Ci sono artisti che, anche dopo trent'anni di carriera, hanno ancora voglia di mettersi in gioco. Uno tra questi è Bernard Sumner, che una volta concluso il percorso con i New Order - prima ancora c'era stata la breve ma intensa avventura dei Joy Division - ha deciso di andare avanti con una nuova band, che prende il nome in prestito da un film di Abel Ferrara (noto in Italia come "Il cattivo tenente") con Harvey Keitel nei panni del protagonista.
Chi segue con attenzione la carriera di Bernard conosce bene anche il suo interessante side-project dello scorso decennio, ovvero gli Electronic: in sostanza un duo con l'ex chitarrista degli Smiths Johnny Marr, ma con importanti contributi di ospiti di lusso come Karl Bartos dei Kraftwerk (tastierista e co-autore di diverse canzoni contenute nel secondo album "Raise The Pressure") e Neil Tennant dei Pet Shop Boys - che ha prestato la propria voce per due hit singles come "Getting Away With It" (che è stato successivamente riproposto da Skin e incluso all'interno della ristampa del suo primo lavoro solista "Fleshwounds") e "Disappointed". Senza mai allontanarsi troppo dallo stile inconfondibile dei New Order, con gli Electronic era emersa un'anima rock (specialmente in "Twisted Tenderness") che abbiamo ritrovato negli ultimi due lavori della band di provenienza: nella nuova alchimia c'era dunque un che di nuovo che ben si intrecciava con le solite tastiere e le algide drum machine.
Questa volta il legame con i New Order è più stretto: nella nuova formazione, infatti, è presente anche l'ex Marion Phil Cunningham, che negli ultimi tempi aveva sostituito Gillian Gilbert. Tra i musicisti c'è anche il fido batterista Stephen Morris. Jake Evans, invece, è un cantante e chitarrista proveniente dai Rambo And Leroy, una band di Macclesfield - dove nacque Ian Curtis. La sua voce, che nel corso di "Never Cry Another Tear" si alterna a quella di Bernard, manca forse di personalità (tant'è che a volte sembra di ascoltare un Noel Gallagher più "a modo") ma è in grado di inserire un ingrediente "britpop" al succulento menù offerto. Dal pop britannico dello scorso decennio arriva pure il contributo al basso di Alex James dei Blur (freschi di reunion).
Come suona questo primo disco? Sin dalle prime note del singolo "Sink Or Swim" un fan di lunga data dei New Order si sentirà a casa: il gusto per le melodie accattivanti non ha affatto abbandonato Sumner, e gli aficionados ritrovano riff che non sfigurano accanto a canzoni come "All The Way" da Technique, o ad episodi dei più recenti "Get Ready" e "Waiting For The Sirens' Call".
Eppure, allo stesso tempo, si può notare subito qualche novità piacevolmente in controtendenza: proprio mentre le nuove band sembrano preferire le tastiere alle chitarre (lo abbiamo avvertito dalla recente svolta electro degli Yeah Yeah Yeahs, ma anche ascoltando il più recente lavoro degli Editors e il nuovo singolo degli Snow Patrol) in questo disco queste ultime, sia elettriche che acustiche, sono in bella evidenza. Non è raro imbattersi, nel corso delle dodici tracce - che diventano quattordici nell'edizione limitata, disponibile con un digipack cartonato - in un pianoforte, o finanche in un mandolino, in contrasto con una batteria elettronica.
L'album rappresenta una sapiente summa delle sonorità made in Great Britain degli ultimi vent'anni. "Twist Of Fate" può far venire in mente gli ultimi Electronic, ma anche alcune canzoni dei Garbage. Funzionerebbe molto bene come singolo radiofonico "Summer Days", brano baciato da un ritornello indovinato e una ritmica travolgente che va a recuperare addirittura certe sonorità baggy (ricordate la scena Madchester dei primi anni Novanta? Gli Stone Roses di "I Am The Resurrection"? O gli Happy Mondays?). Si sente la mancanza del basso di Peter Hook, eppure "This Is Home" potrebbe essere tranquillamente non solo un pezzo dei New Order, ma addirittura dei Monaco (non a caso uno dei vari "progetti paralleli" del bassista).
Non mancano all'appello neppure ballate come "Running Out Of Luck" e "Runaway" e citazioni rock come quella di "Won't Get Fooled Again" degli Who - si noti l'organo in "Dynamo", che pur essendo un brano tra i più ambiziosi dell'intera scaletta lascia purtroppo poche tracce nella memoria. C'è un problema simile anche in "Poisonous Intent" (che richiama stavolta i tempi di "Republic"), cui manca un vero e proprio hook. Vale senz'altro la pena citare altre due canzoni, ovvero "These Changes" (cantata interamente da Evans, potrebbe appartenere agli ultimi Oasis o ai Doves) e "Walk On Silver Waters". C'è comunque molto riempitivo, specie nella seconda metà dell'album.
Le bonus tracks si rivelano tutto sommato senza infamia né lode e nulla aggiungono a un lavoro che da una parte conferma il buono stato di salute del talento compositivo di Bernard Sumner, ma dall'altra si rivela troppo in bilico tra la voglia di guardare avanti e continui (forse un tantino eccessivi) deja vu. Ma siamo alla prima prova discografica e attendiamo di capire cosa vorranno fare, i Bad Lieutenant, da grandi.
20/11/2009