John De Leo

Vago Svanendo

2007 (Carosello Records)
avant-pop

John De Leo si lascia alle spalle i Quintorigo, uno dei più interessanti gruppi italiani degli ultimi anni e imbocca la via della carriera solistica. C'era una certa attesa per questo suo primo "Vago svanendo", ma almeno negli ambienti internettiani pochi sembrano esserselo filato.

Pure io, da ammiratore ma manco maniaco dei Quintorigo, mi degno di ascoltarlo solo ora. Ammetto che il mio primo pensiero, a pochi minuti dall'inizio, è stato "potevi restartene nei Quintorigo". Mica che il disco sia brutto, ma non si allontana granché dal nervosismo pop-cameristico del gruppo.
Ma è solo una prima impressione: in "Vago svanendo" emerge - abbastanza a sorpresa - una notevole cura dei testi, che fa il paio con una vena cantautorale frizzante, lucidamente stralunata. I modelli parrebbero essere Capossela e il De André di "Ottocento" con i loro accostamenti nonsense di registri, immagini pittoresche, evocazioni retrò. Si parla di evaporazioni, vele al vento, svolazzi, cartapesta e carnevali: i testi descrivono da soli lo stile brioso, "svaporato" del disco e questo la dice lunga sulla consapevolezza che ci sta dietro.

L'altro (ovvio?) protagonista del disco è la voce. Ogni pezzo è, anche al suo interno, un flusso instancabile di timbri, ventriloquismi, espressionismi dei generi più svariati. A differenza di altri virtuosi in qualche modo accostabili (Stratos, Patton), De Leo è uno che sa recitare: lo stile è artificioso, ma mai freddo o gratuito.

I pezzi sono ben costruiti, dribblano con classe il banale cercando il connubio tra fantasia, sperimentazione e orecchiabilità. L'impresa riesce e con grande leggerezza: "Vago svanendo (lasum sté)", "Tilt (c'è Mattia?)", "Spiega la vela", "Bambino marrone" sono canzoni tanto divertenti (o suggestive) quanto acute nel loro continuo mettere al centro la forma, lo slittamento di significato e il gioco musicale/linguistico. De Leo è ambizioso, mostruosamente calcolato - ma non lo fa pesare.

Peccato solo che, tra doppi brani introduttivi, ghost track, facezie in inglese il disco finisca per contenere più "riempitivi" (non che si buttino via, sia chiaro) che più sostanziose canzoni. Certo, la forma è contenuto e il divertissement è la quintessenza del divertimento, ma provato l'antipasto vien fame e si avrebbe voglia del piatto principale, più che di continui assaggini...

17/04/2008

Tracklist

  1. Intro: 4 Piano Notes
  2. Freak Ship
  3. Vago svanendo (lasum sté)
  4. L'uomo che continua
  5. Canzo
  6. Tilt (C'è Mattia?)
  7. Spiega la vela
  8. Big stuff
  9. Bambino marrone
  10. Le chien et le flacon
  11. Sinner

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