The Burning Hotels

Burning Hotels

2011 (Miss Press Records)
synth-pop
7.5

Da un po' di tempo i barbieri del synth-pop hanno riposto nel cassetto il classico rasoio. Sembra non sia più cool ripulirsi i tratti del viso, almeno da quando i baffoni di Twin Shadow hanno cominciato a fare capolino sui vari riproduttori mediatici. Chance Morgan and Matt Mooty, tenutari della catena di ostelli americani Burning Hotels sono stati fino a qualche settimana fa sul chi va là, un po' dubbiosi sul da farsi, impelagati su una schiuma un po' più ruvida, magari maggiormente adatta a certi ondulamenti post punk poco predisposti verso una tecnologia sintetica. Poi, hanno provato un primo approccio: "Beard", quasi una dichiarazione d'intenti, morbida, fresca, per un risultato liscio e privo di conclusioni lacero-contuse.

In attesa di più corposi risvolti ormonali, i Burning Hotels hanno comunque optato per una revisione della carrozzeria, sino a un anno fa impregnata di uno sferragliare chitarristico gestito su basi danzabili. Erano le "Novels" del 2010. Ma gli otto nuovi racconti del secondo quasi omonimo episodio non abbandonano il ballo, semmai lo accentuano facendo leva sulle gloriose coordinate del synth-pop più classico che più classico non ce n'è. Improvvisamente, come fulminati sulla via di Damasco, i due si sono riscoperti fan di un'era che, tornata in auge una decina di anni orsono, non smette di fare proselitismo. Eppure, al di là delle probabili critiche verso una scelta che pare segnata dall'opportunismo e dalla scarsa personalità, Chance & Matt sono stati capaci di confezionare una serie di minuetti pop che hanno il potere di elargire serenità e gioia.
Un intrattenimento che si ferma a un passo dalla poesia, un calibrato impasto di incastri vocali privi di preamboli faticosi, con ritornelli leggiadri e mai sforzati. Una base sintetizzata evocativa e ritmata quanto basta, qualche spruzzata di chitarra saggiamente allungata con delay e chorus, dai tre ai quattro minuti per canzone con l'abbecedario della perfetta pop song rispettato nei minimi dettagli (strofa, ponte, ritornello e dissolvenza). Poco più di trenta minuti e nessun riempitivo. Dalla saltellante "Beard", condita da appropriate raucedini, all'esitante "Always" che come le sue sorelle riecheggia i primi tentativi dell'asse Clarke-Gore, dalla nervosa "Days Are Gone" con l'incipit rapito da "Shock The Monkey", alla solarità accecante da pomeriggio condito da canicola estiva di "Sound City", sino alla malinconia incalzante di "Allison", tristezze vissute sul dancefloor come si usava un tempo.

Il retro-gusto è lampante, quasi si trattasse di una missione, eppure quello che rimane in mano, al di là delle etichette è "solo" un pugno corposo di canzoni pop già sentite eppure rinfrescanti. Il manuale del "sembra facile" si aggiorna di un nuovo capitolo e rimanda ai prossimi consigli per gli acquisti: accorrete, dalle parti dei Burning Hotels ci sono sempre i saldi. Proprio un synth-pop con i baffi.

30/12/2011

Tracklist

  1. Beard
  2. Always
  3. Days Are Gone
  4. Sound City
  5. Wildly Inappropriate
  6. The Incident
  7. Allison
  8. To You With Love From Me

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