Si direbbe che in certi ambiti musicali l’operazione stia entrando decisamente in voga, visto che si tratta del secondo caso in pochi mesi di album che, a breve distanza dalla loro uscita, vengono sottoposti a operazioni di rimaneggiamento integrale.
Dapprima era stato Chris Hooson a racchiudere in “The Night Just Keeps Coming In” il remix completo di “The End Of Trying”, ultima opera strumentale dei suoi Dakota Suite, affidandone le cure a molte delle più valide firme dell’attuale panorama neoclassico e ambientale; alcuni degli stessi artisti sono altresì impegnati nella rielaborazione del più recente album dei Balmorhea, “All Is Wild, All Is Silent”, in un’operazione meno organica rispetto a quella traccia per traccia che ha riguardato Dakota Suite e nata quasi per caso, dopo che Michael Muller e Rob Lowe avevano chiesto a una serie di amici musicisti se fossero interessati alla rilettura dei loro brani.
I riscontri alla proposta della band texana sono tutte racchiuse nell’ora abbondante di “All Is Wild, All Is Silent Remixes” che, con la sola eccezione di “March 4, 1891”, ripercorre tutti i brani dell’album, tre dei quali sono presenti in due versioni tra loro differenti.
Com’è naturale in simili occasioni, vi sono artisti che hanno mantenuto l’impianto base delle composizioni originali e altri che le hanno sostanzialmente stravolte, piegandole al proprio stile e alle proprie esigenze espressive.
Subito all’inizio del lavoro è posto il monolite a firma di Eluvium, che espande a ben oltre diciassette minuti “Settler”, dapprima rarefacendone i vocalizzi e poi gradualmente innestandovi una vera e propria marea di suoni avvolgenti che uniscono il calore originario dei Balmorhea con partiture ambientali di luminosa densità, paragonabile a quella delle sue composizioni più affascinanti. Non è agevole ridestarsi da una simile mole di flutti elettronici, gemme acustiche e modulazioni plurime, che da sola varrebbe concettualmente un’opera intera, tanto da far balenare l’idea di quanto straordinaria potrebbe essere una collaborazione in pianta stabile tra artisti che nei rispettivi campi rappresentano oggi delle eccellenze assolute.
Inevitabile che un brano del genere spicchi – anche per la sua durata – nel contesto di un’opera di rilettura; ma gli spunti di interesse di “All Is Wild, All Is Silent Remixes” non si esauriscono qui, come testimoniano la trasformazione in chiave noisy del fingerpicking acustico di “Coahuila” da parte di The Fun Years e la graffiante decostruzione di Xela su “November 1, 1832”.
Al di là di tali eccezioni (e dell’evocativa narcolessia lo-fi di Tiny Vipers su “Harm & Boon”), si tratta di riletture a prevalenza elettronica dei brani dei Balmorhea, intese ad arricchirne l’impianto acustico di suoni ed effetti, calibrati da ciascuno degli artisti a ridefinirne le caratteristiche secondo la propria sensibilità. Così, nel corso del lavoro emergono distintamente le tenui screziature ritmiche di Library Tapes e le atmosfere da cattedrale gotica di Jacaszek, mentre l’ottimo Rafael Anton Irisarri esalta attraverso un’elettronica oscura e dai tempi dilatati la texture pianistica di “Harm & Boon”, con naturalezza tale che il pezzo potrebbe sembrare originariamente concepito in questa versione.
I tanti spunti presenti nel lavoro e la splendida riuscita di alcuni remix (su tutti quelli curati da Eluvium e Machinefabriek) bastano a scongiurare la diffidenza che solitamente accompagna tale tipologia di uscite discografiche. Sicuramente si tratta di un’opera destinata a quanti già apprezzano l’ottima band texana e/o alcuni degli autori dei remix, che non dovrebbero avere difficoltà ad assaporare con piacere le trasformazioni delle sue mirabili trame acustiche in pregevoli vesti che contemplano il cospicuo contributo dell’elettronica.
25/08/2009