Difficilmente classificabili tra jazz, ambient, avantgarde, minimalismo, i Necks sono citati da molti musicisti e critici musicali come una delle band più interessanti in circolazione in questo periodo. I loro concerti sono sempre un’esperienza unica e irripetibile. Abbiamo incontrato questo “trio delle meraviglie”, nel corso delle quattro serate sold-out a Londra. Tra una chiacchiera e l'altra ci siamo messi d’accordo con Lloyd Swaton per questa intervista, con il tacito consenso di Tony Buck e Chris Abrahams.
Avete appena finito il vostro tour in Europa, com’è andata?
E’ stato faticoso, ma incredibilmente appagante. Un tour che ha avuto molto successo e ogni concerto è stato strepitoso. Continuiamo a essere lieti che una band che ha iniziato a suonare quasi per gioco in una sala prove in Australia, quasi tre decenni fa, stia attirando folle di persone che fanno il pieno ogni sera, dall'altra parte del mondo. E’ veramente qualcosa che nessuno di noi avrebbe mai immaginato.
Suonate da 25 anni, cosa è cambiato per voi nel modo di comporre e di interagire?
Per essere precisi, suoniamo assieme da 28 anni. I principi-base si tracciarono subito. Non è che sia cambiato molto, tranne forse un’evoluzione graduale che sarebbe difficile descrivere a parole. Penso che uno dei cambiamenti più indicativi si sia avuto sul lato tecnologico. Stiamo certamente registrando i nostri dischi in modo diverso da come lo facevamo 25 anni fa, ma penso è cosi per un po’ per tutti gli altri gruppi che stanno assieme da tanti anni. Forse uno degli aspetti che ci può distinguere dagli altri, è che cerchiamo sempre di registrare la maggior parte dei nostri dischi in studio in real-time.
Usate dei processi creativi diversi per registrare la vostra musica rispetto all’esibizione live? Vedete dei limiti nella registrazione?
Quando siamo in studio cerchiamo di raccogliere tutto il materiale e poi selezionarlo su un periodo di qualche settimana. Non ci limitiamo soltanto al piano, contrabbasso e batteria. L’unico limite al quale posso pensare è quel feeling speciale che un concerto può trasmettere live. Anche se, d’altra parte abbiamo constatato non necessariamente un gran concerto fa un gran disco live. A volte bisogna proprio esserci, per viverlo.
A ottobre ho visto i Necks sul palco sia come trio sia con Evan Parker. In entrambe le occasioni avete sviluppato diverse esperienze musicali. Quale dinamica preferite? Esplorare in confini musicali dei tre strumenti o portare dei nuovi elementi nel vostro trio?
Siamo essenzialmente un trio acustico e tutto parte da questa base. Siamo molto attenti e selettivi per le nostre collaborazioni e fortunatamente, finora, sono state tutte delle esperienze molto gratificanti.
Durante i vostri live, il pubblico reagisce in modo diverso: alcuni cadono quasi in trance, in una sorta di rilassamento profondo, altri sembrano sperimentare una gioia estatica, ho visto anche persone piangere e un paio andare via furibonde. E il tipo di emozioni che avete riscontrato nei vostri tour? Pensate che il pubblico accolga differentemente la vostra musica in paesi diversi?Non ero al corrente che alcune persone piangessero. Mi sorprende abbastanza, non trovo la nostra musica particolarmente emotiva. Ad ogni modo, quello che ho imparato in tutti gli anni che ho lavorato da musicista professionista, è che la musica è aperta a varie interpretazioni, tante quante ci sono spettatori/ascoltatori. Non mi ero nemmeno accorto che alcune persone andassero via furibonde. Oh, ad ogni modo, non puoi comunque piacere a tutti. È comunque meglio lasciare che il resto del pubblico si goda il concerto. Per essere onesto, non ho notato molta differenza tra il pubblico legato ai luoghi. Quando il pubblico coglie la nostra musica, non importa dove siano e da dove vengano.
Generalmente, i critici musicali sono piuttosto perplessi quando devono etichettare la musica di The Necks. Leggendo diverse recensioni, ho visto termini usati come il jazz, avantgarde, post o avant-jazz, ambient, improvvisazione, minimalismo, kraut-rock, trance. Sul vostro sito, definite la vostra musica “jazz sperimentale”. Come musicisti, provate un certo fastidio che si etichetti la vostra musica?
Non posso negare che abbiamo guadagnato una certa reputazione per essere “inclassificabili”. Questo può causare un po’ di problemi non soltanto per i giornalisti ma anche per noi, anche se ad ogni modo penso che la mancanza di un’etichetta sia definitivamente positiva. Alcuni giornalisti ci hanno paragonato a Keith Jarrett Trio, EST e
Dirty Three. Nonostante trovo un profondo rispetto per questi gruppi, penso che sia un esempio di giornalismo pigro.
In Australia, avete vinto gli ARIA Awards come migliore gruppo Jazz dell’anno nel 2003 con “Drive By”, e nel 2005 con “Chemist”. Pensate che sarebbe stato possibile in Europa. Pensate che l’Australia sia più aperta all’innovazione con minor attenzione alle categorie?
In realtà’ penso che l’Australia sia meno aperta all’innovazione con un’attenzione minore sulle categorie. Forse una cosa che bisogna capire della cultura australiana è che è difficile raggiungere la “massa critica”, dato il nostro isolamento e la nostra piccola popolazione. Ci sono tante cose incredibili nella cultura ma è molto difficile categorizzarli in movimenti o correnti. Sicuramente i Necks non potevano nascere altrove. E la mancanza di pressione in Australia (e ancor più un quarto di secolo fa) è proprio quello che ci voleva ai Necks, all’inizio del processo creativo.
In 25 anni, avete inciso 17 dischi (di cui 4 live). Se qualcuno volesse iniziare a ascoltare i Necks per la prima volta, avreste delle raccomandazioni particolari?
Siamo orgogliosi di tutti i nostri dischi e nessun album è rappresentativo. Il mio consiglio sarebbe di provare ad ascoltarne uno e poi magari un altro ancora. Tra i miei preferiti ci sono "Aquatic", "Hanging Gardens", "Silent Night", "Aether", "
Silverwater" e "
Open". Ma, ripeto, siamo molto orgogliosi di tutti loro, e sento umilmente, che hanno tutti superato la prova del tempo.
Avete creato la vostra etichetta “Fish Of Milk” perché volevate completo controllo sui vostri dischi? Avete soltanto i dischi dei Necks sul vostro catalogo o pensate di produrre altri gruppi?
L’etichetta sulla quale incidevamo all’inizio era molto lenta nel pagarci. Alla fine, ci hanno pagato tutto quello che ci spettava, che è comunque molto di più di quello che abbiamo ottenuto da altre case discografiche con le quali abbiamo lavorato. Ad ogni modo, abbiamo pensato che sarebbe stato meglio avere il proprio controllo sul nostro gruppo e sono contento che abbiamo creato la FoM. Abbiamo realizzato soltanto materiale dei Necks anche perché è molto più semplice in questo modo. Tutti i costi e profitti sono divisi in tre. Quindi, non ci sono piani per avere altri gruppi, anche se ci sono tanti gruppi interessanti in circolazione.
Siete stati uno dei primi gruppi ad adottare il formato cd per “Sex” nel 1989, com’è stato il vostro incontro con questa nuova tecnologia? Quali sono secondo voi i vantaggi rappresentati oggigiorno dalla tecnologia online?
Certamente non siamo stati “letteralmente” i primi, ma l’avvento del formato-cd è stato sicuramente per noi, un momento propizio. In quel periodo, avevamo già stabilito i principi della nostra improvvisazione, in un formato abbastanza lungo e per questo non avevamo preso in considerazione nemmeno l’intenzione di registrare il nostro materiale. Il cd ci ha fatto ribaltare la nostra idea originale, perché ci dava la possibilità di registrare delle composizioni di un’ora, ininterrottamente. Per quel che riguarda il dove la tecnologia online stia portando il music business, è un po’ spiacevole, in verità. Ho appena finito di leggere "Free Ride: How the Internet is Destroying the Culture Business and How the Culture Business Can Fight Back" di Robert Levine ed è sconfortante capire come le cose sono state tolte dalle mani dei propri creatori. Personalmente non mi piace il download, legale o meno, ma sono forse in minoranza. Per i Necks, siamo fortunati di avere una fan-base leale che non si sognerebbe di non pagare la nostra musica. Siamo fortunati che i nostri cd vendano abbastanza bene per un gruppo del nostro livello. Ma chi sa quanti non hanno mai pagato per la nostra musica. Ad ogni modo, per la tecnologia online, offriremo al più presto il download digitale per tutti i nostri dischi.
“Mindset” nel 2011 è stato il vostro primo e unico vinile. Come mai avete deciso di lavorare sul vinile? Avevate già delle composizioni che potevano essere adatte al formato vinile o avete scritto dei pezzi appositamente?
Nonostante pensiamo che il cd sia un formato ottimale e ci piace il suono, tutti e tre amiamo anche il vinile. Abbiamo sentito che eravamo pronti per una sfida di comporre due pezzi musicali che potevano racchiudere l’essenza dei Necks in circa quasi 20 minuti, invece di un’ora. Non sono sicuro che saremo stati abbastanza pronti prima del 2011, eravamo in altri processi creativi. Ci siamo anche divertiti a creare due pezzi musicali separati da un intervallo che può durare pochi secondi o più settimane e che quel intervallo debba implicare anche un’azione fisica (come andare verso il giradischi e girare il disco) per cercare di colmare il divario temporale.
Ho letto che agli inizi della vostra avventura musicale non sentivate che la performance live esprimesse appieno il vostro concetto musicale e oggigiorno sono in molti a sostenere che il live sia la forma nella quale vi esprimete al meglio. Che cosa pensi sia cambiato nel vostro approccio al live?
Quando abbiamo iniziato a suonare assieme, pensavamo che il miglior modo per dare risalto alla nostra musica fosse suonare tra di noi, in privato. Personalmente, sentivo che fosse importante per la nostra musica che avessimo chiaro il concetto che non avremo mai suonato la musica dei Necks pubblicamente. Per me, il live è sempre il concetto originale dei Necks, quel modello, quelle fondamenta alle quali possiamo sempre riferirci, ma andrei cauto nel dire che sia la nostra forma migliore. Mi sento molto a mio agio in uno studio di registrazione e sono molto orgoglioso di quello che abbiamo fatto con gli album in studio.
Quali sono i vostri piani futuri? Realizzerete un nuovo album, andrete in tour in Italia prossimamente?
Abbiamo pianificato un tour in Australia all’inizio dell’anno nuovo, e metteremo anche un po’ di tempo da parte per lo studio di registrazione. Verremo in tour in Europa verso marzo-aprile, ma non faremo più di dieci date. Abbiamo anche in programma un tour più lungo in Europa, all’incirca una ventina di date per settembre/ottobre. Amiamo suonare in Italia e speriamo di ritornarci presto, ma al momento non sappiamo ancora cosa il nostro agente abbia prenotato.