John Parish è un uomo cordiale, aperto e, soprattutto, sorridente. Ottimo polistrumentista, produttore stimato e musicista eclettico. "Once Upon A Little Time" il suo nuovo, bellissimo disco che non sta passando inosservato. Meno male, perché sarebbe un gran peccato se John Parish rimanesse solo "il tizio che suonava con PJ Harvey".
Quando e dove hai scritto "Once Upon A Little Time"?
La maggior parte dei brani che compongono l'album sono stati scritti nella seconda metà dell'anno scorso (2004), ma un paio sono addirittura precedenti. La scrittura dei brani è stata completata a Bristol, ma le idee iniziali sono arrivate da qualsiasi parte. Viaggio con laptop e walkman, e butto giù le idee per le musiche e i testi man mano che mi arrivano. Poi, più tardi, quando sono a casa, provo a mettere insieme tutte queste idee in modo che abbiamo un senso.
Questo disco è stato registrato tra Brescia, Bristol e Copenhagen. Perché hai scelto di registrare in città diverse anziché in uno studio dove puoi prenderti tutto il tempo e le comodità che vuoi?
Be', tanto per cominciare quando abbiamo cominciato a registrare, non avevo finito di scrivere interamente le canzoni, ma sapevo perfettamente con quali musicisti volevo lavorare. Mi piace anche lavorare su improvvisazioni, specialmente quando si tratta di mio materiale. Mi è molto difficile essere oggettivo sui dischi che faccio a mio nome, al contrario di quello che accade quando produco dischi per altri artisti, quindi prendermi del tempo tra le varie sessioni mi aiuta a prendere le distanze di cui ho bisogno per capire nel migliore dei modi come stanno venendo le canzoni. È stato anche interessante "testare" i brani dal vivo nel periodo durante il quale li stavamo registrando.
Il comunicato stampa descrive "Once Upon A Little Time" come un disco sul "nonsenso". … Nonsenso
Non parla esattamente di "nonsenso", ma alcuni testi possono essere assurdi. Penso in particolare a "Kansas City Electrician". Volevo che ci fosse qualcosa di leggero per bilanciare tutte le canzoni serie che avevo.
"Even Redder Than That" è una canzone molto divertente, mi fa sempre sorridere e a volte mi fa addirittura ridere. Vi è mai capitato di scoppiare a ridere mentre la registravate? Di cosa parla?
Questa canzone sicuramente si presta al discorso che si faceva prima, sicuramente aiuta a bilanciare il disco. È pazza e divertente, e ci siamo divertiti molto a registrarla. È una canzone che parla di Hopey, la mia figlia più giovane: ha i capelli rossi e il classico caratterino di una rossa.
Le mie bambine sono fondamentali per la mia vita, quindi sapevo che avrei parlato di loro nelle mie canzoni - infatti "Sea Defences" parla di Honor, l'altra mia figlia - ma non volevo cadere nella trappola di scrivere roba stucchevole e sentimentale. Penso di essere riuscito a evitarlo…
"Once Upon A Little Time". Mi spiegheresti il titolo del tuo nuovo lavoro? Cosa mi dici delle fotografie e del disegno? Le trovo molto in sintonia con il titolo.
Il titolo arriva da Hopey. Iniziava tutte le sue storie con questa frase, era una strana interpretazione personale del classico inizio di tutte le frasi: "C'era una volta…". Mi piaceva molto che aggiungendo semplicemente "un po'" in questo idioma, la frase cambiasse completamente di significato, passando da un stato epico a uno molto intimista: lo trovo molto appropriato per le canzoni di questo disco.
Michelle, mia moglie, ha disegnato la copertina. Si riferisce all'Etna e anche alla copertina della colonna Sonora di "C'era una volta il West".
Le fotografie all'interno sono state scattate da Michelle, sono oggetti che Honor sistemava in giro per la casa. Quando aveva 2 o 3 anni, ora non ricordo bene quando esattamente, stava attraversando questa fase in cui ordinava oggetti simili tra loro in giro per la casa, come se si fosse trattata di un'installazione. Michelle ha cominciato a fotografarli e quando abbiamo cominciato a pensare al libretto del cd, ci sembrava si adattassero molto bene con tutto lo spirito del lavoro.
Immagino che lavorare da solo sia molto diverso dal lavorare con un gruppo, eppure questo disco - sebbene a nome "John Parish" - sembra essere un progetto, piuttosto che un disco solista.
Secondo me, questo è il disco di un gruppo, semplicemente non avevamo il nome per il progetto. Non sono pienamente a mio agio in questa situazione, ma non saprei proprio come correggerlo. Non esiste un modo semplice per evitare "etichettature" e dal momento che si tratta di una raccolta di canzoni mie e il mio nome è quello che meglio si riconosce all'interno del progetto, anche perché ho già pubblicato un paio di dischi a mio nome, aveva molto più senso pubblicare un disco a nome di John Parish. Ne sono del tutto a disagio: questo sminuisce i contributi che Marta (Collica, voce nei Sepiatone e tastiere nei True Spirit di Hugo Race, ndr) , Giorgia (Poli, ex- Scisma , ndr) , Jean-Marc (Butty, già nel gruppo di PJ Harvey , ndr) e anche Marco (Tagliola, il fonico, ndr) hanno portato a questo progetto. Mi aspetto che questa formazione si sviluppi oltre e spero di trovare un modo per darle un nome che la rappresenti nella maniera più appropriata.
Il disco degli Automatic Dlamini si può facilmente scaricare da internet, ce l'hai messo tu? Quali sono le tuo impressioni riguardo il fatto che susciti tanto interesse dopo tutti questi anni?
Guarda, non sapevo che fosse disponibile per il download, quindi sicuramente non ce l'ho messo io!
Gli Automatic Dlamini hanno fatto tre dischi, ma il primo, "The D Is For Drum" (1988) è stato pubblicato solo su vinile. Il secondo "Here Catch Shouted His Father" (1990) non è mai stato pubblicato ufficialmente, ma so che ci sono delle registrazioni non ufficiali che circolano. Immagino ti riferisca all'ultimo disco "From A Diva To A Diver" (1992). Sono ancora convinto che quello sia un ottimo disco, ci sono sicuramente delle canzoni molto valide ed è l'unico disco dei Dlamini al quale mi sento legato dal punto di vista delle liriche.
Immagino sia naturale che alcune persone che hanno cominciato a interessarsi al mio lavoro vogliano approfondirlo cercando dove ho cominciato. E poi sono le prime registrazioni in cui compare Polly Harvey, quindi sono sicuro che ci sono moltissime persone curiose. Non ho idea di quante copie ne siano rimaste, io ne ho solo un paio.
Hai cominciato la tua carriera come musicista, come sei diventato un produttore?
In realtà sono diventato produttore per sbaglio. Mi incuriosiva molto tutto quello che succedeva in studio, avevo sempre delle mie opinioni e non ero affatto spaventato dall'esprimerle ai produttori con cui lavoravo.
Nel 1986, a un gruppo della stessa città in cui vivevo - The Chesterfields - è stato chiesto di incidere un disco. Non erano mai entrati in studio in vita loro e mi hanno chiesto se fossi disponibile a dar loro una mano. Il disco che ne è uscito, un Ep intitolato "Guitar In Your Bath", è stato pubblicato tre mesi dopo ed è diventato un successo nel circuito indie inglese. Sul retro il mio nome figurava come produttore e altri gruppi hanno cominciato a chiamarmi.
Hai lavorato anche a un paio di colonne sonore: per il film "Rosie" e per lo spettacolo teatrale "Zien En Zien". Come hanno scelto te?
"Zien en Zien" è in cartellone a Parigi proprio in questi giorni, solo che è in francese, quindi s'intitola "Voir et Voir".
Mi diverto molto a scrivere musiche per film, teatri, esibizioni, ecc. La prima volta che l'ho fatto è stato quando tenevo un corso sulle arti dello spettacolo in un collegio nel sud ovest inglese: ho scritto delle musiche per una versione di "Amleto". È stato poco dopo che gli Automatic Dlamini si erano sciolti e trovavo incredibilmente liberatorio avere l'opportunità di scrivere della musica che non dovesse avere i limiti di una canzone pop. Sicuramente è stata un'esperienza che mi ha aiutato molto a crescere come compositore, è stato uno di quei periodi nei quali hai l'impressione di aver progredito più negli ultimi tre mesi che negli ultimi cinque anni.
La musica che ho scritto per "Amleto" mi ha portato direttamente a quella che ho scritto per "Dance Hall At Louse Point", l'album che ho pubblicato alcuni anni più tardi con Polly Harvey. Il primo pezzo strumentale in "Louse Point" ha fatto sì che venissi contattato per comporre la colonna sonora del film "Rosie". La settimana prossima tornerò a casa e comincerò subito a scrivere le musiche per uno sceneggiato olandese intitolato "Waltz", che tratta di una complicata famiglia circense.
Hai risposto a una domanda che volevo porti più avanti: quindi è vero che insegnavi!
Sì, era un collegio per ragazzi dai 16 anni in su.
"Dancehall At Louse Point" è stato invece interamente coreografato. Come è successo?
Mark Bruce, un coreografo londinese, aveva discusso con Polly la possibilità di una collaborazione dal vivo. È capitato nello stesso periodo in cui stavamo registrando "Louse Point'", quindi lei l'ha invitato in studio perché sentisse quello che stavamo incidendo. Gli è piaciuto molto e ha pensato che si potesse adattare facilmente alla danza. Alla fine ci siamo ritrovati a portare in tournée lo spettacolo con il suo corpo di ballo. Abbiamo viaggiato per tutto il Regno Unito e fatto un paio di date a Salisburgo. Ci siamo divertiti moltissimo.
Qual era la tua idea della musica italiana prima che Cesare Basile ti contattasse per produrre il suo disco "Gran Calavera Elettrica"? Cosa ne pensi ora? (Dopo aver lavorato con Basile, Parish ha prodotto "Tutto l'amore che mi manca" di Nada e registrato " Ballate per piccole iene " degli Afterhours , senza dimenticare che nel suo gruppo ci sono due italiane)
Non ne avevo alcuna idea fino a quando Cesare mi ha contattato. Prima di allora mi era addirittura difficile suonare in Italia. Mi sono anche sorpreso, la prima volta che sono arrivato a Catania, di essere presentato a così tanti musicisti interessanti.
Il disco di Cesare mi ha poi portato a lavorare con Nada, e ho così conosciuto altri musicisti fantastici. Non si è trattato solo di come suonavano, ma anche dell'atteggiamento e del modo di essere, che mi hanno subito conquistato. È stato proprio durante la registrazione del disco di Nada, a Roma, che ho capito che volevo lavorare con Marta e Giorgia e che volevo registrarlo in Italia con Marco.
Sei sempre stato molto richiesto e scommetto che la tua agenda è piena di nuovi impegni. Mi daresti un piccolissimo scoop?
In questo periodo sono molto concentrato: voglio finire le musiche per "Waltz" e poi noi - il gruppo, intendo - faremo altri concerti a febbraio, ci saranno delle date anche in Italia.