Al nome di Fenn O'Berg risponde l'eccezionale trio composto da tre fra le più importanti e influenti personalità dell'ambito musicale odierno e passato, ovvero Christian Fennesz, Jim O' Rourke e Peter Rehberg. Un trio formatosi quasi casualmente nel 1999 dopo una performance totalmente improvvisata e autore, ad oggi, di tre album sullo stesso filone, di cui uno solo registrato in studio.
Tre grandissimi dischi, per la precisione, in particolare l'ultimo - "In Stereo" - risalente a due anni fa e che ha interrotto un silenzio discografico durato ben otto anni. Quel lavoro si issava a caposaldo di una ricerca, contemporaneamente sonora e concettuale, il cui principale obiettivo consisteva nell'interpretare l'applicazione ambientale della musica mediante una forma volutamente e matematicamente caotica, con il rumore innalzato a protagonista "naturale", generato non da disfunzioni come nella glitch, né da sample di pura natura terrena come nei field recordings, ma piuttosto debitore di un filone più vicino all'avanguardia elettro-acustica - di per sé non "nuovo" per le sonorità quanto, appunto, per il concetto di partenza.
A distanza di due anni, dopo l'uscita di due Lp contenenti estratti da alcune session avvenute in Giappone nel 2009, il trio prosegue sulla strada del solo formato vinile con questo nuovo lavoro. In realtà, "In Hell" è "nuovo" solo in apparenza, perché si compone di cinque estratti provenienti da altrettante performance live diverse e del tutto improvvisate, nuovamente tenute in Giappone e facenti parte della manche di concerti successivi all'uscita di "In Stereo".
La natura live è chiaramente decisiva nel tracciare le linee differenziali tra questo nuovo lavoro e il suo predecessore. Se quest'ultimo infatti pareva essere, come già specificato sopra, un focus sul lato più concettuale e concreto della ricerca dei tre, "In Hell" si concentra invece sulle architetture sonore più astratte e naturali, proponendosi non più come un trattato al pari del precedente, ma come una raccolta di appunti, di piccole gemme tra di loro non troppo imparentate e ciascuna nata sotto un tetto diverso: improvvisazioni pure, appunto, slegate e variopinte, dettate solo dall'ispirazione del momento, porti essa verso lidi dronici o angusti terreni d'avanguardia rumoristica.
Si parte così con il quarto d'ora di rumorose field recordings di "Christian Rocks", in grado di evocare svariati scenari in base all'interpretazione di chi ascolta: una brulicante caduta di rocce/frana (volendo comprendere il titolo nell'evocazione), onde marine rifratte contro gli scogli, la navigazione di una nave (con tanto di sirena); nonostante il possibile indizio del titolo, a fuoriuscire dai rumorismi è principalmente Rehberg, con Fennesz e O'Rourke a contribuire con un landscape dronico quasi accennato e qualche probabile presa diretta per i campioni. I droni avant della successiva "Vampires Of Hondori", tra riverberi elettroacustici e grandinate elettroniche, cavalca per quasi venti minuti un'onda che non c'è, astraendosi totalmente da qualsiasi dimensione fisico-terrestre per ambire a quei terreni cosmici tanto cari alle esplorazioni kraut. La più breve e oscura "Omuta Elegy" è invece un notturno intermezzo ambient di puro stampo fennesziano, memore più d'altri della svolta di "Black Sea" e "Seven Stars", in grado di cullare profondamente prima che sorga il sole con la lucente ed eterea "Concrete Onions".. A chiudere il quadro, il quarto d'ora pieno di "It Came From Nyagoya", una distesa di algidi tappeti robotici e glissati di nuovo di stampo drone inframezzati dall'intervento occasionale di un'eterea coltre ambientale che ne riscalda le gelide e saltellanti linee melodiche.
Dopo due ottimi album dal vivo e un vero e proprio capolavoro, i Fenn O'Berg confermano la loro abilità nel dar vita, specialmente nella dimensione live, a improvvisazioni di straordinaria caratura tecnica e musicale. Pur non vantando la stessa magniloquente e unitaria sostanza del fratello maggiore "In Stereo", "In Hell" ne eredita le coordinate sonore e le sviluppa sotto un altro punto di vista, di sicuro meno innovativo e strabordante, ma in grado di evidenziare nuovamente l'incredibile creatività e la versatilità del trio nel rinnovarsi ad ogni esibizione, senza cadere mai nella staticità o risultare ripetitivi.
Dopo quasi quindici anni di attività per Rehberg e Fennesz, e addirittura più di venti per O'Rourke, i tre si confermano nuovamente all'apice della scena musicale avantgarde, elettronica e non, con un nuovo capitolo che va ad arricchire le loro già stratosferiche carriere.
02/05/2012