Basta ascoltare qualcuno degli innumerevoli progetti di Greg Weeks per farsi l'idea che un disco brutto non lo inciderà mai. A meno di trauma cranico, folgorazione sulla via di Damasco o rapimento alieno, è lecito ritenere che si crogiolerà in eterno nella malìa psychprogfolk che anima i lavori di Espers, Fern Knight, Mountain Home e via dicendo. E chi se la sente di lamentarsi.
A questo giro, Weeks si butta totalmente sul Floydiano alla "Animals". Chitarra acustica, intrecci di synth dilatatissimi e quelle armonie malmostose che davano alla triade "Dogs"/"Pigs"/"Sheep" il suo mood piovoso, rassegnato. In salsa vetero-albionica, beninteso, e conditi di tremolo, riverberi e fuzz a volontà.
Funziona? Certo che funziona. D'altra parte "So Far", intensissimo LP dell'anglo-belga Bob Theil datato 1982, sfruttava una ricetta molto simile. Weeks compensa la mancanza di coinvolgimento con una classe rara, ma è inutile negarlo: il risultato non è paragonabile.
Fila tutto in "The Hive", ma non lascia il segno. Le undici tracce sono evocative, nostalgiche al punto giusto, ma mancano di quella concisione che le avrebbe potute rendere memorabili. Curioso, trattandosi perlopiù di pezzi di due-tre minuti, che riescono a condensare in un tempo così breve un forte senso di dilatazione, stagnazione. Weeks si perde troppo nel gioco dei timbri, dimenticandosi di dar peso agli elementi centrali della forma-canzone: melodie, strofe, ritornelli.
Non mancano comunque alcuni colpi da maestro: "Borderline" di Madonna messa in minore e caricata di un'indolenza degna dei Nirvana, "Burn the Margins" che sconfina nei territori est-europei di Mr. Steven R. Smith, "Funhouse" che riscopre il fascino antico delle murder ballad.
"The Hive" è un episodio marginale tra le molte produzioni di Weeks: per quanto pregevole, non è il migliore punto di partenza per avventurarsi nella musica della Espers Family.
21/12/2008