Dimenticatevi per un attimo dell'esistenza di quei patetici occhialini 3D, stavolta non servono. Il nome del progetto in questione e il titolo della sua opera prima "valgono da soli il prezzo del biglietto", e sono abbastanza suggestivi da scaraventarvi su una zattera malmessa e immergervi nelle acque tracimanti del sudamericano Rio delle Amazzoni o in quelle dell'indonesiano Kapuas, secondo gusti.
Il delirante duo psy-trance messo su dai pugliesi Donato Epiro (organo processato) e Gaspare "Lemming" Sammartano (ex-bassista dei Microwave With Marge, ora in veste di batterista) è un altare sonoro consacrato a Ruggero Deodato e Franco Prosperi, i due registi pionieri di quel sottogenere cinematografico dell'horror splatter made in Italy, noto appunto come "cannibal movie", successivamente proclamato "filone cult".
Archetipo di questo "underground della celluloide" è proprio quel "Cannibal Holocaust" uscito nel 1980, del quale ci si ricorda - ovviamente a torto - per un impacciato Luca Barbareschi (letteralmente alle prime armi) intento a freddare con una fucilata (vera) un inerme maialino, oltre che per la celeberrima scena della "giovane indigena impalata".
"Avorio" è stato ristampato su vinile dalla poliedrica label italiana Sound Of Cobra (che si era già occupata della first edition su nastro) in un'edizione limitata di 300 copie.
Il grottesco viaggio nel mondo rappresentato da Deodato & C. e musicato dai Nostri inizia in medias res con un vero e proprio pugno nello stomaco - "Teste mozzate" - dal titolo barbaramente esplicativo delle cruente visioni che le pratiche antropofaghe offriranno durante la traversata. L'intro dell'organo infestato è assolutamente inquietante; le percussioni sopraggiungono spasmodiche e scandiscono le sequenze di un oscuro rito ancestrale, che va consumandosi davanti agli occhi della vostra attonita (e segretamente compiaciuta) immaginazione.
Si pensi agli Hawkwind di "Doremi Fasol Latido" o di "Space Ritual" in salsa prepotentemente primordiale. L'atmosfera è febbrile, dai colpi decisi sui tom alla furia "esecutoria" dell'organo; lo scenario è di quelli dipinti col sangue versato durante uno snuff.
"Fame" è il cambio di scena naturale, il letto del fiume che si allarga inesorabilmente, l'intera tribù Niam Niam dell'Africa Nera alle calcagna. Il potente riff organistico, con al seguito i fumosi effetti ricreati, inghiotte la mente in un vorticoso trip di spinta psichedelia tribale che lascia tramortiti.
Con la terza traccia, si apre la tranche più soft - per quanto possibile - di "Avorio": "Mangiati vivi" (in onore dell'omonimo film di Umberto Lenzi, 1980) gode infatti di un andamento più distensivo, morfinico quanto basta per non avvertire il dolore lancinante dei denti che affondano nella carne viva. Tre minuti esatti di curativa dilatazione sensoriale.
"Django" è il cambio di rotta: un salto profondo nell'universo spaghetti western che va a omaggiare la storica pellicola del 1966 diretta da Sergio Corbucci e interpretata, in veste di protagonista, da un giovane Franco Nero. Le sonorità ruvide dell'organo di Epiro sono sixties fino al midollo; le bacchette di Lemming esordiscono dolcemente per poi incedere in maniera sempre più isterica, quasi a evocare gli attimi di pura suspence che precedono la furia del pistolero messicano, assetato di vendetta. Un Bacalov in acido, insomma.
"Schiave bianche", il pegno pagato a Mario Gariazzo e al già citato Franco Prosperi (rispettivamente regista e sceneggiatore del film "Schiave bianche: violenza in Amazzonia", 1985), è la seducente closing track - con sentori di primi Ash Ra Tempel - che rappresenta l'epilogo dell'incubo, il conto alla rovescia al battito di mani che scioglie l'ipnosi.
Le sorprese, però, non sono ancora finite: a chi, infatti, avrà il piacere di inabissarsi nelle acque torbide di questo truculento safari e acquisterà il vinile direttamente ai loro concerti, le nostre due guide offriranno in dono un prezioso souvenir: "Avorio Tour", un cd-r autoprodotto contenente otto tracce aggiuntive, frutto di alienanti improvvisazioni nate durante il tour promozionale di "Avorio".
Questa sorta di second act mantiene vivo e pulsante il trait d'union del primo capitolo dell'opera, nonostante si intravedano delle pennellate dark-ambient, più morbide in alcuni episodi ("Hard Sensation"), più incisive in altri ("Piragna"), fino a rasentare le sfumature tipiche del rock sinfonico (l'intro di "Esotic Love").
Le sonorità vanno pian piano limandosi, senza per questo perdere in efferatezza. Non mancano certamente le manifestazioni di "deformazione professionale" post-punk di Lemming ("Sanguisughe") o le variazioni noise di Epiro ("Antropophagus", omaggio alla leggendaria, omonima pellicola di Joe D'Amato, 1980). "Il popolo degli alberi" vi conduce infine verso la levata, con i suoi rintocchi selvatici e un lieve tappeto elettronico di sottofondo.
Ora, potete davvero svegliarvi!
15/03/2012
Disc 1: Avorio
Disc 2: Avorio Tour