Un lavoro si definisce "classico" quando riesce a vincere il nemico principale dell'uomo: il tempo. Un classico vive fuori dal tempo, lontano dalle mode correnti, non invecchia, né ringiovanisce, rimane lì, fermo a risplendere di luce propria. Se dovessimo far ascoltare a un alieno appena sbarcato sulla terra cos'è il rock and roll, dovremmo forse tirare fuori un vinile dei Rolling Stones. Ma se volessimo mostrargli cos'è la musica rock, nell'accezione più ampia del termine (in riferimento cioè alle differenze con la classica e il jazz), allora molto probabilmente saremmo costretti a proporgli questo disco.
"Before And After Science" è la perfezione formale della musica rock. Potrebbe benissimo far bella mostra di sé in una galleria di arte moderna senza suscitare lo scandalo di nessuno. Per verificarlo, provate a far ascoltare questo lavoro a una persona che non l'ha mai sentito nominare. Poi fategli indovinare l'anno di pubblicazione. Non so quanti riuscirebbero a dargli quasi 28 anni. Questo perché per prima cosa Brian Eno è un produttore mostruoso, forse il miglior produttore della storia. La cosa che più sorprende è che la sua mano è così abile da sembrare invisibile. Questa è la sua vera, straordinaria abilità. Tutti sappiamo che in fase di registrazione si smussano gli spigoli, si fa "suonare" un disco più aperto, più compresso, più levigato, ed ecco che siamo tutti pronti a esclamare: "Si sente il tocco di..". Nei dischi di Eno questo non succede perché le sue creazioni, nel loro austero rigore formale, suonano così naturali da non sembrare affatto "manipolate", quando invece sappiamo che proprio nell'uso dello studio di registrazione sta una delle sue più grandi intuizioni.
Non c'è nulla di troppo o di troppo poco nelle sue canzoni, ma è tutto perfetto, sapientemente dosato. I dieci pezzi di questo disco sono altrettanti fotogrammi di cinquant'anni di musica rock, ciascuno con la sua personalità e col proprio sottogenere di riferimento. Ma Eno non è solo un freddo scienziato alle prese con l'analisi microscopica della tradizione, è anche un eccellente compositore, dotato di grande talento melodico insieme a qualche lampo di genio. Sapeva scrivere cioè belle canzoni. E' nell'asservimento di questo talento al rigore formale della teoria (dal talento stesso teorizzata) che risiede la magia di "Before And After Science". Se aggiungiamo poi che per la sua realizzazione Eno si circondò di musicisti del calibro di Phil Collins, Phil Manzanera (Roxy Music) e dell'immancabile Robert Fripp, e dei due "Cluster" Moebius e Roedelius, lascio a voi immaginare il risultato.
Le sincopi ethno-funk dell'iniziale "No One Receiving" anticiparono di qualche anno tutto quello straordinario movimento post-punk, meglio identificato anche come "white-funk", che imperversò nei club più alternativi di Inghilterra e Stati Uniti, e che portò una ventata d'aria nuova al ballabile moderno. Le contaminazioni elettroniche che distinguevano il funk "bianco" da quello "nero" derivavano tutte dall'opera di Eno, che in seguito riprenderà con più convinzione il concetto, prima collaborando a "Remain In Light" dei Talking Heads e poi duettando con David Byrne nello splendido "My Life In The Bush Of Ghosts". Ma qui c'è già tutto. Tutta l'irresistibile carica delle percussioni e della batteria di Collins, tutto il pulsare cavernoso del basso fretless, il ronzare impertinente del synth e quel cantilenare inconfondibile da sempre marchio di fabbrica del Brian Eno "canzonettaro".
Su questo genere "Kurt's Rejoinder" si spinge ancor più avanti, esibendosi in un tribalismo ultra-balbettante, trascinandoci negli inquietanti paesaggi notturni dell'Africa. Praticamente è un'anticipazione di ciò che saranno di lì a poco i Talking Heads.
Con "Backwater" si cambia completamente tiro. Si entra in territori più propriamente rock-pop. Una canzonetta irresistibile e trascinante, testimonianza della capacità dell'artista inglese di sfornare ritornelli appiccicosi come la colla, che non vanno via dalla testa. Questo è un genere tutto suo, una novelty allegra e spensierata, con un sapore mai banale, leggera ma sempre raffinata.
Altra sorpresa: "Energy Fools The Magician" è un intermezzo di due minuti, uno strumentale dove a far da padrona è la straordinaria batteria di Phil Collins, che scandisce il tempo di un orologio prossimo all'esplosione, che trattiene la sua forza proprio al momento di detonare. Oggi forse lo chiameremmo post-rock?
"King's Lead Hat" è la sua versione del rock "duro e puro", straniato da stacchetti di piano dissonante, battiti di mani nevrotici, giri di elettronica ipnotica, chitarre incendiarie. Un'altra canzone irresistibile, un altro ritornello da cantare come scatenati, un altro numero da artigiano-intellettuale del rock.
Se volete poi conoscere la perfetta canzone pop provate ad ascoltarvi "Here He Comes". Un brano di una trasparenza strabiliante, di una classe enorme, che potrebbe suonare per un'ora di continuo senza mai stancare. E' la raffinatezza portata ai massimi livelli, nell'ambito di un genere, il pop, spesso snobbato con troppa superficialità, ed etichettato come "basso". La lezione di Eno in questo caso ci mette in guardia dai pregiudizi, dimostrando che non è il genere, ma l'artista a determinare il valore di un pezzo.
A proposito di generi, come catalogheremmo "Julie With..."? Ambient-pop? Forse sarebbe la definizione più giusta per un brano che fa parte delle miniature nebbiose e soffici, nonché deliziosissime, di cui Eno è capace. Un'altra cosa che sa fare solo lui. Un suo marchio di fabbrica inconfondibile. Sono le famose "vignette", così eteree da essere quasi meno intrusive del silenzio. Di questa categoria fa parte anche il bellissimo strumentale "Through Hollow Lands", dedicato a Harold Budd, episodio sinistro e quasi narcotizzante, con la sua coltre di fumo elettronico e i suoi rintocchi di tastiera simili a un orologio metafisico. Se il punto interrogativo potesse suonare, forse suonerebbe così.
Veniamo ora al brano più famoso del disco, quella "By This River" voluta fortemente da Nanni Moretti nel suo film "La stanza del figlio". La solita atmosfera rarefatta, con Eno che canta in un tono dimesso e rassegnato, mentre il piano e le tastiere si accarezzano ricamando un tessuto preziosissimo. "By This River" è la pace dei sensi, uno sbadiglio d'anima, il raccoglimento, la calma. E anche un capolavoro.
A terminare il disco, la cui seconda parte è molto più rilassata della prima, è "Spider And I", un commosso augurio dissolto in nebulose cosmiche, quasi ad annunciare la nascita di una nuova era. Già, l'era del "dopo la scienza". Cosa c'è stato prima lo sappiamo, quello che è stato dopo anche, ma quello che sarà? Non lo sappiamo, ma di certo dipenderà anche da questo disco.
29/10/2006