Giuni Russo

Energie

1981 (Cgd)
new wave, synth-pop

Sera. Uno studio di registrazione. C'è il provino di un pezzo nuovo, per cui massimo silenzio. Parte il nastro, ma dopo nemmeno un minuto Giuni lo stoppa: "E questo che è? Vuoi che mi metta a fare canzonette da spiaggia?". "Ascoltala meglio, secondo me ti piace" replica Franco, mentre nelle vicinanze Giusto Pio accorda il violino in vista di un probabile re-editing del brano. "Per le strade mercenarie del sesso che procurano fantastiche illusioni" è un inizio folgorante, c'è poco da dire, e pure le strofe - tutte in minore, gabbie di tensione strisciante - fanno la loro porca figura. Il problema semmai è il ritornello, quasi una revisione degli italici twist e ye ye balneari che, durante "i mitici anni 60", tante soddisfazioni avevano dato ai juke-box dei vari "Bagno Stella" sparsi per la Penisola. Franco però c'ha il fiuto, nonché un'indole anticonvenzionale come poche. E poco ci vuole perché il brano inizi a svelare la sua consistenza "aliena", palesando la coazione delle forme (i tecnicismi alla Yma Sumac, volti ad abbellire con dettagli d'ambiente un quadretto on the beach baciato dal solleone) e marcando altresì l'antitesi espressiva col materiale d'uso.
Trionfo kitsch dai sorprendenti bagliori sinistri ("Nelle sere quando c'era freddo si bruciavano le gomme di automobili..."), "Un'estate al mare" esordisce il 7 agosto 1982 al decimo posto in classifica, ma in capo a un mese sale fino al podio d'argento, stazionando nella Top Ten per ben quattordici settimane consecutive: un successo spropositato, se si pensa alla dimensione "di culto" in cui versava - e versa tuttora - la compianta Giuni Russo. Sarà giusto sotto la spinta di quel risultato, fino a poco tempo prima impensabile, che la Cgd accorderà una ristampa del secondo album dell'artista - pubblicato l'anno precedente e già adocchiato dalla critica meno miope - comprensiva del nuovo singolo così radio-friendly.

"'Energie' forse fa parte ancora del mio futuro", ha spiegato la protagonista in una delle sue ultime interviste, amorevolmente raccolte da Battiato nel Dvd "La sua figura". Parole splendide, oltreché rivelatrici: "Energie" difatti era ed è "il" futuro, anche se futuro ben lungi dall'essersi "rivelato" appieno e che, come ogni più autentico squarcio d'avvenire, trova nel passato il proprio nutrimento essenziale, la propria radice etimologica. Il pensiero va all'opulenza visionaria del barocco siciliano, agli interni stipati di stucchi e affreschi della Chiesa di San Giorgio a Ragusa; alla gioiastupore di guardare e ascoltare il sogno che fu propria del René Clair di "Entr'acte", al Verdi della "trilogia popolare", all'ironia sadica e rassegnata di nomi come Pirandello, Perriera, Sciascia, Bonaviri: tutte suggestioni - (im)mediate o trasfigurate dalla visione - che abitano i solchi di questo gioiello al 100% "made in Italy".

"Energie" anche come sforzo collettivo, comunione di ingegni: quelli di Franco Battiato (anche produttore artistico) e del violinista Giusto Pio, addetti a scrittura e arrangiamenti; quelli di Giuni e della sua collaboratrice e compagna Maria Antonietta Sisini, che aiutano il team alla stesura dei testi per alcune tracce; del chitarrista Alberto Radius (c'è anche la sua mano ne "Il sole di Austerlitz") e, non dimentichiamolo, degli altri musicisti coinvolti nell'operazione (da menzionare almeno il basso "libero" e tondo di Paolo Donnarumma, la batteria creativa di Walter Scebran e le tastiere di Filippo Destrieri). Il risultato è giostra popular e insieme tremebonda deriva sperimentale, amalgama di influenze fra le più varie e variabili (il "bel canto" come la new wave come la romanza ottocentesca come quel diavolo che vi pare...) capace di trascendere le categorie di riferimento con disarmante semplicità. Non solo il coronamento dell'intera carriera della Russo, ma anche la più compiuta concretizzazione della visione meta-pop di Battiato, superiore persino a "L'era del cinghiale bianco" o "La voce del padrone" in quanto ad audacia realizzativa e "cognitiva", pur condividendo con essi parte dello specifico musicale.

In questo nuovo contesto, tanto la sanremese Giusy Romeo che l'inquietante parentesi "esterofila" a nome Junie Russo (si veda il long playing "Love Is A Woman" del '75) sono ricordi lontani: al loro posto Giuni, eroina di un romanzo d'appendice dannunziano virata post-punk, una Francesca Bertini rubata al muto popolaresco e galvanizzata dai tratti spigolosi, incerti della modernità. È sotto queste spoglie che la cantante palermitana, autoritaria come non mai, sventola sotto le orecchie di tutti il suo soprano dalle ben cinque ottave d'estensione, alternando "exotici" furori a slanci di odoroso romanticismo, ambiguità cyber ad arie operistiche, contorsioni pagliaccesche a lagrimevole tragedia. Infine, alza con aria divertita il dito medio e ci fa le linguacce, confusa e (in)felice d'aver consegnato alla storia la prima e inimitabile "new wave agli agrumi di Sicilia" (!) a memoria d'uomo.

I brani? Tutti più o meno capolavori, a partire dal trittico iniziale: il maestoso pop-prog "Lettera al Governatore della Libia" (derisione dell'era del colonialismo tricolore? Trance bellica da infatuazione per la "Domenica del Corriere" o "L'Illustrazione Italiana"?), condotto fra la grazia barocca del Monteverdi e l'incidere marmoreo del synth; il lirismo assoluto di "Il sole di Austerlitz", ballata marziale anch'essa collocata in una dimensione storico-fantastica, con abbaglianti oasi solistiche concesse a chitarra e violino; infine "Crisi metropolitana", arrabbiatissimo ibrido "hi-nrg" fra Yma Sumac e Ultravox, Giorgio Moroder e Yellow Magic Orchestra (quasi impossibile da concepire, eppure esiste!) che eleva le fluorescenze paranoiche di Milano - dove la Russo si era trasferita da tempo - a stigmate di una Metropolis eterna ("Vedere la società mi cambia spesso di umore/ Io mi dissocio da me.../ E folla sui marciapiedi/ Traffico che picchia in testa/ Con questa rabbia che ho..."). Tre canzoni superlative, ricche di trovate estemporanee come il si acutissimo della voce che conclude "Il sole di Austerlitz" o l'impagabile citazione stravolta di "O sole mio" in coda a "Crisi metropolitana", a riprova di quanto distesa e giocosa fosse l'atmosfera durante le registrazioni.

Il resto dell'album non è da meno, e anzi "elettro-romanze" come "L'addio", quella "Atmosfera" che pare una "Ave Maria" intrisa di commovente liturgia domestica ("Se ti svegli e fai il caffè accendi un po' la radio/ Cosa hai fatto ieri? Come va in Italia?/ Oggi che è domenica non mi va di uscire"), o "L'attesa" riescono a coniugare mirabilmente melodramma e ironia, tematiche tradizionali (l'amore segreto o solo sognato, il timore di donarsi, la fuga verso un avvenire incognito) e decostruzione modernista. L'apice del suo kitsch resta comunque "Una vipera sarò", dove batte l'amica Rettore al suo stesso gioco: fra richiami al Sol Levante, pose da "Madama Butterfly", le "trifonie dei Mongoli" (in realtà anch'esse in giapponese) e strambi recitativi di Battiato, la canzone è un ininterrotto festival di "trovate" in cui protagonista assoluta resta sempre lei, la serpe dalla temperatura corporea di tremila gradi Fahrenheit che punta alla caviglia (forse quella della Caselli?) e vi inietta veleno aromatizzato al sambuca.

È scontato notarlo, ma con la ristampa di "Energie" nel 2005, dopo anni di irreperibilità pressoché totale, è stata resa un po' di giustizia a un'opera davvero irripetibile, poiché frutto di contingenze che non si sarebbero mai più ripresentate, se non sporadicamente (si vedano i due pezzi firmati Battiato-Pio sul successivo "Vox" dell'83, e sempre lo zampino dell'artista siciliano in tutti gli album fino all'87).
In realtà, uniche costanti dell'intera carriera di Giuni Russo sono state l'inquietudine, l'istrionismo, la testarda volontà di emanciparsi da una veste sempre più "leggera" che le stava stretta e in cui, va detto, si era cacciata proprio con il tormentone "Un'estate al mare", brano sì raffinatissimo ma che più di altri si prestava a una lettura squisitamente e rigidamente popular. La storia è nota: al rifiuto opposto dalla cantante di incidere l'ennesima hit estiva, Caterina Caselli - la boss della Cgd - le dà il benservito, impedendole di registrare anche una sola nota per ben due anni e costringendola a una lunga e dispendiosa battaglia legale. "A un certo punto fui costretto a fare da intermediario tra lei e i discografici", ricorda Battiato. "(Giuni) Era una donna che non accettava compromessi, con una severità esistenziale impressionante. Aveva sempre il timore di essere fraintesa".
Non le restava che approfondire l'amore per la lirica ("A casa di Ida Rubinstein" del 1988) e consolidarsi come artista di nicchia, sovente coinvolta in progetti raffinati (la world-music del brano "Amala", il canto cabaret su testo di Ettore Petrolini in "Fortunello" nel '94) ma con modesti riscontri in termini di vendite. C'era la passione, quella sì non è mai mancata. Poi la morte, nel 2004, al termine di una lunga malattia, e la tardiva "riscoperta" da parte di pubblico e critica, finalmente consci d'aver a che fare con una creatività rigorosa, ma sostanzialmente solare, ariosa, libera da imposizioni, profondamente ludica: "'Energie' è stato un disco veramente eccezionale. Ci sono dei brani che ancora adesso, quando li riascolto, mi fanno divertire moltissimo. In fondo, credo sia l'album più rappresentativo per me". Appunto. Lode al disco, a Franco, a Giuni e a tutti coloro che hanno reso possibile questo piccolo grande miracolo del pop italiano.

15/02/2009

Tracklist

  1. Lettera al Governatore della Libia
  2. Il sole di Austerlitz
  3. Crisi metropolitana
  4. Atmosfera
  5. L'addio
  6. Una vipera sarò
  7. L'attesa
  8. Tappeto volante

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