Il nucleo essenziale dell'opera (che si avvale dell'apporto di Giuseppe Ielasi in cabina di regia) ruota attorno alle prime, lunghissime due tracce, vere e proprie suite nate dall'incontro con diversi artisti, tra cui Machinefabriek (con cui aveva già collaborato nel 2009 con i quattro movimenti di "Bronbron 15: Pulces & Places"), Stefano Roveda, Valerio Tricoli, Attila Faravelli e Greg Haines. Le manipolazioni sono sempre calcolatissime, mai eccessive, mirate al raggiungimento di un minimalismo psichico capace di mettere in stretta connessione ciò che è superficiale con ciò che, invece, vive nascosto tra i diversi granuli sonori.
Una connessione che segue sentieri (questa la traduzione del tedesco "wege") tutto sommato non impervi, anzi finanche godibili, con tratteggi western e umbratili vibrazioni neoclassiche in "B".
Con le ultime due tracce, invece, si va di defaticamento, anche se le texture timbrico-percussive di "D" sono tutt'altro che disprezzabili.
A
(12/04/2012)