Matthew Cooper, compositore originario di Portland, ma da tempo di stanza a Louisville, non è semplicemente l'ennesimo artista dedito all'esplorazione di astratti paesaggi ambientali attraverso la modulazione di suoni e frequenze elettroniche, ma è un musicista che alterna e spesso coniuga l'uso del synth con una notevole sensibilità "classica". Il risultato, nelle sue diverse forme, è una musica che scorre ora attraverso movimenti placidi e talvolta quasi impercettibili, ora con impeto emotivo, in crescendo graduali, perfettamente coerenti con le suggestioni di lenta espansione liquida evocate fin dall'etimo del moniker sotto il quale Cooper compone ed esegue tutte le sue opere. La musica di Eluvium è infatti un flusso continuo, una coesa marea sonora in costante propagazione, che si innalza pian piano fino a invadere la mente, il cuore e l'immaginazione, con la sola forza gentile dei suoi pochi, soffusi elementi.
Eluvium si affaccia sulla scena musicale nel 2003, con le cinque tracce comprese in Lambent Material, costituite quasi esclusivamente dal lento movimento, semplice ma intriso di solennità, di poche note filtrate dal synth, accanto alle quali solo a tratti si affaccia il limpido suono di una chitarra ("Under Water It Gloved") o quello compassato del pianoforte ("There Wasn't Anything", "I Am So Much More Me That You Are Perfectly You"), appena sufficienti a diradare la coltre nebbiosa che avvolge composizioni dalle strutture esili, cesellate con pazienza e precisione intorno a delicate iterazioni di note. Benché, appunto, in alcuni brani emergano già elementi acustici o comunque non filtrati attraverso l'elettronica, Lambent Material caratterizza da subito fortemente il profilo artistico di Cooper, collocandolo sulla scia tanto di compositori moderni (da Eno a Basinski), quanto degli esploratori di drone ed elettronica riconducibili all'esperienza della Kranky, quali Labradford e Stars Of The Lid. Non a caso, infatti, il fulcro dell'album è rappresentato dagli oltre quindici minuti di "Zerthis Was A Shivering Human Image", pervasi da riverberi e drone chitarristici, anche piuttosto aspri, che si rincorrono e intrecciano per tutta la durata del brano.
Se già dai caldi accenni di pianoforte e chitarra acustica di Lambent Material si intuiva che sarebbe stato riduttivo circoscrivere la musica di Eluvium nel solo territorio ambient-drone, nel successivo An Accidental Memory In The Case Of Death Cooper rivela compiutamente l'altro lato del suo profilo artistico, a ben vedere non poi così diverso né tanto meno disgiunto dal primo: An Accidental Memory In The Case Of Death è un album breve, folgorante nei suoi appena venticinque minuti intrisi di emozioni liberate dalle sole note del pianoforte.
Comune denominatore rispetto all'album di debutto è l'idea di un suono liquido che, lento ma inesorabile, tende a saturare la percezione che di esso l'ascoltatore ricava. Non mancano, in questo lavoro, crescendo compositivi che enfatizzano le potenzialità emotive dello strumento ("Genius And The Thieves", "The Well-Meaning Professor" e la meravigliosa "Perfect Neglect In A Field Of Statues") e con esse la grazia con la quale Cooper lo esegue; eppure, i brani in esso contenuti tendono ad assumere movimenti in prevalenza orizzontali piuttosto che verticali, mantenendo peraltro inalterate le caratteristiche strutturali del disco d'esordio, qui soltanto tradotte in partiture per pianoforte, semplici e profondamente emozionanti.
È un album a suo modo unico, nel coniugare in maniera avvincente perfezione neoclassica e sensibilità post-moderna, minimalismo alla Erik Satie ("Nepenthe"), e romanticismo degno dei Rachel's di "Music For Egon Schiele", e nel rivelare come talvolta sia sufficiente modificare le modalità di estrinsecazione formale di un'idea musicale per conseguire un risultato dal sapore antico, eppure assolutamente attuale.
Dopo questa magnifica divagazione, con il successivo Talk Amongst The Trees, Cooper ritorna, in un certo senso, alle origini, presentando un lavoro quasi interamente incentrato soltanto su chitarra e tastiere, dispiegate secondo i soliti movimenti ondulatori, in composizioni articolate che si dipanano attraverso le consuete iterazioni di suoni, qui sviluppate e rimodulate fino alla loro massima estensione. All'incirca metà della durata complessiva dell'album è, infatti, occupata da due sole tracce, l'iniziale "New Animals From The Air" e "Taken" (insieme poco meno di mezz'ora). La prima è un fresco fluire di suoni che s'inseguono, accordi astratti di chitarra, drone e screziature sintetiche affioranti qua e là in un ingranaggio perfetto, che riesce a fermare il tempo in una sorta di "sinfonia ambientale" sottile e inafferrabile; la seconda è invece un lunghissimo mantra chitarristico, dilatato fin quasi all'eccesso dei suoi diciassette minuti, tempestati di riverberi e innesti di synth in funzione d'archi, fino al moderato crescendo finale.
Decisamente più placidi e coesi, invece, altri brani di impronta classicamente ambientale, come "Show Us Your Homes", "We Say Goodbye To Ourselves" e così anche le dilatazioni di drone e feedback di "Everything To Come" e "Calm Of The Cast-Light Cloud". Così, quando "One" giunge a concludere il cerchio onirico aperto quasi un'ora prima, di Talk Amongst The Trees rimane la sensazione di un album dalla scrittura inappuntabile ed equilibrata, seppur un po' troppo convenzionale, poiché, nella sua elaborazione "colta" e cerebrale, Cooper rinuncia in parte alle peculiarità di un suono non semplicemente elettronico e ambientale.
Sulla stessa linea si collocano, all'incirca, i due mini-album usciti dopo Talk Amongst The Trees: il primo, compreso nella serie della Temporary Residence "Travels In Constants", è composto da un'unica traccia (Behind Your Trouble) della durata di oltre mezz'ora, nella quale Cooper amplifica in maniera estrema alcune delle suggestioni presenti nell'album precedente, estendendo le sue distorsioni ambientali, a tratti fin troppo marcate, in trame complesse, a loro modo trasognate e avvolgenti (in certi passaggi viene quasi da pensare al Kevin Shields più cervellotico), ma in definitiva un po' troppo autoreferenziali. Parimenti interlocutorio l'altro mini, When I Live By The Garden And The Sea, che pure inizia con l'ottima "I Will Not Forget That I Have Forgotten", ove poche note di pianoforte si ripetono con calda emozionalità per tutto il brano mentre flutti chitarristici, dalla distorsione accentuata ma dilatata come sempre, s'innalzano prima in un crescendo degno delle migliori costruzioni post-rock, lasciando infine spazio a un finale calmo, ma ancora solcato da piccole asperità elettriche. Meno incisivi risultano invece i restanti tre brani, che ricalcano ancora le orme di Talk Amongst The Trees, associando i consueti suoni liquidi a un rumorismo costante ("Ass I Drift Off"), oppure ad ambientazioni sonore dagli eterei contorni nordici.
Dopo le sperimentazioni a volte intricate degli ultimi lavori, Cooper riparte proprio dall'idea sottostante a "I Will Not Forget That I Have Forgotten", per concepire la sua opera più ambiziosa: quella di dar compiuta forma a una sorta di "ambient orchestrale", nel quale possano trovare un perfetto equilibrio la "ragione" delle sue meticolose composizioni ambientali e il "sentimento" dei passaggi per pianoforte, non più relegati nella pur magnifica solitudine di An Accidental Memory In The Case Of Death, ma inseriti nel contesto di una strumentazione ben più articolata.
Il risultato è Copia, quasi cinquantacinque minuti di flusso onirico, modulato secondo forme diverse, che includono di volta in volta tappeti di drone ed esili distorsioni ma anche caldi suoni di pianoforte, fiati e archi, la cui interazione coniuga modernità elettronica e romanticismo classico, secondo una sensibilità ancora una volta non distante dagli approcci emotivi che hanno fatto la fortuna di tante recenti produzioni post-rock.
In tale operazione, Cooper non si discosta tuttavia mai troppo da un'impostazione concettuale incentrata sull'essenzialità di suoni creati o filtrati attraverso l'elettronica, indirizzati a un risultato omogeneo eppure cangiante secondo movenze lievi, intese all'evocazione di paesaggi nebbiosi e solitari, ma per nulla alieni da elementi di profonda emotività. Calde componenti umane sono, infatti, indubbiamente riscontrabili nei due pezzi nei quali è il pianoforte a prendere con decisione il sopravvento, ovvero "Radio Ballet" e soprattutto "Prelude For Time Feelers", gioiello di grazia cristallina, costituito da poche leggiadre note pianistiche, che lievemente aumentano d'intensità avvolgendosi a una dilatazione di fondo, infine trasformata in un liberatorio crescendo di impetuosa orchestralità sintetica. Il medesimo discorso è valido anche per le composizioni apparentemente più piane e iterative, che pure vedono rincorrersi e sovrapporsi frequenze e dilatazioni mai pervase da un pesante ottundimento ma semplicemente volte a disegnare un'inerzia dilatata ("Reciting The Airships"), oppure appena puntellata da rarefazioni stratificate e persistenti ("Seeing You Off The Edges"), o ancora capaci di ispirare sentori di ovattata quiete nordica, come nei dieci minuti di sogno a occhi aperti di "Indoor Swimming At The Space Station", disseminati di melodie fioche, tocchi di piano e tenui increspature rumoriste.
Come già in molti dei lavori precedenti, nella musica di Eluvium non vi è però solo serafica contemplazione, ma anche spazio per una latente inquietudine, qui distillata attraverso i toni notturni di "Requiem On Frankfort Ave." e "After Nature" - ove è solo il suono degli archi a dialogare con i synth - oppure univocamente fluente nella quasi completa immobilità di "Ostinato".
In tutte le diverse sfaccettature dell'album, Cooper mantiene sempre un'intensità incisiva e sfuggente al tempo stesso, che rifugge tanto il rischio di derive espressive eccessivamente pedanti, quanto quello di un romanticismo stucchevole e a buon mercato. Copia appare, infatti, l'ideale punto di arrivo del percorso artistico di Eluvium, poiché in esso si riscontra una moderna declinazione orchestrale del minimalismo ambientale, grazie alla quale Cooper riesce a bilanciare in maniera molto personale la sua anima elettronica con quella classica, dando forma a un'opera in grado di travalicare le già consolidate forme di un'espressione musicale che appunto nella forma stessa non si esaurisce.
Prima di dare un seguito a Copia, Cooper ha lasciato trascorrere esattamente tre anni, nel corso dei quali ha circoscritto la sua abituale prolificità realizzativa alle sole Miniatures - per la prima volta licenziate sotto il suo nome di battesimo - e al monumentale rimaneggiamento di "Settler", offerto ad "All Is Wild, All Is Silent Remixes" dei Balmorhea.
Tra l'opzione del cambiamento e quella dell'imperterrita prosecuzione su terreni già egregiamente solcati, Cooper propende decisamente per la prima almeno a livello formale, poiché, pur innestando nella sua musica elementi inediti, non ne smarrisce le caratteristiche di fondo.
Similes appare dunque un nuovo e ancor più ardito esercizio di equilibrio, in bilico su un esile crinale che su un versante presenta le risultanze ottenute nell'album precedente e sull'altro vede l'inedita introduzione dell'elemento ritmico e di quello vocale. Il cantato dimesso e non proprio sicuro di sé di Cooper rappresenta una presenza eclatante, ma accanto ad essa continuano tuttavia a scorrere carsicamente dense coltri sonore, adesso in graduale transizione verso riflessi più luminosi e tessiture elettroacustiche mai tanto brulicanti.
Nelle otto composizioni di Similes (tre strumentali e cinque cantate), vi è infatti una reiterata intersezione di loop ipnotici, drone impalpabili e bozzoli di canzoni il cui incedere invariabile si dischiude sovente a semplici melodie pianistiche e a una miriade di riverberi liquidi e sognanti.
In siffatto contesto, il cantato è un elemento soltanto accessorio - una rifinitura, al pari dei suoni acustici e delle tenui increspature ritmiche - che si dipana sonnolento in parallelo ad altri rivoli armonici, parimenti indipendenti tra loro. Non mancano tuttavia nemmeno nebbiose correnti di drone e saggi di una luminosa ambience orchestrale, decisamente adeguata a fondersi con il timbro vocale discreto di Cooper. Ed è proprio in pezzi come "Weird Creatures" e, soprattutto, "Making Up Minds" che la transizione di Cooper a una sorta di cantautorato ambientale (!) viene coronata da successo, attraverso l'acquisizione di ulteriori spunti melodici da parte delle magistrali modulazioni che continuano a tener fede al marchio riconoscibile delle produzioni di Eluvium.
Seppure con modalità differenti rispetto al passato, in Similes Cooper conferma la sua ambizione di scompaginare stili e forme espressive, lungo linee guida vaporose e ancora una volta estremamente suggestive.
La faccia oscura di Similes, viene ben presto esplorata da Static Nocturne, traccia unica da cinquanta minuti pubblicata a fine 2010, in edizione limitata dall'etichetta personale di Cooper, Watership Sounds.
Lungo tutto il corso della composizione, in continua e febbrile evoluzione, non mancano saggi di emozionali partiture pianistiche, ma si tratta, tuttavia, soltanto di miniature immerse in un brodo primordiale estremamente saturo, che trae le mosse da field recordings e screziature rumoriste per enucleare un susseguirsi di folate ambientali brulicanti di un movimento ondivago, al cui interno densi filtraggi orchestrali dialogano con sciabolate noisy e una serie infinita di riverberi, che disegnano sfumature policrome, dando luogo a una risultante sonora di rara densità.
Se la metà scarsa del lavoro è improntata a una sorta di crescendo contrassegnato da sfrigolii rumoristi e accenni melodici scientemente relegati in secondo piano, il cuore della composizione cresce in asprezza dissonante, veicolando distorsioni che fungono da ideale contraltare ai levigati passaggi iniziali. Superata la mezz'ora della traccia, le brume attraverso cui si scorgevano esili strutture melodiche acquistano in spietata asprezza post-industriale, prima di scolorare nel lungo commiato degli ultimi dieci minuti, lunghissimo finale che scema in una ritrovata placidità di contenuto. Opera destinata a restare "minore", Static Nocturne esemplifica un senso di inaccessibilità e isolazionismo, che almeno per il momento restituisce Cooper al suo originario campo d'elezione: quello del filtraggio strumentale e delle densissime brume ambient-drone.
Altra momentanea deviazione dal percorso principale di Eluvium, Cooper la mette in pratica con la colonna sonora del film di Matt McCormick Some Days Are Better Than Others, firmata semplicemente col suo nome di battesimo.
Il legame inscindibile tra Cooper ed Eluvium ricorre tuttavia appieno anche nello scorrere dei trentacinque minuti di musica posti a corredo delle immagini. Inalterati sono i fondali aurorali di composizioni alle quali la destinazione alle immagini non consente tuttavia uno sviluppo particolarmente ampio, mentre un piano prominente viene spesso riservato a tutta una serie di organi vintage e tastiere dai toni sognanti e quasi giocosi, che modellano frammenti liquidi e abbracci pulviscolari, sospesi tra note analogiche e sequenze in dissolvenza.
Il breve dialogo tra sinuose partiture d'organo e paesaggi di brumosa stasi si snoda placido lungo tutte le composizioni, assumendo di tanto in tanto forme più strutturate, in particolare nei non molti casi in cui le durate dei brani superano i tre o i quattro minuti, come nella luminosa danza che scuote dolcemente la coltre ovattata della toccante "Camille And The Ocean".
Opera per sua stessa natura interlocutoria e disorganica, la colonna sonora rappresenta comunque una piacevole testimonianza dell'ispirazione di Cooper, artista che anche in occasioni come questa non manca di esplicare una classe che prescinde agevolmente dalle denominazioni sotto le quali i suoi frutti vengono di volta in volta sussunti.
Devono passare altri due anni prima che il musicista decida di rimettere mano al suo progetto principale. E quasi a voler rassimilare il fluire di un'onda pure nell'ipotetica traiettoria del suo stile, anche per Eluvium pare essere arrivato il momento di un cambio di verso. Dopo aver viaggiato a lungo verso riva, calcando di brano in brano sabbie sempre diverse, il processo s'inverte ed ecco dunque l'increspatura svanire, per tornare ad affondare nel mare d'origine. Così, Nightmare Ending funge da vero e proprio anello di congiunzione tra Copia e Similes, suonando come il disco mancato tra il 2007 e il 2010 di Cooper. La sua musica torna a farsi emotivamente disarmante nel paradisiaco incipit della splendida “Don't Get Any Closer” e nel suo sfumare nei droni fluenti à-la-Pan American di “Warm”, nell'acquarello sbiadito di “Sleeper”, nell'intangibile e delicata lacrima di “Covered In Writing” e nella gracile tempesta di “Rain Gently”. L'incontro sonoro tra il moto ondoso e la sua riproduzione nella musica di Eluvium avviene nell'immersione fennesziana di “Unknown Variation”, ma l'estetica dell'austriaco trasuda pure dal cuore pulsante di “By The Rails”, mentre la fumosa “Strange Arrivals” eredita con vigore dall'ultimo Harold Budd. Capitolo a parte lo meritano i quadretti per pianoforte: non c'è, questa volta, una “Prelude For Time Feelers”, ma lo spessore emotivo della riflessiva “Improptu (For The Procession)” e, soprattutto, della struggente “Entendre” rimane elevatissimo, così come quello di "Chime", unico episodio concesso alla chitarra e ai suoi riverberi. Ai congedi sono invece affidati i ponti con il futuro nel passato: “Evenom Mettle” mescola la miscela eterea con ritmi voraci, mentre “Happiness” si affianca all'ambient-pop di “Similes” grazie anche all'ospitata vocale di Ira Kaplan degli Yo La Tengo.
Dopo alcuni anni di apparizioni sporadiche e "minori", nel 2016 Eluvium si ripresenta con le sue sembianze più sfolgoranti in un nuovo, commovente connubio tra ambient e canto sacro, un'autentica esperienza spirituale. In False Readings On è come se i sampling di voci liriche e cori a cappella provenissero dai più struggenti requiem mai scritti. Uniti alle scie di chitarre e sintetizzatori, plasmate in una forma orchestrale dai contorni estremamente sfumati, essi giungono all'udito come la carezza della più amorevole delle madri.
Al suono di quell'inconfondibile organetto il mondo appare spogliato di qualsiasi orpello materiale e ideologico ritrovando un'unitarietà a lungo perduta. Persino i più umili interludi, confondibili con bozzetti giovanili dall'impianto amatoriale, un ascolto dopo l'altro lasciano filtrare un lucore di placida serenità, utile a riassorbire il carico emotivo delle tracce principali. La lunga suite finale, poi, sconfina nella pura trascendenza: un immenso coro di voci raggiunge la saturazione totale mentre la linea melodica va ad essa sovrapponendosi, giungendo a un apice debordante che somiglia a una visione eterna oltre il bene e il male.
A quasi dieci anni di distanza da Copia, Cooper firma un'opera che non ne costituisce un mero spin-off ma l'ideale passo oltre, la nuova consolazione a lungo attesa e infine trovata. False Readings On rappresenta, se non il suo capolavoro, quantomeno la consacrazione definitiva di quello che oggi è giusto chiamare Eluvium-sound, nonché della sua personalità artistica e della sua inarrivabile capacità di modellare con la sua musica la sfera emotiva dell'ascoltatore.
Nel 2017 Cooper realizza un breve esperimento che può trasformarsi in una suite ambient di durata infinita. Shuffle Drones è un mosaico di ventitré piccole tessere intercambiabili della durata di 32 secondi ciascuna (eccetto una, l'ultima della sequenza originaria): attivando una sequenza di riproduzione casuale, l'ascoltatore dà vita a un flusso sonoro il cui intento è di sfidare "le moderne abitudini di ascolto, e di proporre qualcosa di pacifico, complesso, unico e sempre cangiante".
E in effetti il caso può qui operare nel migliore dei modi, lasciandoci in balìa di un ascolto il cui fascinoso sviluppo si estende ad libitum senza incontrare alcun ostacolo o vizio di forma. Un disco ambient che ha la leggerezza di un’idea semplice e brillante: sommessamente poetico, rilassante e prêt à porter.
Due anni dopo una raccolta ribadisce il ruolo di Eluvium come uno degli iniziatori dell'attuale ondata modern classical, genere in seguito esteso al grande pubblico dai vari Frahm, Arnalds, Richter e Jóhannsson. Nell'ormai lonrano 2004 le miniature pianistiche di An Accidental Memory In The Case Of Death segnavano un considerevole punto di svolta per la frangia strumentale della musica indie. Così Pianoworks ne ripresenta per intero le composizioni, assieme a una selezione di brani da Copia e Nightmare Ending. Tutti inediti, invece, gli episodi del primo volume, sorta di manuale didattico ed emotivo per principianti della tastiera: tredici esercizi di studiata semplicità che perpetuano il più delicato romanticismo di Chopin e Satie tra valzer, notturni e quieti interni giorno fuori dal tempo.
Si ha così l'occasione di avere a portata di mano l’intero corpus di composizioni acustiche di Cooper, espressione nuda di un talento del quale, a distanza di quindici anni, continuano a maturare la lungimiranza e la solidità, sebbene già evidenti in tempi non sospetti.
Virga I (2019) nasce come primo di una serie di lavori ambient, abbozzato in solitudine in casa per l’isolamento forzato dovuta a una tempesta di neve. Tre lunghi brani tipicamente ambientali, forse addirittura si può arrivare a dire che questo sia l’album più tradizionale targato Eluvium. Se questo è vero, però è anche possibile che sia il più anonimo. Nonostante i vari ascolti e riascolti, i loop che si susseguono sembrano astrazioni fin troppo fredde, semplici tappeti sonori ripetuti senza una strada precisa. Probabilmente è un album basinskiano, ma non in grado raggiungere il pathos tragico del maestro, ancora capace nel 2020 con “Lamentations” di comunicare tragicità.
Tre lunghi brani, tra cui proprio la title track sembra il meno incisivo. "Abyss Forms" è classico brano di loop che gioca sul disfacimento sonoro del supporto. Nulla di nuovo ma è un brano in cui ci si può perdere. Non è dissimile il discorso per il finale “House Taken Over”, probabilmente il più intimo e riuscito, dove vi è una maggiore varietà e un residuo legame con la carriera precedente di Cooper. Non c’è un giudizio assolutamente negativo, ma l’impressione è che Cooper stia ancora cercando una nuova anima e che questo sia solo un lavoro di passaggio verso nuovi lidi.
Contributi di Matteo Meda ("Nightmare Ending") e Michele Palozzo ("False Readings On", "Shuffle Drones", "Pianoworks"), Valerio D'Onofrio ("Virga I")
ELUVIUM | ||
Lambent Material (Temporary Residence, 2003) | 7 | |
An Accidental Memory In The Case Of Death (Temporary Residence, 2004) | 8 | |
Talk Amongst The Trees (Temporary Residence, 2005) | 6,5 | |
Behind Your Trouble (Travels In Constants vol. 20 - mini) (2005) | 5,5 | |
When I Live By The Garden And The Sea (mini) (Temporary Residence, 2006) | 6 | |
Copia (Temporary Residence, 2007) | 8 | |
Similes (Temporary Residence, 2010) | 7 | |
Static Nocturne (Watership Sounds, 2010) | 6 | |
Nightmare Ending (Temporary Residence, 2013) | 7,5 | |
False Readings On(Temporary Residence, 2016) | 8,5 | |
Shuffle Drones (Temporary Residence, 2017) | 7 | |
Pianoworks (Temporary Residence, 2019) | 7,5 | |
Virga I (Temporary Residence, 2019) | 6 | |
MATTHEW ROBERT COOPER | ||
Miniatures (Gaarden Records, 2008) | 6,5 | |
Some Days Are Better Than Others (soundtrack, Temporary Residence, 2011) | 6,5 | |
INVENTIONS (Matthew R. Cooper & Mark T. Smith) | ||
Inventions (Temporary Residence, 2014) | 6,5 | |
Maze Of Woods (Temporary Residence / Bella Union, 2015) | 6 |
Sito ufficiale | |
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