16/08/2023

Kety Fusco

Anfiteatro di Orselina, Orselina (Svizzera)


Un viaggio che può essere sia un sogno che un incubo, a seconda dei punti di vista. Con queste parole Kety Fusco ha presentato al pubblico il concerto che si sarebbe di lì a poco apprestata a suonare nell’anfiteatro del parco di Orselina, in Ticino. Tuttavia, osservandolo a posteriori, risulta difficile interpretare questo spettacolo come un’esperienza musicale da incubo. Anche perché nell’anno di “The Harp”, dopo l’avvenuta campionatura di oltre quattrocento suoni e rumori in un’avanguardistica libreria digitale pubblicata sul proprio sito, Fusco ha ideato per la serata una setlist in cui la componente orrorifica che tratteggia la sua recente produzione musicale è stata drasticamente ridotta e sacrificata per un’impostazione con lo sguardo rivolto piuttosto al passato, celebrando così una ricca, per quanto ancor breve, carriera.

Sotto un cielo stellato e con uno scorcio mozzafiato sul Lago Maggiore e sulle montagne che lo circoscrivono, lo show dell’arpista toscana, ormai da diversi anni in pianta stabile nella Svizzera italiana, si è incardinato, soprattutto nella sua seconda fase, sui brani di “Dazed”. E poiché la cornice ambientale della location a cielo aperto ha sostituito il comparto visivo pivotale nell’esibizione multisensoriale inaugurata alla Royal Albert Hall a Londra, la componente dance e trance del debutto su disco della musicista ha preso il sopravvento. Questo non significa che non ci sia stato modo di apprezzare nella parte introduttiva di un viaggio sonoro durato più di un’ora (se si considera il bis) anche la componente più atmosferica e sperimentale delle composizioni di Fusco. Un tappeto di arpeggi onirici e rarefatti, alternato ai suoni, ai rumori e alle pulsazioni di “The Harp”, ha infatti condotto ascoltatori e ascoltatrici al primo intermezzo di dirompente elettronica ballabile. Sopra il substrato di beat e battiti percussivi, Kety ha fatto dialogare fra loro arpa classica e arpa elettrica, arrivando talvolta a suonarle contemporaneamente, ciascuna con una singola mano.

La performance dell’arpista ha del resto i tratti fisici di una recitazione drammatica: suona e danza con tarantolato entusiasmo e, soprattutto nei movimenti simil-techno dei pezzi più martellanti, Fusco sembra richiamare a sé gli spiriti della notte per dare vita a una moderna tregenda musicale. Eppure, il momento migliore mi è sembrato essere quello di transizione tra la prima e la seconda parte, dove si è realizzata un’inaspettata unione tra modern classical, post-rock e indietronica. O forse si è trattata di una sorta di congiunzione astrale che tra conflagrazioni di arpeggi e deflagrazioni seleniche ha rischiarato questo angolo di Locarnese con la visione celestiale di una dimensione oltremondana.
D’altronde, che Kety Fusco avesse oltrepassato la realtà dell’arpa tradizionale, lo sapevamo già. Tuttavia, questo concerto, anche se meno ardito di quel che era lecito aspettarsi a partire dall’ascolto del primo capitolo della trilogia “The Harp”, lo ha riconfermato e ci ha ricordato che l’arpista toscana non è solo un’ambiziosa compositrice, ma anche una strepitosa concertista.