Proprio quando tutto sembrava sul punto di collassare in sé stesso, dopo il fragoroso fallimento dell’esperienza con la major Mute e un assottigliamento d’organico, i californiani Warlcocks sono approdati alla Tee Pee e hanno realizzato nel 2007 quello che a conti fatti può essere considerato il loro disco più ferocemente bello e significativo, “Heavy Deavy Skull Lover”, un mastodontico affresco sonoro o zibaldone caotico capace di condensare al proprio interno esplosioni psichedeliche e interminabili odissee nello spazio, elegie cimiteriali e bestiari onirici alla Hieronymus Bosh, trascrizioni di incubi indicibili e indecifrabili utopie senza tempo. A due anni di distanza tornano a farsi di nuovo vivi, con un nuovo lavoro, “The Mirror Explodes”, che prosegue e sviluppa in direzioni sensibilmente diverse (ma comunque coerenti) quanto già sperimentato dalla band.
La cifra del gruppo rimane facilmente identificabile e può essere agilmente descritta come un imponente wall of sound nel quale le chitarre secernono spessi bozzoli di suono in cui la mente si raccoglie in un sonno letargico e visionario, cullato dal rintocco regolare e risucchiante di ritmiche ipnotiche e minimali. Nella pasta sonora della band si ritrova tanto l’esoterismo iniziatico dei gruppi kraut-rock (soprattutto Can e Amon Duul) quanto le derive più slabbrate e deliranti dello shoegaze (soprattutto Spacemen 3 e Loop), sullo sfondo delle quali si staglia lo scenario luminoso di quella primitiva psichedelia californiana delle origini (da Timothy Leary a Rocky Erickson) che oggi, in misure diverse, si ritrova in gruppi molto vicini ai Warlocks, come Black Angels o Brian Jonestown Massacre.
Le otto nuove composizioni presentano un piglio più etereo e sfuggente e disegnano un ambiente ovattato e sospeso, nel quale arpeggi diafani di chitarra e cascate argentine di suoni fluidi e liquescenti si riversano sulla mente dell’ascoltatore innescando un lunghissimo viaggio, in bilico tra il simbolismo più arcaico e le ardite costruzioni di una pische manomessa. Parlare dei singoli brani avrebbe poco senso, l’album va gustato nella sua interezza, lasciando rifluire ogni singolo momento in quello successivo, attraverso una lenta catena di epifanie e instabili apparizioni. Tra i momenti più significativi annotiamo, ad ogni modo, “The Midnight Sun”, il bellissimo blues velvettiano di “There Is A Formula To Your Despair” e i bagliori oscuri di “You Make Me Wait”.
“The Mirror Explodes” si presenta dunque come un disco che saprà entusiasmare gli estimatori della band così come, più in generale, i cultori di psichedelia e affini. Forse non al livello del suo predecessore, l’album rimane comunque un ascolto straordinariamente ricco di stimoli e suggestioni, e pezzi come la finale “Static Eyes” sono proprio qui a dimostrarlo.
12/06/2009
1. Red Camera
2. The Midnight Sun
3. Slowly Disappearing
4. There Is A Formula To Your Despair
5. Standing Between The Lovers Of Hell
6. You Make Me Wait
7. Frequency Meltdown
8. Static Eyes