La metafora che sta alla base del concetto di minimalismo e ambient-music si sposa alla perfezione con le teorie musicali di Matthew Cooper, alias Eluvium, compositore-musicista originario di Portland, Oregon. Con questo terzo lavoro, che vira decisamente verso le sonorità liquide/spaziose dell'esordio "Lambent Material", Cooper torna a tessere soundtrack per mondi paralleli, lontani e disabitati.
Dopo la parentesi per piano solo dell'ultimo "An Accidental Memory…", Eluvium (dal latino: allagamento, inondazione) da vita a otto tracce strumentali di una serenità eterea, che sembrano quasi volerci convincere del predominio della natura sulla mano dell'uomo, del viscerale risveglio degli elementi che, miracolosamente, occupano il posto delle macchine che li hanno evocati. Di tutto ciò Cooper è il casuale deus ex machina. Realizzato con un dispiego strumentistico piuttosto esiguo (praticamente solo chitarra e tastiere), "Talk Amongst The Trees" è frutto e sublimazione di un tragitto di elettronica colta che parte dai padri (Eno, Riley, Reich, La Monte Young) fino a raggiungere un presente più che mai pulsante di "fratelli d'arte" (Fennesz, nel nostro caso).
Si tratta del lavoro più lungo, ma anche del più emotivo e commovente, se si concede una fantasiosa accezione del termine. A Cooper non interessa tanto il concetto/cornice o il processo che ha portato a quel risultato, quanto il sentimento che le sue elucubrazioni riverberano sull'ascoltatore. Di fronte a una simile espressione di evasiva lentezza, la prima cosa da fare è cercare un posto tranquillo, togliersi di dosso preoccupazioni contingenti, chiudere gli occhi. La sinfonia di drones ha inizio. "New Animals From The Air" è un rilassante ruscello di caldi pattern chitarristici, nastri al contrario su tappeti sintetici. I suoni s'inseguono costantemente, ogni volta più uguali e diversi fra loro. La piccola e gloriosa processione di "comparse" si trascina per oltre dieci minuti nell'aria del mattino, quindi si disfa e perde i suoi atomi rarefatti nel mezzo del nulla. Matthew è un giovane maestro di tempistica musicale: conosce alla perfezione i tempi di maturazione delle sue idee. Le lascia libere di vagare, ma è sempre vigile su ogni sviluppo, chiudendo ogni discorso al confine esatto tra "troppo bello" e "un po' noioso".
Gradualmente il quadro si increspa, cresce di tono, acquista in impeto teatrale. Prima le cattedrali sottomarine di "Show Us Our Homes", gonfie e vibranti di feedback metallico, poi il brevissimo crescendo di "Area 41", che porta all'unico blocco sonoro di "Calm Of The Castlight Cloud". L'apoteosi è senz'altro raggiunta con il lunghissimo (sedici minuti!) e circolare mantra chitarristico di "Taken", un omaggio inconsapevole a Pachelbel e il suo Canone seicentesco. Il dinamismo cresce labirintico verso un finale epico posticipato allo spasmo, contorto e trionfante come un quadro di Escher o un sussulto dei My Bloody Valentine. Dopo di questo la residua tensione non può che sciogliersi e riaffondare nelle oniriche valli incantate di inizio disco, quando il sogno non era neanche cominciato.
"Talk Amongst The Trees" è il tipo di album che risulta piacevole al neofita di ambient, così come al fan del post-rock e della triade Mogwai/Radiohead/Sigur Rós. E' cibo per la mente a portata di mano, relax a buon mercato in questi tempi difficilissimi e bui.
Prendano nota i vertici di etichette come Warp e Kompakt (la label tedesca creatrice della serie "Pop Ambient"), e si rodano il fegato.
21/03/2011