Egle Sommacal

Legno

2007 (Unhip)
folk strumentale

Innegabile il talento di Egle. Innegabile fin dai tempi in cui prestava la sua chitarra agli indimenticati Massimo Volume. Ed oggi che abbiamo tra le mani “Legno”, disco per sola chitarra che in 8 strumentali passa in rassegna le storie di una vita, ci pare quasi ovvio che uno come lui abbia fatto un disco del genere. Un disco che pesca a piene mani nello scrigno dell’American primitive guitar, esorcizzando, di rimando, i fantasmi interiori nell’intimità di tessiture ora diamantine, ora crepuscolari. Peccato solo che, a conti fatti, non ci sia stato dato di gridare al miracolo, cosa sempre più difficile di questi tempi, anche se, inutile negarlo, un po’ ci speravamo. Poco meno di quaranta minuti e tutto quello che ci resta è la sensazione che il Nostro si sia, come dire?, leggermente trattenuto, giocando al ribasso quando avrebbe, forse, potuto fare la voce grossa, evitando di cadere nel solito tranello, ovvero di andare solo a rinfoltire il gran numero di seguaci, più o meno convinti, più o meno degni, di Fahey, Basho e compagnia bella.

Non ce ne voglia il buon Egle, di cui ancora conservo uno splendido ricordo a base di chiacchiere in libertà, pasta al tonno e musica in una Bologna rovente dell’agosto ’97. Non ce ne voglia, perché la stima è intatta, sempre e comunque. Perché, dopotutto, abbiamo riconosciuto in “Legno” l’onestà artistica che lo contraddistingue ed è per questo, ma non solo, che è quasi doveroso accostarsi ad esso, nonostante tutto. Sapeva di rischiare qualcosa, perché “Gli avamposti sono minati”, perché la purezza in solitaria del fingerpicking è materia apparentemente facile da gestire, invero pregna di pericoli, di minacce.

Corde, allora. Corde accarezzate che in piena libertà delineano orizzonti su orizzonti, nonostante la familiarità del raggio d'azione e il volto amico dell'ispirazione. La linea della narrazione è a tratti incerta, come debilitata da pensieri gravi, affanni insondabili, anche se la superficie mostra un volto pacificato (“Lo spirito dietro al palo”). Le mutevoli screziature di “Io, te e il tuo cellulare”, brano che scorre lungo una sottile linea progressiva, ed il tepore di “Sabbia” circoscrivono territori spirituali, fungono da pagine bianche su cui vergare parole immaginarie, tratteggiare linee o fantasticherie.

Così, la dimensione sotterranea dell'opera s'increspa, ardimentosa, in “Nemici”, mentre “Cancellato” ha un andamento claudicante, sofferto ma non rassegnato, anzi percorso da una tensione subdolamente ironica. Andiamo avanti, seguiamo il passo, ma non ci divertiamo più di tanto. Difficile ammetterlo, lo so. Tuttavia, “Alla fine della fila” e “Club del cuore fossile” stanno lì anche per dirci che il viaggio è appena cominciato e che la poesia ha sempre frecce al suo arco. Non disperiamo, dunque.

22/02/2007

Tracklist

1. Gli avamposti sono minati
2. Lo spirito dietro al palo
3. Io, te e il tuo cellulare
4. Sabbia
5. Nemici
6. Cancellato
7. Alla fine della fila
8. Club del cuore fossile

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