Angela Baraldi - Infedele alla linea

intervista di Elena Messana

Il 24 gennaio è uscito il nuovo album di Angela Baraldi. Si intitola “3021”: otto brani scritti tra il 2022 e il 2023 dalla stessa cantautrice bolognese, insieme a Federico Fantuz per l’etichetta discografica di Francesco De Gregori, Caravan. La distribuzione è di Sony Music Italia. Nel 2024 Angela ha aperto i concerti del tour estivo di De Gregori: è stato proprio lui a incoraggiarla a portare a termine il processo creativo dell’album, già avviato da tempo. Il filo conduttore di “3021” è il suono. Angela ha dichiarato che è il contrario di un concept-album: “Ho immaginato il suono delle sfere, dei pianeti e dello spazio profondo e abbiamo provato a riprodurlo usando chitarre, basso, batteria e qualche synth. Ho voluto sperimentare la semplicità. A differenza dei suoni, nei testi, invece, ho cercato il terreno, l’umano, da contrapporre allo spazio profondo delle galassie”. Ecco cos'altro ci ha raccontato...

Angela, in questo periodo sei stata in teatro con lo spettacolo di Telmo Pievani e Gianni Maroccolo, “Nomadic-Canto per la biodiversità”. È un’opera di altissimo valore artistico e civico, dove la ricerca scientifica sulle migrazioni degli esseri viventi si unisce a una parte molto poetica, molto umana. Con la tua voce racconti di naufragi, di morti, di chi si è dovuto spostare perché aveva dei bisogni e dei desideri.
La cifra dello spettacolo è questa. È uno spettacolo contro la paura, perché ti rende consapevole di un meccanismo che non puoi cambiare, che è anche la nostra salvezza. Non è una questione di come la pensi, se sei di destra o di sinistra: è così, come dire essere contro la pioggia o contro il vento. Noi dovremmo considerare tutto il globo un unico paese. In questo modo probabilmente riusciremmo forse ad avere una visione completamente diversa di come stanno le cose, le migrazioni ci saranno perché ci saranno parti della Terra che non sarà più possibile abitare. Perché non lo permetterà il clima.

Lavorare a questo spettacolo ti ha influenzato nella composizione del tuo album, che è ricco di confronti tra pianeti puri e lontani e cose molto terrene? A partire dalla title track “3021”, dove ti chiedi cosa resterà tra mille anni dei messaggi d’amore e delle richieste disperate che oggi scriviamo sui nostri telefoni cellulari.
In realtà le canzoni sono nate prima. Però ti posso dire che questo spettacolo mi ha aiutato a capire questa stratificazione del mio lavoro, perché le cose a volte hanno una sincronicità. Mi sono ritrovata a fare uno spettacolo che parla un po' anche del “3021” della canzone. Sai, le cose entrano a volte senza la tua consapevolezza, a volte la consapevolezza è un freno, nel senso che tu decidi di voler fare un lavoro di un certo tipo e quindi certe cose le scarti, perché non fanno parte del tuo progetto iniziale. È sempre una cosa buona lasciarsi contaminare dalle esperienze.

Nella tua carriera hai collaborato con tante anime diverse dei Csi. In “Nomadic-Canto per la biodiversità” c'è Gianni Maroccolo e al tuo fianco canta Andrea Chimenti, che è stato prodotto dal Consorzio Produttori Indipendenti. Prima ancora, ci sono stati Massimo Zamboni e Giorgio Canali: tre anime diverse di quello che era un grande gruppo. Io le amo tutte e tre, quindi volevo chiederti come sono nati questi incontri e che differenze ci sono tra queste personalità: Maroccolo, Canali e Zamboni.
Sì, allora partiamo in ordine cronologico. Ti dirò che Giorgio e Massimo sono stati quasi contemporanei, forse prima Massimo Zamboni, perché ci ha messi insieme un regista teatrale, voleva che facessimo qualcosa per una serata nel suo teatro, i Teatri di Vita di Bologna. Poi dopo invece è diventata una grande amicizia e una collaborazione molto sentita. Massimo mi propose di fare i Cccp: questa cosa mi divertì tantissimo. La prima data fu strepitosa, abbiamo avuto un successo veramente inaspettato, e dopo è cominciata una collaborazione. Invece Canali l’ho conosciuto perché a Reggio Emilia c'era il Festival della fotografia. Era una ricorrenza di “Unknown Pleasures” dei Joy Division, e c'era Peter Hook tra l'altro a Reggio Emilia, così mi chiesero di fare un set ispirato ai Joy Division, interpretando le loro canzoni. E quindi io ho contattato Canali e devo dire che la sua risposta fu folgorante, mi disse: “Facciamo un live senza basso e batteria?” Insomma, pensare ai Joy Division senza basso e batteria... Gli ho risposto: “Ma tu sei pazzo, vuoi proprio smutandarmi?”. E lui fa: “Guarda che se ci togliamo quella cosa lì che li rappresenta, siamo obbligati a fare una reinterpretazione”. Ed è stato un discorso molto intelligente, il suo. È un bravissimo produttore, Giorgio, e quindi io mi sono affidata alla sua visione ed è venuto fuori un set veramente bello. Abbiamo fatto tantissimi concerti riscuotendo un grande successo, sai? A volte queste operazioni possono essere goffe.
Gianni l'ho conosciuto perché dopo l'esperienza dei Cccp è venuto un po’ naturale chiamare artisti come Francesco Magnelli, Gianni Maroccolo... Insomma i Csi hanno scritto delle canzoni meravigliose. Io i Cccp li adoro, ma avere avuto la fortuna di partire dai Cccp per passare alla loro evoluzione, è stato molto interessante; probabilmente se avessi subito fatto il lavoro dei Csi, non avrei avuto quella sicurezza, perché sono composizioni diverse e lì entra una complessità dove l'istinto non basta più. Anche perché io da ragazzina ero fan dei Cccp, li ho visti proprio nella formazione originale, li avevo nel Dna, possedevo i loro dischi… Però erano molto strutturati, molto raffinati, secondo me come gruppo rock avevano una potenza di suono pazzesca, e c'era un'organizzazione all'interno del palco molto complessa.

Io purtroppo a suo tempo mi sono persa i Cccp e anche i Csi
Pensa che io non li ho mai visti dal vivo, i Csi. I Cccp, sì. Devo dire che la prima volta che ho visto Massimo e Giovanni, non avevano neanche ancora registrato “Emilia paranoica”. Erano appena tornati da Berlino e si vedeva già da lontano che erano un gruppo.

A proposito di Berlino, dopo la pubblicazione nel 2017 del libro di Massimo Zamboni “Nessuna voce dentro-Un’estate a Berlino Ovest”, hai preso parte allo spettacolo dove insieme a Massimo interpreti brani legati all’immaginario musicale di Berlino. La tua lettura della “Città imperiale” di Massimo Zamboni è toccante. Sei mai stata a Berlino in quel periodo? Ti ricordi di qualche esperienza che hai fatto? E c'è una città che secondo te offre ancora qualche spiraglio di creatività, di scambio di esperienze e idee, visto che ora le città stanno diventando sempre più impersonali a causa della gentrificazione?
Io a Berlino sono stata che ancora c'era il Muro. Era il 1987 e ci andai perché c'era questo evento molto particolare, la ricorrenza della fondazione della città di Berlino, il 750° anniversario. Quindi chiamarono le menti creative in primo piano in quel momento, fra cui c'era questo mio carissimo amico, che poi è quello che mi ha presentato Lucio Dalla, che era Massimo Osti. Una delle poche persone che ho incontrato così nella mia vita... è quello che ha inventato la CP Company e Stone Island. Lui aveva al Reichstag questa bellissima mostra e io avevo contribuito alla colonna sonora della sfilata, perché lui aveva fatto questo evento in maniera originale. Quindi non c'erano modelli, c'erano questi performer di un teatro di Berlino, c'era la musica originale e quindi lui chiamò tutti quelli che avevano contribuiti al progetto. Quindi a Berlino l'ho vista solo in quella data. E non ci sono più tornata. È una città che mi ha colpito profondamente. Sono stata anche a Berlino Est, e ho visto queste realtà così vicine, così diverse. Non mi meraviglio che tanti progetti musicali siano nati lì, perché era una città che ti muoveva nel profondo e adesso probabilmente continua a essere molto interessante. Ma ora i tempi sono cambiati. La gente vuole viaggiare, spendere poco. La mia stessa città, Bologna, è cambiata tantissimo con questa cosa dei voli low cost. È giusto che tutti vogliano viaggiare, però il risultato è che le città cambiano in questo modo e non sempre in meglio.

Vivi tra Bologna e Roma, alla quale è dedicato il brano del nuovo album “Bellezza dov’è”. Anche in questo caso, un luogo di contrasti e persone tanto diverse tra loro, tra statue di angeli, senzatetto, palazzi del potere e mense dei poveri. Dell’album, è tra l’altro la canzone preferita da Francesco De Gregori. Mi ricordo quando cantavi “A piedi nudi”, era il Festival di Sanremo del 1993: quello era un brano ribelle ma con un tono scanzonato, in cui raccontavi di una persona che cercava una sua strada, lontana dal gruppo, dai luoghi comuni, che parlava da sola e si stava ad ascoltare. E rispetto a questo, nell’ultimo album c’è una canzone, “Cosmonauti”, che nasce da un sogno nel quale Lucio Dalla ti invita a viaggiare nel cosmo senza avere paura. “Non ti schianti, non ti schianti!”, ti diceva nel sogno. Cosmonauti contiene dei versi bellissimi: “Ancora pesco scarpe rotte (Angela ride) sbaglio amici, e ancora rido di un rottame a cui ho creduto/e a volte i giorni son felici.” Rispetto a quella ragazza, come ti vedi? A me piace tanto questo tuo modo di essere sbarazzina!
Ma sì (ride). Cioè io sono sempre quella in realtà. Poi il mondo cambia e cambio anch'io insieme a lui. Però, ci sono delle cose di me che non sono cambiate, non me lo rimprovero, mi vado bene così. Gli sbagli non sono veramente tali, sono esperienze. E continuo ad amare i rottami che ho amato e continuo forse anche a cercarli. Non c'è la perfezione, la perfezione, come diceva Silvia Platt, non esiste; è stupido cercarla, è giusto magari tendere a, però io penso che se la trovi, muori. Quindi mi va bene così. Lucio mi sgridava a volte per le persone che decidevo di frequentare e mi diceva che era importante scegliere. E aveva ragione lui, aveva pienamente ragione riguardo a queste cose. Però mi rendo conto che ci sono degli errori che continuo a fare, forse perché non sono errori, sono caratteristiche della nostra natura.

Nel tuo precedente album “Tornano sempre”, del 2017, c’è una canzone che mi tocca sempre il cuore ogni volta che la ascolto: si chiama “Tutti a casa” e si riferisce alla tragedia di Federico Aldrovandi. È dedicata “a tutte le giovani vite congedate dal mondo con la violenza della legge” e alle paure del nuovo millennio legate agli adolescenti. Quando è uscita, mi aveva colpito molto e mi colpisce ancora di più adesso, che ho ascoltato il brano “Corvi”, dell’ultimo album. I corvi sono i pensieri autolesionisti degli adolescenti che si procurano volontariamente dei tagli: hai sempre avuto una grande sensibilità nei loro confronti. Il testo dice: “Lungo il perimetro della tua stanza/ Una trincea forse non è abbastanza”. Hai dichiarato: “Sono stata così anch’io e in questo momento storico soprattutto, è un argomento che mi sta molto a cuore”. Cosa diresti a un quindicenne che dopo la pandemia ha difficoltà a esprimere le proprie emozioni e che si trova a vivere in un paese dove protestare può costituire un reato?
Beh, quella canzone lì, ad esempio, l'ho scritta con Giorgio Canali, eh! Ho capito che era una canzone per Aldrovandi, perché la prima volta che l'ho cantata era al concerto dedicato a lui. E la cosa che mi rende triste è che queste cose continuano a succedere, quindi direi che bisogna essere consapevoli che certe cose non cambiano, ma che possiamo cambiare noi e fare delle rivoluzioni all'interno e non si deve assolutamente smettere di protestare. Purtroppo, le nuove generazioni non hanno vicino a loro, come abbiamo avuto noi, delle generazioni che andavano a protestare e che qualcosa hanno ottenuto con le proteste. La percezione che hai adesso è che non serve a niente e questa cosa è triste, molto triste. E invece non è così, perché sennò non farebbero le leggi per vietarlo. Ecco, questo direi a un quindicenne.

L’album “3021” - ci ha raccontato Angela - non ha l’intento di scalare le classifiche, non ha quelle sonorità che si sentono adesso alla radio; è nato con il desiderio di riprendere a suonare dal vivo. Avendo cantato sin dagli esordi della sua carriera, tra gli altri, con Lucio Dalla e Francesco De Gregori, nonché al Festival di Sanremo, è abituata a esibirsi nei grandi spazi davanti a un vasto pubblico; tuttavia ora la sua musica è pensata per i club e i piccoli locali, che purtroppo durante la pandemia sono entrati in crisi e ora sono sempre di meno. Noi comunque non vediamo l’ora di ascoltare “3021” dalla viva voce di questa artista schiva e libera, che canta ancora “a piedi nudi”, come faceva un po’ di anni fa.

Discografia

Viva (1990)
Mi vuoi bene o no? (1993)
Baraldi lubrificanti (1996)
Rosasporco (2001)
Angela Baraldi (2003)
Solo una terapia: Dai CCCP all'estinzione (con Massimo Zamboni, 2011)
Un'infinita compressione precede lo scoppio (con Massimo Zamboni, 2013)
Breviario Partigiano - Post Csi (2015)
Tornano sempre (2017)
3021 (2025)
Pietra miliare
Consigliato da OR

Angela Baraldi su Ondarock

Vai alla scheda artista

Angela Baraldi sul web

Facebook
Testi