Per il loro primo disco su Rune Grammofon i Volcano The Bear scelgono percorsi relativamente meno impervi, rilasciando un'opera altalenante, non esente da qualche velleità di troppo.
Sempre ancorata a un'idea di avant-rock eccentrico e psichedelico, che guarda dritto negli occhi la leggendaria stagione di Canterbury, la musica della formazione inglese, sulla scorta di un paio di dischi minori e piuttosto sperimentali, non smette di mostrarsi comunque coraggiosa, anche se il coraggio non riesce questa volta a nascondere un evidente calo di creatività.
Alcuni numeri, dunque, andranno a riempire un po' a caso gli spazi vuoti di un'ispirazione sbiadita (le scansioni marziali trafitte da borbottii di fiati di "Golden Ink", il divertissement sballato di "Bravo", il grottesco free-form di "Quiet Salad").
Dal canto loro, "Buffalo Shoulder" e "Baby Photos" giocano, rispettivamente, con esoterismi cantilenanti (che devono più di qualcosa ad Art Zoyd e Muffins) e con le fanfare parodistiche dei Residents (nome che torna buono anche quando si ascoltano le possenti movenze bandistiche di "Spurius Ruga"), mentre, in un clima di tragica attesa, solenni richiami di tromba preparano il terreno per l'invocazione onirica con cui si risolverà "The Great Reimbursing".
Questo gioco di luci ed ombre, di tratteggi altisonanti e recondite oasi meditative sembra voler a tutti i costi rintracciare un equilibrio di fondo nella lunga e conclusiva "Fireman Show", comunque confusa sul da farsi.
Insomma, c'è da rimboccarsi le maniche!
10/04/2012