Fra i tanti seguaci della corrente più mistica dell'ambient elettronico, Stefano Musso aka Alio Die è uno dei più prolifici, con i suoi circa cinquanta album dal 1990 a oggi e l'enorme numero di collaborazioni con gli esponenti più importanti della scena stessa (che annovera, fra gli altri, Vidna Obmana e Robert Rich). Forse il maggior esponente italiano del genere, Alio Die - look da metallaro, scultore di busti arcani e senza tempo, in grado di incorporare elementi gotici e folk - è da ormai vent'anni uno dei principali artisti del genere sotto Projekt Records che, dopo aver dato vita a gran parte della scena darkwave americana e non, ha espanso i propri orizzonti anche alle concezioni più astratte dell'oscurità in musica.
Comprensibile, vista l'estrema prolificità del personaggio, il timore che dopo aver cavalcato per anni l'onda cosmico-ambientale '80 nella sua incarnazione maggiormente new age, in parte spentasi con il sopraggiungere dell'ambient di derivazione dronica, le ultime (numerosissime) release di Alio Die possano essere almeno in parte esercizi di stile su un cliché piuttosto facile da ricalcare. Ma proprio per via di questa facilità, fin troppo in grado di tramutarsi in impossibilità di evoluzione, l'elemento primo di giudizio di un'opera inserita in tale filone è la capacità di emozionare, di dar luogo a suggestioni ed evocazioni. E, se Alio Die è da sempre un maestro in quest'arte, con "Deconsecrated And Pure" riesce a centrare probabilmente uno dei capolavori della sua carriera, l'apice massimo di equilibrio tra le fonti del suo sound e la capacità di trasmissione della sua musica.
Cinque lunghi brani, cinque strade originate da un unico centro e viaggianti verso orizzonti diversi, un labirinto di arcane profezie e sogni moderni, un caleidoscopio di civiltà e costumi, un oceano dalle distanze profonde. Sconsacrato e puro, il profano che purifica la propria anima slegandosi dal sacro, pur non perdendo la caratura onirica di quest'ultimo. Mondi paralleli, distanti ma sulla stessa orbita.
"Deconsecrated And Pure" è una scultura sonora che raggiunge e oltrepassa gli orizzonti dell'ambient stessa, toccandone ogni confine, tracciando coordinate difficilmente capaci di inventare, ma in grado di raggiungere una carica emotiva che ha ben pochi precedenti.
E così, "Layers Of Faith" è l'inchino di un guru del dark-ambient alle eteree distese sintetiche portate in trionfo dapprima da Tim Clark e Michael Amerlan, poi cavalcate da nomi come Thom Brennan e Max Corbacho. "Dronica" nell'incedere ma non nell'estetica, sentimentale ma scenicamente glaciale. Il non-legame tra sacro e profano è il tema di "Obliterated Arcove": come può suonare la musica sacra se estratta dal suo contesto principe? È la ricerca verso la quale opta il brano, memore di quanto già sperimentato in passato da fin troppi nomi, non ultimo dei quali il John Foxx del capolavoro "My Lost City", e l'arrivo è fra i lidi di una potenza spirituale persino maggiore, pura per davvero. Un coro che è tutto fuorché gregoriano, sconsacrato proprio come nel titolo alla base dell'album, impegnato in vocalizzi arcaici tra ancestrali costellazioni elettroniche.
L'omaggio alle nuove tendenze arriva con "Peel Away This Mortal Coil", nella quale sostrati di tastiere lievemente distratte da vibrazioni quasi impercettibili ricalcano i tappeti in esondazione del miglior Eluvium e i flussi languidi di Pan American. Poi, una virata verso fondali perduti, mondi sublunari e metafisici, melodie che cullano il vuoto in "Cerulean Facade", in direzione di una simbiosi con i linguaggi della malinconia di Jeff Grienke e Rudy Adrian. E infine, a concludere un viaggio che pare non poter finire, la quiete vitale di un abbraccio artico mai parso così caldo, nella desolazione di un vuoto mai così pieno di spunti, "De-Altared" che sintetizza vent'anni di ricerca - mistico trattato di legame tra immagine e musica, tra ambiente e suono circostante.
Dopo quasi due decadi di incessante attività, una ricerca tra misticismo, oscurità, sacro e profano, Alio Die riesce nella difficile impresa di riassumere in un solo album i risultati di un'intera carriera. E non lo fa certo attraverso la ricerca della perfetta formalità (come per esempio riuscì a Brian Eno in "Music For Airports"), ma andando a concentrarsi interamente sulla tipologia di emozioni intrinseche dell'elemento sonoro, riuscendo così a iniettare la sua musica evocativa all'interno delle immagini stesse, formando un legame per sua stessa definizione inseparabile. Ovvero, quel che pare scontato sia elemento proprio di ogni release ambient, ma che è in realtà a suffragio di un'élite piuttosto risicata, della quale lascia almeno una punta d'orgoglio sapere faccia parte anche un italiano.
16/05/2012