Jérôme Reuter, uno degli artisti più prolifici in ambito neofolk, chiude il 2022 con l’ennesimo album di una discografia sterminata (il lavoro è stato anticipato da un paio di 7” usciti nel corso dell’anno). Il pericolo di ripetersi o di autocitarsi, ormai sempre più incombente (considerando che il suddetto genere non sembra più capace di rinnovarsi come un tempo), è stato ben aggirato soprattutto con il recente “The Lone Furrow” (2020), un prodotto pieno di eccellenti collaborazioni capace di (ri)lanciare Reuter anche al di fuori della sua fedele cerchia di appassionati.
Con “Hegemonikon”, Rome cerca ancora una volta di smuovere gli equilibri del passato, accantonando le energiche ballate che avevano contraddistinto il discreto “Parlez-Vous Hate?” (2021). Accompagnato dunque dai sintetizzatori e dal programming di Tom Gatti, il musicista lussemburghese rompe il ghiaccio (come preannunciato dalla copertina) mettendosi alla prova con qualcosa di meno elettrico, senza mai snaturare le proprie radici.
Sia chiaro, qui siamo lontani anni luce dall’ammaliante svolta synth del quotato collega Geoffroy D (aka Dernière Volonté), poiché “Hegemonikon” mantiene intatto quello spirito puramente neofolk fondamentale per le sorti del progetto: lo possiamo constatare nelle piacevoli “No Second Troy”, “Walking The Atlal” o “Solar Caesar”, tre composizioni decisamente in linea con le precedenti esperienze targate Rome.
Se con l’ariosa “Hearts Mend” il disco tenta di ripercorrere quei sentieri già battuti da un certo cantautorato new wave, la sperimentazione elettronica si fa strada tra le cupe note di “Icarus Rex” o nello spoken word di “Stone Of Light/Mer De Glace”, esempi lampanti (insieme alla minacciosa opener “A Slaughter Of Crows”) di un’esplorazione musicale che può anche raggiungere gli angoli più remoti e oscuri del suo interminabile viaggio: non a caso, il full-length ha un sottotitolo più che eloquente (“A Journey To The End Of Light”).
Viste le cristalline intenzioni, da Jérôme Reuter ci aspettavamo un po’ di spregiudicatezza in più, anche perché, a conti fatti, questo timido (ma non trascurabile!) “Hegemonikon” ha tutte le caratteristiche per essere bollato come un disco di transizione e non come un prodotto dai contorni ben definiti. Un’occasione non sfruttata al cento per cento.
08/12/2022