In un'epoca in cui la durata di un concerto sembra diventare una misura di qualità, Jack White si smarca dall'ossessione per gli spettacoli interminabili e le scenografie ipertrofiche, riaffermando il proprio credo nel rock'n'roll essenziale, fatto di sudore e immediatezza. L'ex leader dei White Stripes ha affidato a un post su Instagram la sua riflessione su una tendenza sempre più diffusa tra pubblico e artisti: l'equazione durata-prezzo-qualità, secondo cui un concerto è tanto migliore quanto più a lungo si protrae.
"Capisco che molti fan amino vantarsi di aver assistito a performance di tre ore o più, spesso giustificando così il costo dei biglietti", scrive White. "Ma voglio che sia chiaro: non ho alcuna intenzione di impressionare il pubblico in questo modo". Parole che suonano come una dichiarazione di intenti, una presa di posizione netta contro l'eccesso e la ridondanza che ormai caratterizzano molti live act contemporanei.
Per sostenere la sua visione, White cita esempi illustri: i Beatles e i Ramones, band che hanno lasciato un segno indelebile nella storia della musica pur limitandosi a set di circa 30 minuti. "Se potessi, mi esibirei anche io per mezz’ora, specialmente in questa fase della mia carriera", ammette il musicista. E proprio in questo risiede il fulcro del suo ragionamento: la qualità di uno show non si misura in minuti, ma nell'intensità con cui si trasmette qualcosa al pubblico.
Niente effetti speciali, niente schermi giganti o trovate spettacolari alla Marvel, ma solo il fuoco vivo del rock'n'roll, una materia che secondo White non ha bisogno di artifici per restare autentica. "Anche solo uno show di 45 minuti, con la giusta energia e la voglia di ispirare, può lasciare il segno". Un monito contro l'omologazione dell'intrattenimento live, che sembra aver dimenticato l'importanza dell'essenzialità in favore di uno spettacolo sempre più gonfio e autocelebrativo.
La sua è una battaglia contro la spettacolarizzazione forzata, una rivendicazione della purezza del rock come espressione diretta, senza filtri. "Si tratta di un organismo vivo e vegeto", conclude White, ribadendo la necessità di riportare l’esperienza del concerto alla sua dimensione primordiale: un rituale collettivo in cui l’intensità dell’attimo vale più di qualunque maratona musicale.
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