Califone

Roots & Crowns

2006 (Thrill Jockey)
alt-folk

Ologrammi di un passato contemporaneo, reperti di un futuro remoto. Radici e corone. Spiriti della terra che si nutrono di polveri astrali.
I confini di tempo e spazio in cui fluttua la musica dei Califone hanno contorni indefiniti come ombre di fantasmi. Folk e blues come dramatis personae, maschere ancestrali riportate in scena attraverso un processo di destrutturazione e ricomposizione: questione di vento e silicio, corde e laptop, Dock Boggs e Phil Elvrum.

Ecco allora il tema portante della nuova fatica dei Califone: “Unire quello da cui vieni – le tue radici – con quello verso cui ti sforzi di arrivare – il coronamento”. “Roots & Crowns”. A spiegarlo è la mente pensante dell’ ensemble di Chicago, Tim Rutili: “Al fondo di queste canzoni ci sono le memorie e le immagini passate al setaccio nel corso del processo”, aggiunge.
L’ispirazione trae origine dalle pagine di un romanzo dello scrittore canadese Robertson Davies, “The Rebel Angels”, ironica vicenda di pulsioni omicide all’interno del microcosmo universitario, in cui le ambizioni accademiche di una delle protagoniste si trovano a fare i conti con le radici di un’origine zingara: “le nuove canzoni riguardano proprio questo: da dove vieni, dove sei, dove stai andando”, spiega ancora Rutili.

Riappropriarsi della tradizione ricevuta in eredità, senza accontentarsi di una stantia riproduzione del passato: sin dall’inizio della loro carriera, è sempre stata questa la sfida dei Califone. Come una rinascita che ha in sé la densità della memoria, come la luce di un nuovo giorno che dissipa le ombre della notte: “In the morning after the night/ I fall in love with the light/ it is so clear I realize/ and now at last I have my eyes”. Non c’è da stupirsi, allora, che il brano maggiormente rappresentativo di “Roots & Crowns” sia proprio una cover: i Califone rendono omaggio alle influenze della loro musica con una trasognata resa di “The Orchids” degli Psychic T.V., che Rutili racconta di avere ascoltato senza sosta durante la lavorazione dell’album, trovando tra le pieghe di quella soffice melodia lo spunto per ricominciare a scrivere canzoni.

Dopo il tour di “Heron King Blues”, Rutili è tornato a dedicarsi per qualche tempo alla propria passione per le colonne sonore, già esplorata in passato nei due volumi di “Deceleration”. Una pausa che ha rigenerato le energie dei Califone, contribuendo alla nascita del nuovo disco della band americana, registrato tra Chicago, Los Angeles, Phoenix e Long Beach nell’arco di sei mesi con la consueta collaborazione di Brian Deck, al fianco di Rutili sin dai tempi dei Red Red Meat.
Brani nati da melodie canticchiate al volante e catturate dal registratore di un cellulare, suggeriti da conversazioni ascoltate per caso, costruiti su disordinate raccolte di loop e field recording, innervati di palpiti e fruscii trovati tra le mura dello studio: “Ci siamo presi il nostro tempo per plasmare e manipolare un collage di suoni maggiormente sperimentale e tradurlo in solide melodie e in strutture di canzoni più concise”, racconta Rutili. E, a quanto pare, da “Roots And Crowns” è stato scartato abbastanza materiale per riempire almeno altri quattro dischi…

I tribalismi ritmici di Ben Massarella introducono il ribollente incipit di “Pink And Sour”, trafiggendo uno scheletro blues di schegge elettriche fulminee come pallottole vaganti. Ma subito il tono si distende inaspettatamente con “Spider’s House”, una delle composizioni più lievi ed ariose mai realizzate dai Califone, con il prezioso contributo di una sezione di fiati presa in prestito dagli amici Bitter Tears e con un pianoforte reso acuminato dall’uso di nastro adesivo e graffette applicate alle corde.
Tra le ombre scarne e vibranti delle chitarre acustiche che guidano i mosaici di brani come “Sunday Noises” e “Our Kitten Sees Ghosts”, a spiccare sono i clangori e le distorsioni della tagliente “A Chinese Actor”, accanto alle deviazioni ed ai cambi di ritmo di “Black Metal Valentine”, incalzante rassegna di drumming plastico e sibili sintetici. Invenzioni percussive e chitarre frastagliate, insieme al mormorio brumoso di Rutili, avvolto dall’accompagnamento di diafani cori, sono il tessuto connettivo di “Roots & Crowns”, che i Califone immergono in una costante nebulosa di indecifrabili interferenze.

La danza atavica di un violino folk accompagna il breve intermezzo strumentale di “Alice Crawley”, lasciando spazio alla voce d’oltretomba ed ai battimani zombie di “Rose Petal Ear”. Ma è con “3 Legged Animals”, nuova versione di un brano scritto originariamente da Rutili per il thriller-horror “The Lost”, che l’equilibrio formale raggiunto da “Roots & Crowns” arriva a conquistare davvero una compiutezza degna degli Wilco, tratteggiando un desiderio di rinascita che sembra scaturire dalle tracce di “A Ghost Is Born”: “Leave your memories, we’re almost new/ sleep for me sleepless/ dream for me dreamless”.
“Roots & Crowns” si pone così come il vertice di un itinerario sotterraneo nel cuore della musica americana. Nelle atmosfere notturne di “Heron King Blues” filtra un inatteso spiraglio di luce, nelle sfaccettate frammentazioni di “Quicksand/Cradlesnakes” si fa strada una nuova coesione: il tempo del coronamento, per i Califone, giunge come la fioritura di un albero il cui frutto si riconosce dalle radici.

16/10/2006

Tracklist

1. Pink And Sour
2. Spider’s House
3. Sunday Noises
4. The Eye You Lost In The Crusades
5. A Chinese Actor
6. Our Kitten Sees Ghosts
7. Alice Crawley
8. The Orchids
9. Burned By The Christians
10. Black Metal Valentine
11. Rose Petal Ear
12. 3 Legged Animals
13. If You Would

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