di tastiere trafugato dai cimeli dei National Health.

"Mike Ratledge Is Our Elvis" e il pranzo è servito, ancora fumante - occhio a non scottarsi. Nove tracce senza cedimenti: il carrarmato fusion macina cambi di marcia con la massima scioltezza, gli altri strumenti inseguono e si inseguono in continui slanci fugati, raddoppi, botta-e-risposta che si succedono senza mollare la presa per un attimo.

Cosa esprime questa musica, quali messaggi veicola? Il nulla. "Rebimine + Voltimine" canta il vuoto pneumatico, ad alta temperatura. Il suono campa di sé stesso, e va benissimo così: i Phlox sono virtuosistici, torrenziali, non gliene importa un fico secco di suonare vecchi come il cucco, ma solo di fare bella musica. E la fanno, con gran classe e senza la boria di molto progressive, di ieri e di oggi.

Aggiornamento: A qualche mese di distanza da questa recensione, scopro che il progressive non è affatto una novità per l'Estonia. Ancora sotto il controllo sovietico, il paese aveva prodotto una scena progressiva vitale nonostante la censura. Tra i nomi di punta, Mess, Ruja, In Spe e, in tempi più recenti, Ne Zhdali.
Grazie agli utenti del forum di Arlequins per avermi fatto notare l'errore.

24/03/2008

Tracklist

  1. Rähn
  2. Kraap
  3. Habe
  4. Hunt
  5. Juulius
  6. Kaavjas
  7. Ühe poja toit
  8. Sõjajalgne
  9. Kurehirm

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