Frank Zappa

Dance Me This

2015 (Zappa Records)
contemporanea

Tap your foot algorithmically to this!

Non è del tutto chiaro il motivo della lunga attesa che ci ha portati a questo momento. Gli eredi del più grande freak d'America non hanno mai lasciato i fan a bocca asciutta, ripescando un gran numero di performance audio e video da ogni periodo della sua lunga carriera. Rimaneva il mistero sull'ultima opera completa in studio, il seguito del monumentale doppio “Civilization Phaze III”: un segnale inequivocabile, quest'ultimo, di quanto ancora l'inventiva e la ricerca compositiva di Frank Zappa fossero ben lungi dall'esaurirsi, arrivando a fondere la complessità del più severo serialismo con l'estro comico dei cartoon musicati da Carl Stalling.

“Dance Me This”, fatidico numero 100 della discografia zappiana registrato nel 1993, lascia da parte la magniloquenza dei lavori per ensemble e orchestra ma senza rinunciare a un concept sonoro complesso, muovendosi in alcuni frangenti per lui ancora inesplorati. Superati infatti i primi due brani incentrati sul Synclavier – a corredo della sequenza inaugurata dal divertissement classicheggiante “Francesco Zappa” – l'attenzione si sposta bruscamente su una sorta di buco nero in cinque movimenti: “Wolf Harbor” è una suite contemporanea del tutto scevra da ironia, dove persino certi sbuffi equini diventano elementi organici all'insieme.
A dominare lo scenario sono percussioni tonali e tamburi, in un florilegio di rimbombi e tintinii disorientanti, affiancati da respiri elettronici da studio di fonologia (il principale referente parrebbe Stockhausen); brevissime incursioni di fiati mono-tono richiamano il drone ante litteram di Giacinto Scelsi, quando non i sinistri ammassi sonori delle “Atmosphères” di Ligeti. Se dovessimo adottare un metro di valutazione “accademico”, la citeremmo tra le prove più mature dello Zappa compositore, che intese l'intero album come una base per gruppi di danza moderna.

Con la stessa disinvoltura che l'aveva introdotta, la suite sfuma nel tuvan throat singing di inizio disco, per due brevi momenti che hanno il valore di puri intermezzi: la melodia sbilenca di “Rykoniki” è come un miraggio momentaneo, prima della ridiscesa nella seriosità di “Piano”, un assolo in cui si manifesta tutta l'irruenza delle sonate bouleziane – sequenze fiammeggianti che, comunque, ci avevano già deliziato nella coeva serata di gala “The Yellow Shark”.
“Calculus” è una non-chiusura che riprende il vibrante cantato diplofonico (con un accenno di recitato a noi incomprensibile), mentre sul fondo la sezione ritmica accelera e rallenta come una pellicola impazzita, dando un ultimo effetto di straniamento a un'opera dal significato già di per sé imperscrutabile.

Può un disco, a oltre vent'anni dalla morte del suo fautore, completare il cerchio di un'intera carriera? Non se si tratta di Zappa. “Dance Me This” non è di certo un addio, bensì l'ennesimo tassello di una ricerca ancora in fieri, stroncata dall'ultimo stadio di una lunga malattia. Solo un ostacolo irrimediabile è riuscito a interrompere un pensiero così vulcanico: il fascino dell'inedito non potrà mai sopperire all'insoddisfazione, quella di non poter assistere al vero atto definitivo dell'opera zappiana.

02/07/2015

Tracklist

  1. Dance Me This
  2. Pachuco Gavotte
  3. Wolf Harbor I
  4. Wolf Harbor II
  5. Wolf Harbor III
  6. Wolf Harbor IV
  7. Wolf Harbor V
  8. Goat Polo
  9. Rykoniki
  10. Piano
  11. Calculus

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