Neopsichedelici, votati al pop barocco, crescono e stupiscono.
Evangelicals, quartetto da Norman, Oklahoma, a occhio giovanissimi, ripetono la fortuna del già buon esordio battistrada “So Gone” del 2006. Questo nuovo "The Evening Descends" è una sarabanda circense, temprata nel miraggio nostalgico e rinfocolata nel delirio collettivo.
Il combo statunitense offre la più credibile, recente commemorativa incursione nella difficile arte del sogno-pop di questi tempi; appagano la nostra smania di abitare mondi ideali in cui risvegliare, esaltare talenti innati, soffocati dalla routine quotidiana.
"The Evening Descends" agisce così favorendo pendenze oniriche, sospendendo ogni incredulità, insinuando e penetrando rovine d’Arcadia infinite e attonite, in una dimensione da favola.
Percepibili, nell’atmosfera senza gravità del disco, quei pollini "Flaming Lips" nella propria decisiva svolta, in quel definitivo “fuor di senno” che è stato “Zaireeka”. Evangelicals ne appaiono l’avida, delirante e plurale corporeità evasa da spazi convenzionali, mostrandosi altrettanto scaltri e intrepidi, (improb)abili tinteggiatori di materia fantastica.
Con noi a rimorchio, confusi e attoniti, si addentrano sicuri in queste macerie stregate dai colori vivi e accesi, rivitalizzandole sino ad appropriarsene.
Essi fomentano un delirio dei sensi in suadenti balletti orchestrali e giri armonici; incitano la fantasia più "desiderante" attraverso imprevedibili cantilene armoniche, fervide e fastose, evocative e straniate.
"The Evening Descends" incarna e schiera così una sequela di canzoni irresistibili, ricavate da un dialogo audace col flusso onirico informe e onnisciente, lo stesso che s’impossessa di noi quando ci assopiamo o vagheggiamo; che si rinnova negli occhi di ogni visionario.
Brani travolgenti e surreali, febbrili e dimenati come “Stoned Again”, “Snowflakes”, “Bellawood”, “Paperback Suicide”, ora esuberanti, ora placidi, esprimono effusioni e desideri, miraggi e risvegli, incubi passionali e terrori atavici.
Nei loro voltaggi-volteggi cinematici di chitarre e tastiere, voci sbigottite in delirio come esorcismi e percussioni a ruota, si diramano e si avviluppano in un’incessante propaggine di materia fantastica.
Si susseguono atmosfere levigate e melodie screziate, esaltate in timbri smeriglio; linee strumentali simili a vortici rutilanti lambiscono ultramondi in colori inusitati, percepiscono visioni sconfinate, castelli nell’aria, scie di cometa.
07/03/2008