Sdilinquirsi o diffidare: ecco le reazioni più frequenti che un disco come questo suscita nel critico frettoloso e oberato. Per cui, in attesa che l'ennesimo "miracolo italiano" metta all'asta l'unica cosa che ho di mio oltre al tempo - il culo - noi vediamo di prendercela comoda e fare un po' di chiarezza. Innanzitutto: l'operazione è furba, ma non cinica. Anche se sembra confezionata su misura per aizzare le forche caudine di chi il cinico, ormai, lo fa per mestiere.
Come in una commedia di Oscar Wilde, lei è bionda, appetibile e figlia d'un Sir, il partito ideale per le fauci di una multinazionale come la Virgin. Ma nient'affatto sprovveduta: se pensate che ha diciott'anni, due Ep e un album già battezzati, una fama rapidamente consolidatasi in patria fra Myspace e Nme e un talento, in prospettiva, imbarazzante (a quell'età Cat Power, tanto per fare un nome, sapeva sì e no strimpellare la sua Silvertone). E che proprio non riesca a prendere sul serio l'assurdo baraccone che le hanno costruito attorno ancor prima di cominciare, si può dire, e che potrebbero demolire con la stessa disinvolta facilità, lo lascia intendere nei testi: filastrocche ironiche e disincantate, paradossali e, talora, un pelino macabre o irreligiose.
Musicalmente, poi, "Alas, I Cannot Swim" è una specie di patchwork damascato nel cui disegno convivono spensieratamente armonie nashvilliane e britpop orchestrale, velature finto analogiche e interludi lo-fi (pioggerelline, uccellini che cinguettano e risolini assortiti). In miracoloso equilibrio negli episodi più riusciti, "Ghosts" e "You Are No God", dove l'operetta albionica incrocia il western swing, appena più stucchevole nella piccola strumentazione da camera di "Tap At My Window" (archi e contrabbasso) e "Failure" (cui s'aggiungono il piano e gli ottoni), a metà fra Joni Mitchell ed Elton John. Raffinata nella serenata lounge-pop di "Old Stone", rococò, addirittura, nella corale/cameristica "Cross Your Fingers" (quasi degna dei Move/ELO). A suo agio anche in vesti più succinte e dimesse come "My Manic And I", minuetto per voce, chitarra e gocce di piano, una murder ballad comica e stralunata come uno sketch di Benny Hill e la toccante "Shine", picking appalachiano con ritornello vibrato su melismi singhiozzanti.
E se la cavalcante "The Captain And The Hourglass" è una specie di effimera "Bang Bang" del nuovo millennio, "Your Only Doll (Dora)", con la sua reprise da ghost track, è una bossa/lieder che fa presagire all'orizzonte un'alba più adulta e compiuta.
Un po' di pazienza, però: lasciamola crescere, farsi le ossa, perdere tutto e trovare se stessa e poi, magari, riconquistarselo. La stoffa c'è.
16/04/2008