Nel 2009 i mantovani Luciano Ermondi e Paolo Mazzacani, in arte Tempelhof, esordivano con l'album "We Were Not There For The Beginning, We Won't Be There For The End" per la Distraction Records di Newcastle, Inghilterra. All'epoca per cercare in qualche modo di inquadrare la loro musica si parlava generalmente di shoegaze, per quanto la definizione risultasse stretta per canzoni in cui ogni elemento - chitarre, pianoforti, synth, voci spettrali - concorreva a distanziare e dilatare la materia, peraltro accompagnata nei live da una raccolta di filmati sperimentali di inizio novecento. Lo scorso autunno i Tempelhof hanno dato alle stampe il loro secondo lavoro in studio, "You K Ep", questa volta per la emiliana Hell Yeah, che dirotta il duo virgiliano ancora più verso l'elettronica.
In "You K Ep" di fatto ogni elemento rock sparisce in favore di una materia a tutti gli effetti sintetica: perché avete deciso di intraprendere questa strada?
Non si è trattato di una scelta ragionata, ma dell’evoluzione di un suono che, in un certo qual modo, ci ha portato dove siamo adesso. Dopo la pubblicazione di “We were not there for the beginning, we won’t be there for the end”, il nostro album d’esordio, abbiamo sentito il bisogno di sperimentare maggiormente con le macchine analogiche, di esplorare territori sonori che ci affascinavano. E’ stato piuttosto naturale accantonare gli elementi con i quali avevamo più familiarità, in favore di altri.
A livello ritmico i due lavori sono agli antipodi: se prima la forma veniva dissolta, adesso ci troviamo di fronte a brani che sembrano fatti per ballare. Come definireste la vostra parabola artistica e il vostro attuale modo di fare musica?
L’idea di fossilizzarsi su un solo tipo di suono ci spaventa. Ci piace, invece, seguire il mood del momento e assecondare le tracce quando nascono, senza forzarle necessariamente in una direzione precisa. Amiamo gli artisti eclettici, quelli che non hanno paura di confrontarsi con generi differenti, soprattutto quando riescono a mantenere un’unità stilistica. Così, oltre ad esplorare maggiormente le potenzialità di sintetizzatori e drum machine, abbiamo “alzato l’asticella”, andando verso cose più uptempo. Non saprei come definire la nostra parabola artistica se non come un’evoluzione naturale. Sono certo che alcuni elementi del passato ritorneranno nel prossimo futuro.
La scelta di uscire con un ep è dettata dal fatto di mettere nero su bianco un preciso momento della vostra attività, un certo stadio della vostra evoluzione artistica?
Effettivamente c’era la necessità di capire chi eravamo oggi e lo abbiamo fatto attraverso un ep, che è un formato per sua natura limitante, da un lato, ma al contempo efficace per scattare un’istantanea di una band in un determinato momento storico.
Il prossimo passo discografico quale sarà?
A breve pubblicheremo una raccolta dei remix che abbiamo realizzato per Hell Yeah Recordings e, entro la primavera prossima, uscirà il nostro nuovo album.
Essere lanciati da un'etichetta inglese vi ha permesso di esibirvi molte volte nel Regno Unito: c'è qualcosa in particolare che vi ha colpito (in maniera positiva o negativa) riguardo il pubblico d'oltremanica? D'altronde lo stesso nome dell'ep rimanda alla terra albionica.
Siamo innamorati dell’Inghilterra, degli inglesi e del loro modo di rapportarsi alla musica. La passione, la curiosità e il rispetto che hanno nei confronti degli artisti, l’assenza di certi vizi di casa nostra, per cui l’apparire è spesso più importante dell’essere, sono gli elementi che ci hanno stupito in positivo. Uno dei concerti più belli che abbiamo tenuto è stato proprio a Newcastle lo scorso aprile, in un festival organizzato per i dieci anni della Distraction Records, davanti a circa trecento persone. Sentire il calore del pubblico è stata un’esperienza meravigliosa che speriamo di poter ripetere al più presto.
Al di là dei due album pubblicati, siete sempre impegnatissimi con una montagna di remix: sinteticamente, potreste elencare i maggiori featuring realizzati - e magari pure quelli in arrivo?
Did, Ajello, Crimea X, Maxime Dangles, Luminodisco, Margot, Confusional Quartet, Florian Meindl, Moira Stewart e altri che ora non ricordo… sono stati veramente parecchi in breve tempo!
Sappiamo come suonavano i Tempelhof ieri e come suonano oggi. Per il prossimo futuro cosa dobbiamo aspettarci?
Posso dirti quello che è il nostro auspicio: consolidare un suono sempre più personale, mischiare le carte il più possibile, essere noi stessi.
We Were Not There For The Beginning, We Won't Be There For The End(Distraction, 2010) | 7 | |
You KEp (Hell Yeah, 2012) | 7 | |
Frozen Dancers (Hell Yeah, 2013) | 7 |
You K | |
Love: An Interpretation |