Era stato facile pronosticare, ormai un anno fa, la prossima firma della band di Newcastle per un'etichetta, tanto che, qualche mese dopo, non aveva stupito la notizia di un loro esordio sotto l'ombrello Bella Union. Ben tre Ep all'attivo, un sound, se non originalissimo, perlomeno attuale nella scena britannica di oggi, qualche canzone di facile presa: ecco che l'uscita di "Gracious Tide, Take Me Home" viene programmata per dopo l'estate di quest'anno.
Il tema principale del disco si allontana un po' dalle timidezze folk, dalla naiveté degli esordi, ma, un po' deludendo, la band sembra aver accumulato una pesante freddezza e una certa affettazione del suo bagaglio emotivo, nonostante il tentativo di studiare arrangiamenti più misurati, di architettare variazioni anche nelle riproposizioni del repertorio precedente.
Bando quindi alla cassa battente, ruspante della vecchia "A Kingdom", spazio a un più raffinato movimento di spazzola, la quasi sgraziata, nervosa malinconia della prima "If I've Been Unkind" - che nel finale si trasfigura - rimpiazzata dalla pretenziosità. E guai a ripresentare quella "You Need Better" che era forse la loro canzone più riuscita, pur nella banalità del testo, ma non dell'arrangiamento, contraltare "pieno" - almeno si intravede un riff! - alle rarefazioni elettroniche di pezzi come "Lungs Quicken".
In "Gracious Tide, Take Me Home" gli espedienti strumentali più frequenti diventano la progressione sigurrosiana ("Tricks", la nuova "A Kingdom", "I Love You, Sleepyhead") e il quasi trip-hop creato dall'interazione di beat-box ed effetti sintetici, associata alla voce vagamente dolente di Hazel Wilde ("You're Almost There", "Lungs Quicken"). Come constatato anche dal vivo, la lead guitar sembra uno strumento da suonare esclusivamente con l'archetto...
Una decisa involuzione artistica, un'esagerazione che sa tanto di ricerca di uno "status symbol" artistico, col quale però la musica dei Lanterns On The Lake si appesantisce fino a diventare puro esercizio narcisistico.
10/09/2011