Le sconfitte si sa benissimo a che servono, lo sanno soprattutto coloro che nella battaglia hanno investito tutto ciò che erano e tutto quanto possedevano
(J. Saramago)
Pochi altri artisti hanno saputo, come Chris Hooson, affidare alla musica la missione non solo di esprimere la loro sensibilità ma anche di testimoniare in maniera cruda e diretta uno spaccato di vita vissuta. Il nuovo capitolo della sua epopea della sconfitta – successore dello splendido ed emblematico "Waiting For The Dawn To Crawl Through And Take Away Your Life" – è incentrato sulla perdita della speranza e sull'inesorabile resa alla forza cogente e impietosa della realtà.
Ed è un album a suo modo impietoso questo "The End Of Trying", come si evince già alla sola lettura della tracklist; un lavoro essenziale e personalissimo, che non mostra nessun cedimento a un facile romanticismo, ma che, anzi, con il disadorno minimalismo dei suoi elementi, descrive con precisione solo in apparenza asettica il fosco stato d'animo di Hooson.
Del tutto peculiari sono tanto la genesi quanto la struttura di "The End Of Trying": sotto il primo aspetto, l'elaborazione dell'opera si è atteggiata in maniera talmente intima da essere originariamente pensata come un'autoproduzione limitata a poche centinaia di copie e solo in seguito – e non senza tribolazioni – destinata alla realizzazione ufficiale; sotto il secondo, Hooson rende evidente la propria chiusura in se stesso, rinunciando alle parole e all'abituale cantato dimesso in favore di semplici strumentali incentrati su pianoforte e violoncello, in alcuni dei quali lascia addirittura il proscenio ai fedeli compagni Colin Dunkley e David Buxton, sia in termini di scrittura che di esecuzione.
La presenza del violoncello di David Darling è l’unico elemento caldo di un paesaggio desolato e a tratti straziante. L’anziano musicista statunitense, cui si devono alcune delle più importanti pagine del catalogo ECM e tante colonne sonore di gran pregio, ha lavorato per addizione sulle composizioni di Hooson e compagni, donando loro profondità e pathos e rendendo più coese e compiute le melodie, in prevalenza solo accennate.
Ne risultano sedici brevi piéce per piano e violoncello, incentrate su note di sobria malinconia che lasciano trasparire la desolazione emotiva alla loro base e solo talora sembrano preludere all'entrata di una voce invece assente, espunta dall'afasico sconforto di composizioni sempre lineari eppure non per questo monotone.
Non avrebbe gran senso, comunque, trattando un album come “The End Of Trying”, perdersi in una disamina scrupolosa dei singoli brani o analizzare accuratamente ed asetticamente le partiture. Questa è musica che richiede una partecipazione emotiva molto intensa. Forse, per qualcuno, perfino troppo.
La fragile e diafana bellezza di “Hands Swallen With Grace”, le nude note della brevissima “This Failing Sea”, l’ostentata angoscia di “How Could You Let Me Go”, la tormentata “Things We Lost Along The Way”, non avrebbero neanche bisogno di quei titoli, così evidenti da sembrare didascalici, per trasmettere il loro significato più intimo.
Eppure, nonostante la malinconia, nonostante lo sconforto e la resa, nonostante tutto ciò, la chiusura di Hooson verso l’esterno non è completa. La sua franchezza, quasi brutale, il suo voler esprimersi comunque, anche a costo di mettere a nudo la propria anima, rendono questo lavoro profondamente sincero e riescono a trasmettere qualcosa all’ascoltatore a un livello profondo, quasi simbiotico.
Ne scaturisce un disco che potrebbe definirsi di musica autistica, se ce ne fosse una. Un inno all’incomunicabilità in note. Che, però, se per un verso rischia di respingere l’ascoltatore non pronto a calarsi negli abissi di una psiche provata da una vita affrontata “senza pelle”, dall’altro potrebbe ripagare chiunque abbia la voglia e il coraggio di calarsi nei suoi recessi con un arricchimento, un’amplificazione della sensibilità, una rivelazione dei propri luoghi più reconditi.
26/02/2009