Koenji Hyakkei

Avant-prog dal Sol Levante

I giapponesi Koenji Hyakkei del poliedrico Tatsuya Yoshida (già nei Ruins) sono una delle formazioni più originali dell'avanguardia prog-rock. La loro musica eccentrica si snoda tra deliri psicotici, ritmi ossessivi, cambi di tempo disorientanti e gorgheggi da soprano

di Paolo Palma

Se c'è un posto al mondo in cui la musica progressive è ancora in fermento, quello è sicuramente il Giappone, e l'indiscusso condottiero di questa ondata sembra essere proprio questo Tatsuya Yoshida, batterista nel trio YBO2 (Yellow Biomechanik Orchestra 2), batterista e vocalist nel duo Ruins assieme al bassista Kazuyoshi Kimono. Militante in queste due formazioni nate nella seconda metà degli anni 80 e fautore di ottimi album solisti e svariate collaborazioni, è il promotore dal 1994 del progetto Koenji Hyakkei.

Amante dell'energia e della ribellione del punk e cresciuto ascoltando il classico progressive anglosassone di Yes, Genesis, ELP e King Crimson, viene influenzato più che da ogni altro dai francesi Magma. I Koenji Hyakkei sono cosi l'evoluzione di un genere che ha origine dai Magma, e contemporaneamente sono la prosecuzione del progetto avviato in maniera estrema dai Ruins, allargando la formazione a quattro componenti e improntando le composizioni in maniera più classica e completa.

I Koenji Hyakkei riducono le componenti noise-industrial e di improvvisazione dei Ruins a favore di composizioni che risultano più vicine al rock progressivo e continuano, cosi come i Ruins, nella scelta eccentricamente espressiva di una lingua inventata, via già tracciata dai Magma, spingendosi oltre e districandosi tra avanguardia e progressive.

Mutuano dai Magma di Christian Vander, anch'egli batterista e mente di una delle formazioni di maggiore personalità e coerenza del rock progressivo dei primi i anni 70, le influenze classiche prettamente europee-apocalittiche delle sessioni ritmiche e dei vocalizzi che si rifanno a Orff, Bartok, Stockhausen e quelle free-jazz di Coltrane e Coleman, per poi fondere tutto con il punk e la musica d'avanguardia, con una predilezione per i suoni duri, stridenti e potenti, con ritmi ossessivi e riff parossistici che confluiscono in album compulsivi, pervasi di lirica potenza e violenza.

Il primo album, Hundred Sights Of Koenji, esce nel 1994 e vede nella formazione, oltre a Yoshida, la tastierista e vocalist Aki Kubota, proveniente da un altro gruppo progressive dell'underground nipponico, i Bondage Fruit (anch'essi aderenti allo stile Zehul), il chitarrista Ryuichi Masuda e il bassista Shigekazu Kiwahara. Questo è l'album che segna la linea che verrà portata avanti negli altri due lavori, rifacendosi allo stile Zehul di Vander che viene reso molto più metallico, furioso, veemente e ossessivo. Spiccano, tra le tracce, "Doi Doi", dalla quieta introduzione, e la trascinante "Avedumma".
Nel 1997 esce il secondo album Viva! Koenji noto anche solo con la sigla II, che vede assieme a Yoshida, autore di tutti i brani, ancora Aki Kubota, il chitarrista Jin Harada e il bassista Kengo Sakamoto. Il disco è molto aggressivo fin dall'inizio, con una prima traccia, "Grembo Zavia" (parole che vengono ripetute ossessivamente) che non dà respiro, martellante, con le quattro voci che si intrecciano e sovrappongo senza sosta, mentre è solenne il secondo pezzo, "Graddinoba Revoss", dall'incedere lento.

Il terzo brano si apre su un giro di basso su cui primeggia la tagliente voce da soprano di Aki Kubota, per poi sospendersi e lasciare il vuoto riempito da poche note sparse di tastiera, che si fanno sempre più insistenti fin quando, sull'ossessivo e ipnotico gorgheggio da soprano, si sovrappongono le voci del coro, che si bloccano per dare spazio all'improvvisazione.

Tra il delirio caotico e un'inquietante solennità sono sospese "Quidom" (bellissima l'interpretazione di Aki Kubota), "Cambell Rotta" e "Quoth Dahha", che risulta di gran lunga la più terrificante in quasi dieci minuti di vocalizzi disperati.

"Arammida Horba" è frenetica ma sempre intrisa di lirismo, mentre è vagamente etnica "Braggho". Molto più fluida degli altri brani è invece "Rissenddo Rraimb", con una introduzione che vede soprattutto le tastiere e le chitarre in primo piano in rapidi riff ripetuti fino allo stremo.

Il terzo e ultimo album è Nyvraim, che sembra essere anche il più equilibrato. Le prime tracce sono ossessive, taglienti ed evocatrici. I cori caratteristici, i vocalizzi, le progressioni inquietanti: sono delirio incomprensibile, sono i demoni di Yoshida che si presentano. Si rimane avvolti in nenie incomprensibili, che proiettano in ritmi forsennati, che abbandonano a rituali oscuri in selve disarmoniche disperate. La tastiera è ben in evidenza, amalgamata su un intrico di chitarre distorte. I frenetici assoli e i riff della tastiera di Oguchi Kenici vengono interrotti improvvisamente dai vocalizzi taglienti del soprano Samara Name, che ha preso il posto di Aki Kubota nella parte vocale. Il basso, sempre molto profondo e presente, è sempre quello di Sakamoto Kengo, che ricopre anche il ruolo di chitarrista in modo egregio, affiancandosi a Jin. Come per gli altri due album, anche in questo, tutti e quattro i componenti sono coinvolti nelle parti vocali.

Con l'abbandono di Kubota, che aveva contribuito a scrivere i pezzi più melodici dei dischi precedenti, Yoshida è sempre più leader della formazione (suona anche le tastiere occasionalmente) e dà all'album una impronta ancora più personale, cupa e delirante.

Apocalittica, con un basso che non dà tregua, è "Nyvraim", la traccia d'apertura, che ha il sapore di una orda barbarica che avanza, cupa e imperitura, finché rimane sospesa tra la distorsione e il delirio. Molto più vicina al progressive è "Becctem Pott", con cambi di tempo disorientanti, stacchi, progressioni e regressioni di tastiera.

"Lussesogi Zomn", con l'inizio inquietante del freddo vaneggio soprano, si spinge in una rabbiosa accelerazione in cui ancora la tastiera ci trascina fino al dialogo tra il coro e la soprano. In "Vissquael", il gioco d'equilibrio tra le evoluzioni del coro e del soprano raggiungono l'apogeo, mentre "Axall Hasck" ricorda i Dream Theater di "When Dream And Day Unite". Anche "Gasstrurrumm", con una tetra marcia introduttiva, prosegue agghiacciante, confermando la vena preminentemente progressive dell'album frantumato dai cambi di tempo.

Yoshida definisce il progetto Koenji Hyakkei come la fusione tra il progressive, la musica d'avanguardia e il punk hardcore, e dall'ascolto di Koenji II, Nivraym e Angherr Shisspa si può essere d'accordo con lui. Le influenze, oltre a quella palese dei Magma, sono davvero molteplici: dall'avanguardia del John Zorn di "Naked City" (che non a caso ha prodotto i Ruins e suonato con Yoshida), dai King Crimson di "Red" e "Discipline", dai tedeschi Faust dei primi quattro album o i Can di " Tago Mago ", ai belgi Univers Zero, spingendoci fino a " Trout Mask Replica " di Captain Beefheart.

Fortemente espressivi, di non facile ascolto, frammentari decostruttori, ruvidi e potenti, i Koenji Hyakkei con i loro album, seppur nella sperimentazione, si sono rivelati molto omogenei, diventando tra i pochissimi gruppi di rock progressivo che oggi hanno qualcosa da dire.

Koenji Hyakkei

Discografia

KOENJI HYAKKEI



Hundred Sights of Koenji (God Mountain, 1994)


Viva! Koenji (1997)


Nivraym (Magaibutsu, 2001)


Angherr Shisspa (Skin Graft, 2005)


TATSUYA YOSHIDA



Magaibutsu (Review, 1991)


Pietra miliare
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