E da dove saltano fuori, questi qui? Con quel nome un po' così, poi! Ma chi si credono di essere?
In effetti, Mitochondrion è nome particolare, ma c'è di peggio. O di meglio, dipende dai punti di vista. Fatto sta che i canadesi Shawn Haché (voce, chitarra), Nick Yanchuk (voce, chitarra, basso), Karl Godard (batteria, tastiere) e Nick Gibas (basso) non è che ci abbiano pensato più di tanto. Al moniker da scegliere, intendo. Nati nel 2003 in quel di Victoria, nella provincia canadese della Columbia Britannica, si presentano due anni dopo con un omonimo demo ancora acerbo (pur se con un paio di brani lungimiranti: "Tormented Invocational" e "In The Reign Of Tusk"), seguito dall'Ep "Through Cosmic Gaze". Poi, il botto.
Figlio del cosiddetto "war metal" (in pratica, un death-metal dalle tinte black, attraversato da un efferato senso di ostilità e forte di un pronunciato appeal "militaristico" - il drumming, spesso e volentieri marziale, di Godard non mente...), "Archaeaeon" (sottotitolato "Eternal Age Of The Ancient Ones: Fornix Ferreus Scientiae Mortis") è un assalto di epiche proporzioni che riparte dal caos allucinogeno dei Portal per spingersi dentro abissi di pura entropia sonica.
Pubblicato in totale indipendenza, "Archaeaeon" è, in campo di estremismo metal, una delle massime espressioni degli ultimi anni, forte di una sintesi sonora e di una visione d'insieme davvero ragguardevole. Il manifesto della loro epica devastazione è "Into The Pit Of The Babel": riff colossale, voragini di orrore, call & response demoniaci, batterismo incalzante. L'atmosferico intermezzo acustico apre uno spiraglio evocatico, quasi ci fossero di mezzo dei Nile un attimo lontani dai loro scenari egizi, come accade anche nell'interludio marziale di "Descent...", in cui le tastiere (usate occasionalmente anche altrove) aggiungono quel tocco di lirismo esplicito che contribuisce ad allentare un po' l'impressionante tensione emotiva dell'opera.
Naturalmente, l'impeto visionario del loro gesto sonoro non può prescindere dai conterranei Gorguts del fondamentale "Obscura", ma qui c'è una volontà annichilente ben più anarchica, come dimostrano i raccapriccianti gorghi lisergici e le convulse disarmonie dentro cui precipitano alcune delle loro più tempestose partiture: "Agonizing (In The Shadow Of The Hammerblow)" (attacco al cardiopalma, sconquassi atonali in spirali luciferine, strappi fantascientifici très Mithras, per uno dei brani più incazzati in cui vi capiterà di imbattervi), "Eternal Contempt Of Man" (intro epico, veleno "brutal" in frenetica propagazione, convulse scomposizioni ritmiche), la diluviante "Akashic Predation" (con picchi gore-grind e smerigliature dissonanti) e "Infernal Weapons Summons" (implosioni soniche, de-localizzazioni spacey e truci bombardamenti a tappeto - con le chitarre che paiono davvero "ricaricarsi"! - preludio a un imponente decelerando).
Sono brani-allucinazione, olocausti miasmatici assoggettati a un misticismo degradato, protesi verso la realizzazione di un caos astratto. Insomma, come egregiamente scritto da un net-friend, questi sono i Gorguts che rifanno i Blasphemy per gli extraterrestri! Dopo l'attacco in corsa, "Oath In Defiance" mostra un volto matematico, tutto stacchi e ripartenze velocissime, diversioni turbinanti e cacofonie spietate, prima di lanciarsi in uno stacco delirante con urla belluine che fanno molto checca-heavy-metal presa a badilate in bocca. Ma è "Wraithlike" il momento "assoluto" del disco. Progressivo negli sviluppi e drammatico fin nel midollo (con crolli e rinascite a ripetizione, fino al crescendo-apoteosi finale che si allunga a lambire una lacerazione psichedelica, una risoluzione che è un vero e proprio "passare oltre" – cfr. l'improvviso cambio di registro a 7:08, con assoli convergenti verso un unico, visionario punto di fuga e la portentosa - direi commovente - ascesa militaresca della batteria nell'indimenticabile coda), lo sviluppo del brano racchiude in sé tutto il talento di una formazione assolutamente fenomenale. Riuscendo a sintetizzare sprazzi di purissima disperazione nel bel mezzo di un travolgente uragano di efferatezze, "Wraithlike" chiarisce tutto il senso della operazione "Archaeaeon".
Come in una redenzione che va consumandosi lentamente, però, la band finisce per allentare, man mano, l'impatto torrenziale del suo barrage sonico. "137 (Death's Hendecaratia)" è, così, un poderoso, asfissiante numero death-doom con un rantolo iper-gutturale e un'atmosfera thrilling che aprono il varco verso un'altra delle influenze fondamentali del trio, gli Incantation.
I puristi più incalliti, invece, sono rimasti interdetti dinanzi all'harsh-noise di "Organum Exitus", ma è quanto di meglio i tre ragazzi potevano immaginare per concludere un viaggio così terrificante. Un modo esemplare per raffigurare, direi quasi "stilizzare", mediante la semplice contrapposizione di feedback, distorsioni, urla sparse e cacofonie assortite, quel "caos astratto" verso cui tutta la loro musica si spinge, come risucchiata da un baratro galattico.
12/06/2010