Brandlmayr / Dafeldecker / Fennesz

Till The Old World's Blown Up And A New One Is Created (ristampa)

2012 (M=minimal)
electroacoustic ambient

Quattro anni orsono usciva, per l'etichetta tedesca Mosz, questa collaborazione fra tre dei guru dell'avanguardia elettronica del ventunesimo secolo, vale a dire il magnate Christian Fennesz e metà dei Polwechsel (Martin Brandlmayr e Werner Dafeldecker). L'album fu in realtà una release per pochi intimi e finì nel polveroso cestone dei lavori meno noti di ciascuno dei tre musicisti. Un'opera di ripescaggio ce la propone la M=minimal che ne pubblica una nuova edizione solamente in vinile.

Il disco fu già al tempo piuttosto spiazzante rispetto alle attese: chi si aspettava una collaborazione all'insegna del rumore e della cacofonia (e gli ingredienti c'erano tutti: il glitch di Fennesz, le field recordings del Brandlmayr solista, le sinfonie atoniche dei Polwechsel) restò totalmente deluso nel trovarsi davanti un lavoro che sposa in toto il minimalismo e il silenzio, eseguito quasi interamente con strumentazione acustica. Così la spartizione di ruoli è la seguente: Fennesz incentra il suo contributo sulla chitarra, tenendosi distante dai laptop (cosa accaduta ben di rado in passato), Dafeldecker abbandona il basso e il contrabbasso e impugna qualche sintetizzatore con cui si produce in eteree aperture e Brandlmayr si diletta nel contrasto suono-silenzio con tocchi ritmici quasi impercettibili.

Quel che ne nasce è un'opera intima e delicatissima, che consuma molto di sé nella mezz'ora abbondante della title track: sulla base dell'ambient più sporca (Brian Eno e il quarto capitolo della serie Ambient, "On Land") si agganciano le più tipiche coordinate dell'avanguardia moderna; field recordings fluttuanti fra Tor Lundvall e Tom Lawrence, rumori sinistri ma mai esuberanti, lievi glitch acustici à-la-Oren Ambarchi e una chitarra, quella di Fennesz, mai così protagonista e variegata, in grado di passare da placidi repeat a spigolose dissonanze memori di Derek Bailey. Il tutto in una desolazione tanto sublunare quanto "umana", con il sostrato silenzioso che a tratti si fa da parte, scalfito dal potenziarsi del drumming.

Il serpentone procede a saliscendi per tutta l'abbondante mezz'ora, prima di lasciare spazio all'atterraggio umanoide di "Tau", delizioso acquarello fra i Troum e il primo Helios, in cui Brandlmayr sale in cattedra a dettare il ritmo che Fennesz segue nel melodico incedere della sua chitarra, con Dafeldecker a disegnare uno sfondo di synth leggeri e cristallini. La breve "Jets" è pura ambient-glich, tanto da poter essere tranquillamente scambiata per un'outtake di "Black Sea", alla cui sommersione si aggiunge un tessuto ritmico multiforme e asettico: ne deriva una somiglianza marcata con l'ambient concreto di BJNilsen e, soprattutto, del suo alter ego Hazard. La conclusione è affidata all'astrazione chitarristica di "Mi Son", che parte dimessa e malinconica per movimentarsi progressivamente, senza però mai abbandonare la sua struttura di canzone: è ancora Fennesz a dettar legge con la sua chitarra, per la prima volta dura, pura e (quasi) rockeggiante.

È un side project a tutti gli effetti, un disco che spiazza per il suo saper percorrere con maestria strade "nuove" per i tre - benché già ampiamente esplorate da parecchi esponenti della scena avantgarde - siano esse la ricerca del minimale equilibrio tra silenzio ed impercettibilità, lo sfruttamento della chitarra nella sua essenza originaria o la commistione fra soundscape umanoidi e terreni. Strade che non fanno altro che arricchire il già vasto curriculum di tutti e tre gli autori (in particolare quello di Fennesz) e confermare lo stato di grazia che pare circondarli da anni senza il minimo segnale di cedimento.

21/06/2012

Tracklist

  1. Till The Old World's Blown Up And A New One Is Created
  2. Tau
  3. Jets
  4. Mi Son

Brandlmayr / Dafeldecker / Fennesz sul web