Ian Boddy

Parola alla musica

intervista di Roberto Mandolini

Sono più di 25 anni che pubblichi la tua musica: cosa è cambiato in tutto questo tempo?
Il processo creativo è ancora lo stesso: parto da un'idea che mi viene in mente e poi cerco di realizzarla. E' la tecnologia, ovviamente, che è cambiata moltissimo. Il cambiamento più grande ha coinvolto costi e qualità dell'attrezzatura con cui suono. Nel 1979, quando ho iniziato a suonare, era costosissimo comprare strumenti elettronici e io mi esercitavo usando l'apparecchiatura di uno studio di una fondazione d'arte. Oggi se hai un computer puoi avere un registratore multitraccia a casa grazie ai software freeware. Questo aspetto ha reso possibile a molte più persone di registrare la propria musica portando un po' di democrazia in questo mondo. Certo, non si può dire che sia tutta buona musica, al contrario, spesso non lo è affatto, ma questo problema riporta alla mia considerazione iniziale, e cioè che devi avere un'idea prima di realizzare qualcosa. E questo è il punto dove, qualsiasi sia il grado di avanzamento della tecnologia, il vero artista farà sempre la differenza.

Quali erano le tue influenze musicali quando hai iniziato a suonare?
Di sicuro le piu' ovvie e scontate: Tangerine Dream, Klaus Schulze, Brian Eno, Kraftwerk, anche se ascoltavo già con piacere alcuni compositori classici come Bach, Debussy, Ravel etc.

Ti sei mai sentito parte di una scena musicale?
Sì e no. Non mi sono mai sentito parte della scena mainstream, ovviamente, ma durante gli anni 80 e i primi anni 90, grazie ai festival di musica elettronica in Gran Bretagna sentivo un po' di movimento in giro. Sensazione che è ormai evaporata da tempo…

Something Else Records e DiN sono le tue etichette personali. Autoprodursi è l'unica strada nel mondo musicale?
Non è l'unica strada, ma se lavori in un mercato come quello della musica elettronica, vale la pena controllare ogni aspetto di quello che fai e alla fine puoi anche farci un po' di soldi, invece che rimetterceli. Ti devi chiedere quali sono i motivi per cui componi musica: se il tuo scopo è farci molti soldi, allora autoprodursi non fa certo al caso tuo. Se preferisci, puoi inseguire i sogni della tua casa discografica, ma allora probabilmente dovrai compromettere la tua visione artistica della musica e trovare un modo di suonare molto più commerciale.

Quando decidi di suonare con altri musicisti?
Ho collaborato con Mark Shreeve (a nome ARC), Andy Pickford & Ron Boots su tre album a meta' degli anni 90 e sono rimasto molto soddisfatto dei risultati ottenuti, tanto da volere che uno degli scopi della DiN fosse una pianificazione programmatica di questi progetti speciali. Si tratta di incontrare musicisti con cui poter passare ore piacevoli suonando e allargando i propri orizzonti musicali. In più, collaborare con musicisti per singoli progetti significa avere la situazione sotto controllo, dato che di solito questi incontri non durano un'eternità. In questo modo puoi rilassarti e goderti le sessioni di registrazione, e poi ottenere un disco diverso da quello che sarebbe stato se entrambi i musicisti avessero registrato da soli.

Quanti dischi riesci a pubblicare con la DiN ogni anno?
Di solito tre, ma nel 2005 ne ho pubblicati cinque.

Come hai incontrato Robert Rich?
E' successo qualche anno fa, ero al NAMM music show di Los Angeles e ci hanno presentati mentre guardavamo Paul Haslinger. Lo conoscevo di fama, ma non ero così familiare con la sua musica. Ci siamo messi a parlare ognuno della sua musica e, sebbene partissimo da prospettive parecchio diverse, abbiamo trovato molti punti d'interesse in comune. Davanti un boccale di birra abbiamo poi deciso di collaborare a un disco.

Pensi che il modo di suonare musica elettronica in Europa sia molto diverso da quello degli americani?
Sì, direi proprio di sì. Il suono europeo nella synth-music è stato ovviamente dominato dalla Berlin school. Il suono americano, invece, secondo me, ha un senso dello spazio maggiore - come quello che puoi ascoltare nei dischi di Steve Roach e Robert Rich. Certamente questa è una semplificazione, perché ci sono punti di sovrapposizione delle due scuole in moltissimi musicisti, ma io penso che questa differenza abbia a che vedere con i paesaggi. L'America del Nord ha queste enormi distese che non trovi in Europa e per me questo basta a spiegare la differenza principale tra i musicisti dei due diversi continenti.

Che tipo di strumenti usi adesso?
Oltre a moltissimi sintetizzatori, suono anche pianoforte e piano elettrico, oltre a dei synth analogici modulari dove l'enfasi è più sul sound design, che in effetti ritengo uno strumento a sé. In genere suono anche diverse percussioni.

Infine, qualcosa sul tuo ultimo album, "Elemental"…
I miei due precedenti lavori, "Aurora" e "Chiasmata", avevano delle atmosfere molto dilatate, quasi ambient. Con il nuovo album volevo prendere un po' le distanze da quei suoni. Così ho scelto di suonare in modo molto più articolato, utilizzando brani ben costruiti e precedentemente composti. Ne è uscito fuori il disco più melodico che abbia mai registrato, anche se apparentemente può non sembrare così. Iniziavo ad annoiarmi ad ascoltare tutti questi musicisti alle prese con brodini di ambient-music senza sapore che non mi emozionavano più. Volevo veramente mettere in musica come mi sentivo in quel momento particolare della mia vita. Avevo passato qualche anno difficile dopo una tragedia personale che mi ha colpito molto e ci ho messo del tempo (quasi otto anni) per riprendermi. Le tracce che amo di più di "Elemental" sono quelle che aprono e chiudono il disco, "Never Forever" e "Elemental", che sono un tutt'uno dal punto di vista musicale. La prima è proprio influenzata dal senso di mancanza e di perdita che ho avuto, ma nonostante l'atmosfera sia melanconica c'è anche della speranza. L'ultima canzone, invece, parte da questa sensazione e dopo un avvio riflessivo esplode in un finale drammatico e movimentato, con qualcosa che si ricollega alla traccia iniziale. Generalmente non spiego con questi dettagli la mia musica in pubblico, perché preferisco che sia l'ascoltatore a darle i significati che meglio crede, ma probabilmente questi sono brani davvero importanti per me.

Discografia

The Climb (Something Else, 1984)
Spirits (Something Else, 1985)
Phoenix (Something Else, 1986)
Jade (Something Else, 1988)
Odyssey (Surreal To Real, 1990)
Drive (Surreal To Real, 1992)
Decade (anthology, Something Else, 1992)
The Uncertainty Principle (Something Else, 1993)
The Deep (Something Else, 1994)
Continuum (Something Else, 1996)
Developing Technologies (De Wolfe, 1997)
Rare Elements (Something Else, 1997)
Box of Secrets (Din, 1999)
Outpost (with Robert Rich, Din, 2001)
Aurora (Din, 2002)
Chiasmata (live, Din, 2004)
Litosphere (with Robert Rich, Din, 2005)
Elemental (Din, 2006)
Future Tech (De Wolfe Music, 2007)
The Final Question (DiN DownLoad, 2007)
The Mechanics Of A Thought (DiN DownLoad, 2007)
Three Dreams (DiN DownLoad, 2007)
React (DiN, 2008)
Slide (DiN, 2008)
Dervish (DiN, 2009)
Hemispheres (withBernhard Wöstheinrich, DiNDL, 2009)
Shifting Sands (with David Wright, AD Music, 2009)
Pearl(DiN, 2010)
Dark Drone(De Wolfe Music, 2010)
Light Drones(De Wolfe Music, 2010)
Exit Strategies(with Parallel Worlds, DiN, 2011)
Frontiers(withErik Wøllo, DiN, 2012)
Strange Attractors(DiNDL, 2012)
After The Rain(DiNDL, 2012)
Colour Division (with Markus Reuter, DiN, 2013)
Sepulchre (DiNDL, 2013)
Liverdelphia (DiN, 2013)
EC12(with Erik Wollo, DiNDL, 2014)
Tone Science (DiN, 2016)
As Above So Below (DiN, 2016)
Pietra miliare
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