Radicalfashion

Odori

2007 (Hefty)
elettronica

Un bambino, un cortile, la luce intensa e obliqua che riverbera sui tetti posandosi sulla ghiaia attraverso gli alberi, alterata e silenziosa. Finestre aperte, da dentro un vociare intermittente, pause irregolari e ancora voci, clangore di stoviglie per l’ora di pranzo, gli effluvi della cucina accompagnati nel cortile dal suono di un pianoforte incerto, partorito da una radio a onde medie. Tempi lontani. Fuori il cortile, un bambino, la luce intensa e obliqua che riverbera sui tetti posandosi sulla ghiaia attraverso gli alberi, alterata e silenziosa.
Ricordi depositati in un dove imprecisato, quieti ricordi in bianco e nero, non già suggeriti dalla familiarità del posto, non dall’aspetto odierno, prostituito all’abitudine di una quotidianità abbruttita dal tempo, ma da fragranze che colgono soprappensiero, prendendo forma in un pianoforte che da dettaglio d’insieme diventa il luogo, l’intonso retaggio, l’esclusiva dimora della memoria.
Che cosa accadrebbe se ai Books rubassero quasi tutta la strumentazione? Diciamo, se si trovassero fra le mani, loro malgrado, un piano e solo qualche aggeggio a supporto? Hirohito Ihara, alias Radicalfashion, è un pianista giapponese d’estrazione classica, le cui suggestioni impressioniste sono rivisitate in chiave assai personale in questa sua opera prima. Il risultato è una moderna sperimentazione volta a estrapolare altre forme di nostalgia dall’ascolto di Ravel, e a rielaborare in chiave laptop la lezione di Satie.

Detta così, l’alchimia rimanda all’ormai collaudato connubio tra tecnologia e strumentazione acustica, ma se partiamo proprio dalla lezione dei capiscuola Books, per quanto sia essa d’emanazione folk e non neo-classica, assistiamo a un ribaltamento dei ruoli, giacché qui è lo strumento a governare l’effetto, non viceversa. Le cadenze del pianoforte trasmutano ma non soccombono, anzi dominano lo scrosciare di un composto rumore ambientale, e un’aura di primitiva purezza sfiora le corde di una malinconia mai turbata, vibrando nei paesaggi dell’inconscio risvegliandoli. Il mare, l’infanzia, lo stupore di fronte al volgere delle stagioni, lo sguardo che si sofferma di nuovo, quando ormai pareva irrimediabilmente scorrere sopra ai paesaggi, scivolare sulle età, e passare oltre ai profumi e ai tepori di una nuova stagione.

"Odori" ricama orizzonti di pura trance evocativa, con un rigore formale declinato dall’estetica di un compositore del ventunesimo secolo. In quest’ambito, convivono armoniosamente virtuosismi classici che annegano in melodie artificiali dal sapore orientaleggiante ("Suna"), dissimulati fragori in cui il pianoforte è il trasfigurato protagonista ("Thousand"), e vibranti tappeti di crepitio saturato ("Usunibi") che si arrampicano su scale dai chiari connotati sakamotiani ("Ballet").
Si parlava dei Books, mai così presenti come nel fiato trattenuto di "Shousetsu", dietro al quale permane un sublime adagio pianistico, e come nei taglia e cuci vocali di "Shunpoudoh", in cui però è ancora una volta la tradizione a fornire gli elementi di peculiarità. Questo perché le influenze si riducono a espediente e passaggio, a doverosi e personali tributi all’arte del glitch che non smarcano l’album dalle sue atmosfere esclusive.

"Odori" è un corpo delicato che si mostra spoglio, esibendo senza artificio le sue esili sinuosità melodiche, lasciandoci indifesi ad ascoltare i dispettosi brusii della nostra anima.

14/02/2007

Tracklist

  1. Opening
  2. Suna
  3. Thousand
  4. Usunibi
  5. Ballet
  6. Shousetsu
  7. Shunpoudoh
  8. Toh-Koh
  9. Photo Dynasmo
  10. Mask

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