Catturato dal video di "Mercy", il singolo uscito a fine febbraio, non mi sono lasciato sfuggire l'esordio discografico di questa cantante gallese, fino a ieri sconosciuta sul mercato mondiale, ma già attiva nel Regno Unito con un Ep uscito nel 2004 ("Aimee Duffy").
Il singolo "Mercy" è un concentrato di sonorità anni 60, soprattutto soul e r'n'b, con tanto di ballerini presi dai soul club inglesi a fare da coreografia nel video.
Con un po' di malizia ho pensato subito agli eterni dualismi creati in varie epoche nella musica pop e rock inglese (Beatles-Rolling Stones, Blur-Oasis...) dove Duffy (nome di battesimo completo Aimee Anne Duffy, da non confondere con l'omonima bionda texana!) sarebbe stato il perfetto contraltare di quella Amy Winehouse balzata agli onori sia per i suoi dischi che strizzano l'occhio al soul tradizionale, sia per fatti di cronaca poco edificanti. E in effetti, sempre volendo ragionare con malizia, gli ingredienti per le solite dispute tra critici e fan, tipici della terra d'Albione, ci sono tutti. Ci troviamo infatti di fronte a un personaggio che potremmo classificare come la classica brava ragazza di provincia, diventata famosa grazie alla partecipazione a un reality show musicale e poi approdata alla ribalta mondiale, grazie a un duro lavoro (e alle importanti collaborazioni con personaggi come Bernard Butler, ex chitarrista dei Suede, e alcuni personaggi manageriali che in passato hanno ruotato intorno ai Pil di Johnny Rotten). Quindi, come si diceva, il perfetto contraltare mediatico alla scapestrata e già famosa Winehouse.
Al di là di queste note di colore, però, l'ascolto di "Rockferry" lascia piacevolmente sorpresi. Il disco, infatti, non si limita a scimmiottare il soul americano degli anni 60 (che sembra stia tornando di moda), ma è un buon concentrato di pop music, comunque influenzato fortemente dalla tradizione blues, con buoni arrangiamenti orchestrali e una voce indubbiamente piacevole e valida dal punto di vista tecnico.
Si passa così da brani dall'atmosfera rilassata e sognante come la title track "Rockferry", "Stepping Stone" e la conclusiva "Distant Dreamer" (dove la giovane gallese mette in mostra le sue buone doti tecniche), a pezzi decisamente intrisi di blues, come "Warwick Avenue" e "Syrup & Honey" (con una chitarra ritmica che sembra uscita dal manuale del perfetto bluesman) a pezzi romantici, ma ballabili come la già citata "Mercy" (ritmica sincopata, cori, organo elettrico in sottofondo), "Hangin On Too Long", che sembra uscita dai microfoni delle regine del soul, "Delayed Devotion" e "Scared", dove la delicatezza vocale e i tappeti orchestrali formano la quintessenza del pezzo pop.
Un disco eclettico, insomma, meritevole di più di un ascolto, dove oltre ai riferimenti classici della black music degli anni 50, 60 e 70, si possono trovare le tipiche influenze della musica pop inglese dell'era post-punk e la dolcezza cantautoriale alla Norah Jones.
Non c'è da gridare al miracolo, anche perché all'interno di queste coordinate stilistiche piuttosto vintage, ormai non si inventa più nulla, ma questo disco si merita una sufficienza piuttosto ampia e la carriera di Duffy, già premiata con il disco di platino in Uk (da noi il disco è uscito con oltre un mese di ritardo, stranezze della globalizzazione), merita di essere seguita con attenzione.
20/04/2008