Ci sono voluti più di cinque anni per tornare ad ascoltare un nuovo disco di inediti di Franco Battiato, escludendo dunque le cover di “Fleur 2” e le rielaborazioni della propria arte di “Inneres Auge – Il tutto è più della somma delle sue parti”. Nel mentre, il compositore catanese non è certo rimasto con le mani in mano, dedicandosi a innumerevoli altri progetti, a cominciare dalla titanica opera lirica “Telesio”. “Apriti Sesamo” ci riconsegna un Battiato combattuto tra la condizione di cittadino indignato dai soprusi della politica e dalle prevaricazioni dell'economia da una parte, e quella dell'artista costantemente proteso alla ricerca di nuovi equilibri morali dall'altra.
Se la materia è corrotta, sembra suggerire il compositore catanese, la spiritualità è il luogo eletto nel quale rifugiarsi, oppure dal quale ripartire nel processo di miglioramento del mondo. È questa contrapposizione esistenziale il tema forte che fa di "Apriti Sesamo" un disco che all'indagine interiore affianca la pubblica denuncia, mai così esplicita nelle parole più che in una struttura musicale forse meno irruente ma che non rinuncia alla ricerca e alla sperimentazione. È come se Franco Battiato, dopo averla metabolizzata, fosse riuscito a trascinare l'ira viscerale di “Inneres Auge” a un livello più sublime, nobilitandola attraverso le liriche del primo singolo "Passacaglia" (“viviamo in un mondo orribile”, e ancora “la gente è crudele e spesso infedele, nessun si vergogna di dire menzogna”), scritta a quattro mani con il fido Manlio Sgalambro ispirandosi alla composizione classica "Passacaglia della vita" del sacerdote seicentesco Stefano Landi; e poi nella metafora de "Il serpente", rappresentazione del denaro che "strisciava nelle città d'Occidente” prima dell'avvento dell'“uomo nuovo” che, scoprendo “di colpo l'esistenza del bianco”, rimetterà le cose a posto. Nonostante tutto, la fiducia nell'umanità rimane immutata.
Dal punto di vista musicale, “Apriti Sesamo” non si discosta sostanzialmente né da “Dieci Stratagemmi” né da “Il Vuoto”. Il pop non rinuncia alle esplorazioni elettroniche, un connubio che si sposa alla perfezione nel tappeto di “La polvere del branco” e nei tocchi magici della visionaria title track “Apriti Sesamo”. Manca la chitarra elettrica, nessuna canzone va oltre i quattro minuti e si avverte un certo ritorno ad accenni lirici e classicheggianti, l'accorato pianoforte che accompagna “Il Serpente” rimanda direttamente a “Povera patria”.
“Apriti Sesamo” spalanca le sue porte al disagio della contemporaneità quanto alla ricerca del sublime, infarcendo il tutto di rimandi colti e, com'è consuetudine, poliglotti. In “Caliti Junku”, Battiato spazia dal latino al vernacolo siciliano (“Caliti juncu, chi passa la china”, ovvero “aspetta che passi la piena, verrà il tuo momento”) all'inglese, da arie antiche al pop mescolato con la musica classica. L'eleganza soprannaturale di “Un irresistibile richiamo” rimanda a Santa Teresa d'Avila (“ti saluto divinità della mia terra” è rivolta a Giuni Russo?), il ventiseiesimo dell'Inferno dantesco e il Vangelo compaiono in “Testamento”, il poeta arabo Ibn Hamdis – già incontrato nella rappresentazione teatrale “Diwan” - in “Aurora”, la Sherazade di Rimski-Korsakov in “Apriti Sesamo”, il già citato Stefano Landi in “Passacaglia”, introspettivo sguardo lungo un'intera esistenza (“vorrei tornare indietro per rivedere gli errori, per accelerare il mio processo interiore”). Uno sguardo all'indietro che si fa pop nei ricordi di “Quand'ero giovane”, un'età della quale l'autore siciliano non pare avere troppa nostalgia.
Al di là della forte denuncia sociale, dunque, le dieci tracce di “Apriti Sesamo” si spingono spesso e volentieri nel campo dell'intelletto, toccando filosofie, religioni, arti e letterature diverse. È questa la grandezza dell'essere umano, declinata in ogni sua forma, che non si piega alle intemperie dei nostri tempi.
29/10/2012