Ogni uscita di Sun Araw è ormai come un nuovo appuntamento con il lato più originale e più o meno represso della propria mente, l’attitudine a creare nuovi e infiniti mondi sganciati dai sistemi della logica e dalle convenzioni del pensiero. Una predisposizione alle libere associazioni, in qualche modo, che può tornare facilmente a galla in esperienze “acide”, sotto il sole rintronante del mezzogiorno californiano, per intercessione di qualche tecnica meditativa o ancora sulla spinta di input squisitamente musicali. Non è ben chiaro quale di questi medium sia responsabile dei viaggi del buon Cameron Stallones, più probabilmente un frullato micidiale di stati ”altri”, tant’è che il brulicante inconscio della griffe Sun Araw non smette di rilasciare avventure psichedeliche inusitate e destabilizzanti come poche.
Pochi mesi dopo il trip a tinte giamaicane, eccoci ora al capitolo “The Inner Treaty”, quindi. Abbandonate le lussureggianti rappresentazioni di “Ancient Romans”, che culminavano nei deliri techno di “Impluvium”, per il suo esperimento numero otto Sun Araw punta a una forma più scarna, ancora più astratta rispetto al suo passato più prossimo. Non ci sono raga e non ci sono droni monolitici, più che l’apparente destrutturazione, l’unica regola è “sentire” il momento, vale a dire la non-regola. Ecco quindi una realtà melliflua e multiforme di oggetti e sensazioni che procedono spediti per le loro precarie traiettorie, rigorosamente in progress: ci sono synth, tracce d’organo, chitarre schiamazzanti e arpeggi onirici. Sullo sfondo si agitano un dub tramortito dall’insolazione e un’insolita ricerca ritmica, che, distante dai tribalismi esotici che furono (pur ravvisabili qua e là) si esprime in pulsazioni, singhiozzi e colpi cacofonici (si senta “The Summum”).
Un impasto libero e surreale che nella sua anarchia trova un inaspettato senso della misura, che – almeno nella mente del nostro – assume un significato chiaro e ben preciso, stando al suo blaterare estasiato. Lontanissimo dai muri sonori dei primi Magic Lantern, Sun Araw procede quindi per sottrazione, calibra in maniera oculata ogni singolo istinto mente → oggetto sonoro, evitando ogni facile espediente psichedelico ma riuscendo sorprendentemente ad ottenere lo stesso effetto.
"The Inner Treaty" è soprattutto la conferma di come Sun Araw comunichi ormai in un linguaggio tutto suo, comprenderlo è quasi impossibile, se prima non si sciolgono le briglie della psiche e non si scoperchia l’eccitante vaso di Pandora dell’irrazionalità.
08/10/2012