24/07/2014

Placebo

Postepay Rock In Roma, Roma


E’ dura la vita della rockstar nel nuovo millennio. I dischi non si vendono più, e anche se hai delle gran belle canzoni in tasca, è difficile riuscire a vivere della propria arte. Se poi riesci pure a farti qualche autogol rischi persino di naufragare anzitempo. E qualche autogol i Placebo se lo sono fatto, altrimenti nonostante i recenti dischi un pochino commercialotti non starebbero ancora barcamenandosi fra un mainstream che non li hai mai accolti definitivamente e una nicchia che li accusa di essersi più volte svenduti.
Ma dalla visione del bel concerto romano al quale abbiamo assistito, le uniche colpe riversabili su Brian Molko non sono di tipo artistico, in quanto la band suona bene, lui tiene il palco con il consueto carisma e le canzoni (anche quelle sinceramente evitabili) funzionano. Il problema è che la situazione diventa quantomeno discutibile se una band con vent’anni di carriera alle spalle e sette (quasi tutti buoni) dischi all’attivo suona il compitino di un’ora e mezza e basta. Con l'aggravante di proporre lo stesso menù ogni sera, senza alcuna sorpresa per colpire il pubblico. Nell’epoca di YouTube e delle setlist in rete tutto questo ha ancora senso, caro Signor Molko?

Poi chiaro che il pubblico, costituito fondamentalmente da fan irriducibili, risponda comunque positivamente. E Brian ricambia regalando sembianze e movenze sempre più femminili, vomitando sulla platea del Postepay Rock In Roma una scarica di positiva adrenalina elettrica. La scaletta è pesantemente sbilanciata sul percorso più recente (ma meno interessante) del gruppo inglese. Oltre ai sette pezzi estratti dall’ultimo “Loud Like Love”, uscito poco meno di un anno fa, l’album più saccheggiato risulta “Meds” (sei canzoni), mentre è stato evidentemente ripudiato il penultimo “Battle For The Sun”, con una sola traccia eseguita. Viene sorprendentemente ignorato l’omonimo esordio, lavoro di culto della scena rock alternativa di metà anni 90, mentre dai successivi tre amatissimi album vengono riprese in tutto soltanto quattro canzoni. E due di queste, le celeberrime “Special K” e “The Bitter End”, costituiscono gli unici veri momenti di estasi collettiva della serata, poste in chiusura della prima parte dello show, a suggellare una cavalcata comunque piacevole.

Sbrigativi i bis, con la loro versione di “Running Up That Hill” di Kate Bush, che apriva il bonus disc di cover pensato per accompagnare “Sleeping With Ghosts”, e in chiusura due estratti da “Meds” (un lavoro nel quale i Placebo evidentemente credono molto): “Post Blue” e “Infra-Red”.
Belle luci, bella musica, bello spettacolo, band compatta, ma la sensazione è che l’androgino Brian Molko sia rimasto un pochino intrappolato nel suo personaggio. Voce inconfondibile, che poi è il vero marchio di fabbrica del gruppo, chitarra che sa richiamare l’immaginario alt-rock di due decenni fa, ma la recente deriva melodico-positivista lascia pochi dubbi sul livello di furbizia e opportunismo del gruppo. E così ce ne torniamo a casa senza “I Know”, senza “Taste In Men”, senza “Slave To The Wage”, ma con nelle orecchie la folla che grida all’unisono i ritornelli di “Loud Like Love” e “Too Many Friends”. Sarà pure un bel sentire, per carità, ma i Placebo della seconda metà degli anni 90 erano un’altra cosa.

Setlist

B3

For What It’s Worth               

Loud Like Love                     

Allergic                                 

Every You Every Me             

Scene Of The Crime              

A Million Little Pieces           

Rob The Bank                      

Too Many Friends                 

Space Monkey                      

One Of A Kind                      

Exit Wounds                         

Meds                                      

Song To Say Goodbye               

Special K                               

The Bitter End                         

… …

Begin The End                         

Running Up That Hill            

Post Blue                             

Infra-Red

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