Qualcosa si muove in casa dei
Mercury Rev, che non producono un disco di inediti da quasi dieci anni. Con il ricordo ancora fresco delle
session dell'ottimo “
Bobbie Gentry's The Delta Sweete Revisited”, raccolta di cover-omaggio alla musa del
country (“Ogni traccia vocale era stata registrata come fosse una recitazione sulle rive del fiume Hudson, ecco perché si sentono passare i battelli a vapore e abbaiare i cani", sostiene Jonathan Donahue), i Rev hanno anticipato a Mojo alcuni dettagli sulla lavorazione del loro prossimo album. "Siamo ancora una volta disallineati con un mondo orientato al pop, e questo può portare ad alcune notti insonni- osserva Donahue - Siamo semplicemente noi stessi, ma temiamo di rimanere sepolti sotto la valanga di TikTok e Spotify”.
Registrato in gran parte nell’ultimo anno presso lo studio Catskills della band, il nuovo disco della band di "
Deserter's Songs" è mixato da Peter Katis (
The National,
Interpol). Lavorando tra oggetti preziosi come il pianoforte, che il chitarrista Grasshopper ha acquistato dalla scuola elementare di Donahue, e il dipinto che adornava la copertina di “
All Is Dream” del 2001, i Mercury Rev non hanno fretta. "La gente vuole sapere che l'hai fatto in due settimane e che è venuto fuori magicamente dalle nuvole – dice ancora Donahue a Mojo - Forse siamo antiquati a pensarla così, ma per noi il tempo è un membro a pieno titolo della band. Alcune di queste registrazioni hanno impiegato un po’ di tempo per rivelarsi, quasi come un vento del deserto che soffia via la sabbia da una vecchia formazione rocciosa”.
Tra i musicisti impegnati nelle registrazioni, la nuova tastierista austriaca dei Mercury Rev, Marion Genser, che porta un po' della "sbiadita atmosfera Polaroid" di
Vangelis, e Jesse Chandler al pianoforte e al sassofono "fortemente riverberati, quasi astratti". Il contrabbasso di Martin Keith e i fiati a volte reali, a volte sintetizzati di Chandler e Grasshopper portano in dote un elemento psych-jazz notturno, mentre Jeff Lipstein, presentato ai Rev da David Johansen dei
New York Dolls, suona la batteria.
Dal punto di vista tematico, il disco vede Donahue alle prese con una profonda autoriflessione. “Non è il mio diario della pandemia e non è un elenco di denunce – afferma il leader - Sono gli schizzi e le increspature che ti innervosiscono prima che il tuo stagno interiore ritorni finalmente alla quiete. Comunque i fantasmi del nostro passato musicale sono sempre presenti”, conclude il
frontman dei Rev.